Dai soldi ai pescatori alla trattativa. Ma la situazione non si è mai sbloccata
«Ci aspettiamo di risolvere la situazione. Vorremmo che questa sia la
sorpresa. Ci lavoro ogni giorno, ma non faccio previsioni»: il ministro
della Difesa Roberta Pinotti annuncia la strategia su cui punta il
governo per risolvere il caso dei marò Massimiliano Latorre e Salvatore
Girone, da 988 giorni fatti oggetto di accuse assurde e infamanti. Ma le
«strategie» messe in atto dallo Stato sono cambiate più volte e, fino a
oggi, hanno portato tutte in un vicolo cieco.
«Stiamo lavorando con molta attenzione e con riservatezza: il caso marò
è una questione di cui non è importante parlare, ma su cui è importante
lavorare», ha detto il ministro Pinotti, durante l’intervista
rilasciata a Maria Latella su SkyTg24. «Abbiamo aperto un’interlocuzione
con il governo indiano e speriamo che possa portare ottimi frutti.
Siamo consapevoli che c’è una scadenza, che è quella di gennaio, e non
ce ne dimentichiamo», ha aggiunto riferendosi al termine del permesso
per malattia di Massimiliano Latorre.
«Ho incontrato Latorre recentemente a Roma e presto lo andrò a trovare
in Puglia nella sua città. E ho incontrato la moglie di Salvatore Girone
prima che partisse per l’India con i suoi due bimbi, per salutarla. E
sento regolarmente Girone - ha proseguito la Pinotti - Ma in questo
momento, non è utile raccontare i passi che si stanno facendo. Non
perché debbano essere segreti, ma perché in questi casi la riservatezza è
un elemento che può aiutare a risolvere la situazione». Potranno
esserci sorprese? «Ci aspettiamo di risolvere la situazione. Vorremmo
che questa sia la sorpresa».
STRATEGIA 1: PAGARE
La «sorpresa» per il momento è una strategia diversa
dall’internazionalizzazione annunciata a febbraio dall’allora ministro
Mogherini. E appare evidente che il cambio di tre governi, cinque
ministri degli Esteri e tre della Difesa e di un commissario
straordinario (Staffan de Mistura) ha contribuito a complicare ancora di
più una situazione già complicata. All’inizio, nel 2012 (tutto comincia
il 15 di quell’anno) la strategia italiana era: pagare. Ad aprile i due
marò erano dietro le sbarre, nel carcere di Trivandrum, capitale dello
stato federale del Kerala. Nella speranza di risolvere rapidamente la
complicatissima situazione il governo Monti decise di fare una
«donazione» alle famiglie dei due pescatori misteriosamente uccisi:
venti milioni di rupie in totale, da suddividere tra le due famiglie,
circa 300mila euro. Una «donazione», per il ministro della Difesa,
Giampaolo Di Paola, un «risarcimento», secondo gli avvocati indiani. La
cosa non solo non risolse il caso, ma lo complicò.
STRATEGIA 2: TRATTARE
Ci fu poi un momento in cui vinse la linea del basso profilo: era il
momento di passaggio da Monti a Letta: il confronto tra India e Italia
era affidato all’ambasciatore Staffan de Mistura, prima come
sottosegretario agli Esteri, poi come inviato speciale del Governo. De
Mistura adottò la politica della riservatezza, pur cercando di mantenere
un’attenzione internazionale sufficientemente alta sul caso.
STRATEGIA 3: INTERNAZIONALIZZARE
Mentre gli indiani si incartavano in continue e inconcludenti dispute
tra ministeri e uffici giudiziari, il governo Letta decise di puntare
sull’internazionalizzazione del caso, coinvolgendo Onu, Nato e avviando
un procedimento al Tribunale Internazionale del Mare. Il Governo Renzi
confermò questa linea, ma, come rivelato con molta sincerità dal
sottosegretario agli Esteri Della Vedova a luglio, l’iter formale non è
stato mai avviato.
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