Per quanto si debba doverosamente premettere che il quadro completo
delle informazioni e dei provvedimenti presi lo si potrà avere solo con
la conclusione del passaggio parlamentare della Legge di Stabilità 2015,
oltre che dall’analisi della Nota Aggiuntiva alla Stato di Previsione
del Ministero della Difesa, gli elementi già oggi disponibili sono più
che sufficienti per elaborare una prima (ma attendibile) analisi
rispetto a quanto si prospetta per il comparto Difesa. Per quanto
riguarda i numerosi interventi contenuti proprio nella Legge di
Stabilità, si segnalano quelli contenuti nell’articolo 31 e alcuni commi
dell’articolo 21.
Nel primo dei due (“Riduzioni delle spese ed interventi correttivi del
Ministero della Difesa”) si evidenziano in particolare i provvedimenti
rivolti alla diminuzione di indennità e spese per il Personale impiegato
presso delegazioni/rappresentanze militari nazionali, organismi
internazionali o comandi all’estero, alla cancellazione della cosiddetta
“mini-naja” e alla riduzione da 55 a 6 degli alloggi di servizio
connessi all’Incarico con locali di rappresentanza (ASIR). Un altro
comma prevede di non impiegare più l’oro per coniare la medaglia
Mauriziana.
Accanto
a queste iniziative, nello stesso articolo 31 ritroviamo altre norme
che riguardano la modifica delle modalità di accesso all’istituto della
Aspettativa Riduzione Quadri (ARQ), altre che dispongono la riduzione
del 10% delle dotazioni organiche di personale civile della Difesa
presso le Rappresentanze militari all’estero mentre una simile
riduzione, questa volta del 20%, riguarda il personale assegnato agli
uffici di diretta collaborazione del Ministro della Difesa. Un’altra
serie di passaggi si occupa poi del capitolo relativo alla dismissione
di immobili della Difesa; anche in questo caso le novità non sono
positive poiché la Difesa stessa è tenuta ad assicurare 220 milioni alle
entrate del bilancio dello Stato (e 100 milioni negli anni successivi)
attraverso la dismissione (o forse sarebbe il caso di parlare di
svendita, con modalità per giunta discutibili) del proprio patrimonio
immobiliare.
Qualora non riuscisse a venderlo si troverebbe costretta a versare
la differenza attingendo dal proprio bilancio con la doverosa
puntualizzazione che tale modifica impedisce anche la parziale
riassegnazione dei proventi di simili operazioni alla Difesa medesima.
La
rassegna dell’articolo 31 si avvia a conclusione (almeno nelle sue
parti più importanti) con la segnalazione di un comma rivolto
all’abrogazione del grado di vertice del ruolo delle Armi ed equivalenti
e dei Corpi (Commissari e Medici). Un altro comma prevede una nuova
riduzione (62,3 milioni di euro per il 2015, il 12% a decorrere
dall’anno 2016 per cifre pari 94 milioni annui) dei fondi destinati alla
professionalizzazione delle Forze Armate e alla determinazione delle
consistenze di Volontari.
Quali saranno dunque gli effetti di questa norma che limita i nuovi
arruolamenti e che incide in maniera pesante sugli ingressi (e non sulle
uscite) è presto detto:
- tabelle organiche sempre più sbilanciate con sempre meno Volontari
in ferma Prefissata/Permanente, già oggi in difetto rispetto alle
consistenze ottimali,
- risparmi irrisori perché alla fine resta in servizio personale con costi più elevati
- drastico innalzamento dell’età media del personale stesso.
In pratica avremo uno strumento militare sempre più “vecchio” e sempre meno impiegabile.
Nulla da fare, la tentazione delle (finte) scorciatoie rimane troppo
forte e poco importa se a fronte di un presunto risparmio si producono
danni rilevanti. Quale nota a margine, si segnala che nella stesura
originale erano previste anche una serie di norme che operavano un
profondo intervento sulla Magistratura militare, tali da portare alla
soppressione degli uffici giudiziari (Tribunale e Procura Militari) di
Verona e Napoli e alla contestuale istituzione di un unico Tribunale e
di un’unica Procura Militare per l’estero, entrambi con sede in Roma,
con la conseguente diminuzione da 58 a 47 del numero dei Magistrati
Militari.
