Più di mille combattenti stranieri entrano ogni mese in Siria. E nulla è di fatto cambiato con i raid aerei contro i combattenti del cosiddetto ‘Stato islamico’ (Is), attivi in Siria e Iraq, e con i proclamati sforzi da parte di vari Paesi volti a contenere le partenze di uomini pronti a imbracciare le armi. Lo scrive il Washington Post, che cita funzionari dell’intelligence ed esperti di antiterrorismo. “Il flusso di combattenti diretti verso la Siria resta costante, quindi il numero totale continua a salire”, ha detto un funzionario dell’intelligence americana.
Funzionari Usa sottolineano tuttavia come sia necessario del tempo per l’esame delle informazioni di intelligence da parte della Cia e di altri servizi e come quindi si debba attendere per poter osservare un’inversione di tendenza nei dati.
I dati dell’ultimo anno suggerirebbero la presenza di oltre 16mila combattenti stranieri in Siria. Per gli esperti Usa, prosegue il Washington Post, è tutto frutto delle sofisticate campagne di reclutamento da parte dei gruppi attivi nel Paese arabo e della relativa facilità con cui dal Medio Oriente, dal Nord Africa e dall’Europa si può arrivare al fronte.
Secondo gli ultimi dati citati dal giornale, i raid in Siria hanno portato all’uccisione di “circa 460 membri dell’Is” e di “60 combattenti del Fronte al-Nusra”, legato ad al-Qaeda.
Gli Usa e i loro alleati hanno effettuato oltre 600 raid aerei in Siria e Iraq. Per gli esperti il ‘contingente’ di combattenti stranieri potrebbe continuare a crescere con il proseguimento del conflitto esploso in Siria nel 2011 dopo l’inizio nel marzo di quell’anno di inedite proteste contro il regime di Bashar al-Assad.
Secondo Andrew Liepman, esperto di antiterrorismo della Rand Corporation ed ex vice direttore del National Counterterrorism Center, i raid aerei “hanno probabilmente scoraggiato molte persone e incoraggiato molte altre”.
La maggioranza dei combattenti stranieri arriva da Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente e dalla Tunisia, ricorda il Washington Post, sono partiti più combattenti che da ogni altro Paese. “Più di duemila combattenti sono partiti da Paesi europei”, prosegue il giornale, sottolineando come “molti” abbiano deciso di farlo per combattere contro le forze del regime di Assad e potrebbero quindi non rappresentare una minaccia per la sicurezza quando cesserà il conflitto in Siria.
Un numero di combattenti stranieri “senza precedenti” che si sono uniti alla jihad, da Paesi che non avevano mai fornito ‘manodopera’ al terrorismo islamico. E’ l’allarme lanciato dall’Onu in un rapporto di cui il quotidiano britannico Guardian ha avuto un’anticipazione. Sono “15.000″ i ‘foreign fighters’ partiti alla volta della Siria e dell’Iraq per combattere accanto all’Isis o ad altri gruppi estremisti.
Provengono da 80 paesi diversi, di cui l’Onu non fornisce una lista dettagliata, limitandosi a nominare solo i luoghi che mai prima di oggi erano stati patria di futuri jihadisti: Maldive, Cile, Norvegia. “Dal 2010 a oggi sono partiti più foreign fighters di quanti non ne siano partiti nel ventennio 1990-2010. E stanno aumentando”, è scritto nel rapporto.
L’esercito di combattenti stranieri in Siria e Irak ha superato quota 16mila nell’ultimo anno, con una media di mille stranieri che si uniscono ogni mese agli estremisti. E il numero è destinato a salire esponenzialmente, avvertono i funzionari dell’intelligence e dell’antiterrorismo statunitensi che hanno fornito i dati al Washington Post. Nonostante siano almeno 460 i membri dello Stato Islamico e 60 i combattenti del Fronte al-Nusra uccisi dalle bombe occidentali, il flusso di giovani in partenza per la «guerra santa» sembra inarrestabile.
La maggior parte dei combattenti arriva dal Medio Oriente e dal Nord Africa. Ma oltre duemila sono europei, entrati in Siria prevalentemente dalla Turchia e liberi di viaggiare con una certa disinvoltura nel Vecchio Continente con i loro passaporti.
(con fonti Adnkronos e Ansa)
Red. 2 nov 2014
fonte: http://www.analisidifesa.it
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