"Fateli processare a noI". Oggi il piano Renzi illustrato a Napolitano
New Delhi, 23 dicembre 2014
LA DISPONIBILITÀ di
pubbliche scuse da parte dell'ambasciatore italiano per l'uccisione dei
due pescatori indiani e un importante risarcimento per le loro famiglie,
in cambio del rientro di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone
in Italia, dove sarebbero sottoposti a processo. Sarebbero questi
alcuni elementi di una presunta proposta italiana di soluzione
consensuale per la vicenda dei Fucilieri di Marina bloccati in India: a
scriverlo è il quotidiano The Economic Times (ET), assicurando di aver
consultato «fonti governative indiane del massimo livello». Interpellata
dall'Ansa a Nuova Delhi, l'ambasciata d'Italia ha detto di non avere
commenti da fare sul tenore dell'articolo, pubblicato all'indomani
dell'ammissione da parte del governo indiano di avere allo studio una
proposta italiana. Fonti del ministero degli Esteri indiano si legge
ancora sul quotidiano hanno ammesso che l'Italia ha presentato «alcuni
elementi» per una soluzione amichevole della questione attraverso un
negoziato fra i due governi. Al riguardo, una fonte ministeriale ha
commentato che «i più autorevoli consiglieri legali del governo e il
ministero dell'Interno debbono esprimere un parere sulla compatibilità
della proposta con il sistema legale indiano. Il negoziato potrebbe cominciare solo quando vi fosse un via libera da parte degli esperti giuridici,
dato che la questione è all'esame della Corte Suprema». Responsabili
della sicurezza indiani hanno però fatto sapere di essere contrari alla
proposta, insistendo che i due militari riconoscano le loro
responsabilità in India e poi, una volta condannati, siano inviati in
Italia in base al Trattato bilaterale esistente per permettere ai
condannati di scontare la pena nel proprio Paese. L'Italia vuole poter
processare Latorre e Girone in Italia, ricorda il quotidiano, perché
l'incidente è avvenuto in acque internazionali (20,5 miglia nautiche) e
l'India quindi non ha alcuna giurisdizione su di esso. Ma la polizia
investigativa Nia, conclude ET, ha costruito un impianto accusatorio
sostenendo che il Codice penale indiano (Ipc) può essere applicato anche fuori delle acque territoriali,
cioè nella Zona di interesse economico esclusivo (Eez) in cui il fatto è
avvenuto. «Accettare la richiesta italiana ha spiegato un funzionario
della Nia potrebbe significare dover abdicare ai nostri poteri nella
Eez, e questo potrebbe compromettere in essa la nostra lotta contro la
pirateria».
NEL FRATTEMPO, Massimiliano Girone il marò rimasto
in India è tormato a parlare. «Nonostante quello che è accaduto in
questi tre anni, ho fiducia nelle istituzioni». Le sue parole rimbalzano
in Italia come un macigno. E il presidente della Repubblica, Giorgio
Napolitano, non le lascia cadere nel vuoto, lanciando un duro attacco a
Nuova Delhi: è mancata la volontà «politica di una soluzione equa» dice
il capo dello Stato, in diretta con l'India, nel collegamento con i
militari impegnati nelle missioni all'estero per gli auguri di Natale.
Il capo dello Stato, visibilmente commosso in diverse occasioni per
quello che lui stesso ricorda essere il suo «ultimo saluto ai militari»
(ribadendo indirettamente l'imminenza delle sue dimissioni), punta il
dito sul complicato e mal funzionante sistema giudiziario indiano («non è
solo quello italiano che non funziona...») usando toni forti nei
confronti dell'India che non ha mantenuto la parola. O almeno le
rassicurazioni. Quelle che ricorda gli aveva fornito il nuovo
ambasciatore indiano, quando un anno fa, presentandogli le credenziali, gli aveva assicurato che le autorità indiane avrebbero lavorato per un processo «rapido e equo» nei
confronti dei due fucilieri di Marina. Parole che sono «rimaste tali»,
stigmatizza Napolitano annunciando che affronterà la questione oggi con
il premier. È infatti Palazzo Chigi a gestire direttamente il dossier
marò.
fonte: http://www.quotidiano.net
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