Norme che però sono state stralciate dalla Legge di Stabilità perché
non hanno i requisiti per entrarvi. Non è però difficile immaginare che
simili provvedimenti troveranno comunque una loro attuazione all’interno
di nuovi interventi.
Altri
provvedimenti riguardanti il comparto Difesa sono contenuti
nell’articolo 21 (“Pubblico impiego”). Da un lato la rimozione del tetto
stipendiale determinerà un parziale sollievo rispetto alle
rivendicazioni salariali di chi è sottoposto a un blocco contrattuale
fin dal 2010 e che si tradurrà nel riconoscimento degli aumenti
derivanti da promozioni, assegni di funzione e indennità operative.
Dall’altro viene disposta l’abrogazione della promozione il giorno precedente la cessazione dal servizio, la riduzione dal 70 al 50 per cento dell’indennità di Ausiliaria e il dimezzamento degli incentivi economici per la permanenza in servizio agli ufficiali piloti delle Forze Armate nonché a ufficiali e sottufficiali abilitati al controllo del traffico aereo.
Dall’altro viene disposta l’abrogazione della promozione il giorno precedente la cessazione dal servizio, la riduzione dal 70 al 50 per cento dell’indennità di Ausiliaria e il dimezzamento degli incentivi economici per la permanenza in servizio agli ufficiali piloti delle Forze Armate nonché a ufficiali e sottufficiali abilitati al controllo del traffico aereo.
Di notevole impatto anche il comma che prevede la riduzione per un
importo di 119 milioni della somma destinata in origine al riordino di
ruoli e carriere per il Personale delle Forze Armate.
Ulteriori
norme riguardavano poi gli organi di rappresentanza militare (cioè il
COCER), con interventi significativi di riduzione (ovvero, dimezzamento)
sia sul numero dei rappresentanti sia sulle spese di esercizio. Un
passaggio che avrebbe con ogni probabilità finito con l’innescare delle
polemiche perché visto come un attacco alla rappresentanza militare (nel
momento in cui a livello europeo, ci si sta muovendo nel senso opposto)
e come uno scavalcamento del Parlamento in quanto una Legge di riforma
della rappresentanza militare è già in discussione alla Camera dei
Deputati.
A sciogliere ogni dubbio ci ha pensato ancora una volta il Presidente
della Commissione Bilancio della Camera, stralciando i commi in
questione perché, ancora una volta, non presentano i requisiti per
entrare nella Legge di Stabilità.
La netta impressione è che tutte queste misure di risparmio, alcune
delle quali volte a eliminare storture/sprechi/privilegi, siano state
varate al solo scopo di trovare una copertura finanziaria
all’eliminazione del già citato tetto stipendiale.
Con l’ulteriore aggravante che una parte di tali coperture, per effetto del citato stralcio di diversi e importanti provvedimenti, verranno meno con il conseguente rischio di impattare negativamente sul bilancio della Difesa e sulla ripartizione delle spese al suo interno.
Con l’ulteriore aggravante che una parte di tali coperture, per effetto del citato stralcio di diversi e importanti provvedimenti, verranno meno con il conseguente rischio di impattare negativamente sul bilancio della Difesa e sulla ripartizione delle spese al suo interno.
L’ultimo passaggio di rilievo per il comparto è rappresentato dal comma 12 dell’articolo 17 che alimenta con 850 milioni di euro per l’anno 2015 e per quello successivo il fondo per il finanziamento della partecipazione italiana alle cosiddette “missioni internazionali di pace”. Sul versante dello Stato di Previsione (cioè del Bilancio), ribadita la necessità di dover aspettare i dati definitivi in virtù del passaggio parlamentare appena agli inizi, la prima impressione che si ricava è che sia miseramente fallita la sfida lanciata all’inizio del suo mandato dal Ministro della Difesa.
“Guai se passasse l’idea che la Difesa è il bancomat per prendere risorse per fare qualsiasi altra cosa” disse Roberta Pinotti. Invece appare ormai evidente che il Bancomat-Difesa abbia oramai superato ogni possibile e immaginabile limite di prelievo.
Con
la Legge di Stabilità 2015 presentata, infatti, se ne vanno altri 504,5
milioni di euro. Un taglio che consente alla Difesa stessa di
continuare a fregiarsi del primato di essere il dicastero oggetto degli
interventi più pesanti. Del poco più di 1 miliardo deciso nell’ambito
della Legge di Stabilità a carico di tutti i Ministeri e Amministrazioni
centrali dello Stato il 50% circa viene dalla sola Difesa.
Che le cose non potessero che andare in questo modo era facile
prevederlo fin da quando la Pinotti, proprio nelle prime fasi di
definizione della Legge di Stabilità, aveva lasciato intendere che il
dicastero da lei guidato avrebbe anche potuto non essere interessato da
ulteriori riduzioni di fondi, in virtù del sostanzioso contributo
offerto nell’ambito del DL 66/2014. E infatti, vista l’affidabilità
pressoché nulla di simili dichiarazioni, è apparso subito chiaro che le
realtà finale sarebbe stata esattamente opposta a quella ipotizzata
dalla Pinotti stessa.
Tutto
ciò si traduce, a oggi, in un bilancio che per la Funzione Difesa
scende nel 2015 a 13.578,9 milioni di euro, in ulteriore calo rispetto
ai 14.042,1 milioni del 2014 (-498 milioni). Una discesa che non trova
alcun appiglio cui aggrapparsi, tanto da poter essere tranquillamente
definita come inarrestabile alla luce del fatto che la collegata Legge
di Bilancio 2015-2017 prevede già nuove e più pesanti riduzioni di
risorse. Nel 2016 infatti il taglio a carico della Difesa salirà ancora,
raggiungendo i 615 milioni di euro mentre per l’anno successivo si
scenderà a “soli” 612 milioni.
Tornano così in mente le parole con le quali, il Consiglio Supremo di
Difesa del 18 giugno scorso ricordava come le risorse per la Difesa,
pur nella ricerca di ogni risparmio possibile, non dovranno comunque
scendere al di sotto di limiti invalicabili. Certo, se poi fosse
qualcuno si degnasse di indicare quali potrebbero essere tali limiti
invalicabili…
Non fosse altro per il fatto che, nel giro di un paio di anni, si
potrebbe scendere ancora fino alla soglia dei 13 miliardi di euro.
Nel
frattempo, anche il rapporto percentuale tra la Funzione Difesa stessa e
il PIL scende a livelli record e nel 2015 raggiungerà un valore
inferiore allo 0,83%. Come sempre però, è l’analisi dei singoli capitoli
di spesa a riservare valutazioni se possibile ancora più amare. Mentre
il Personale raggiunge infatti i 9.739,3 milioni di euro, con nuova
significativa crescita rispetto ai 9.511,5 milioni del 2014 (+227,8
milioni), l’Esercizio sprofonda addirittura a 1.170,9 milioni contro i
1.344,7 di quest’anno (-173,8) e, infine, l’Investimento crolla a
2.668,7 milioni, in decisa contrazione rispetto ai 3.220,7 previsionali
del 2014 (-552 milioni).
Per dare un termine di riferimento proprio su quest’ultimo capitolo
di spesa, si ricorda che nell’arco del quadriennio 2012-2015, il totale
dei fondi tagliati a legislazione vigente ha così ormai raggiunto e
(abbondantemente) superato la soglia dei 4,5 miliardi di euro.
Una
“razzia” quella sull’Investimento che diventa perfino obbligata a
fronte della mancanza di volontà di agire sul fronte del Personale e
sulla ridotta possibilità di intervenire sull’Esercizio. Certo è che
anche questa vicenda sta assumendo i contorni del paradossale,
soprattutto se confrontata con quanto scritto nelle Linee Guida del
Libro Bianco della Difesa, allorquando si era evidenziata l’opportunità
di predisporre una legge di bilancio quinquennale scorrevole, tale da
fornire l’indispensabile stabilità di risorse. Qui di scorrevole pare
esserci solo il piano inclinato lungo il quale stanno scivolando le
Forze Armate.
Perfino sconvolgente risulta così la ripartizione percentuale tra i 3
capitoli di spesa del Bilancio della Difesa; il Personale arriva a
sfiorare il 72% (come se la Legge 244/2012 neanche esistesse),
l’Esercizio si riduce a un miserrimo 8,6% mentre l’Investimento si
assesta poco sotto il 20%.
Come al solito tali percentuali saranno destinate a cambiare una volta
definiti gli stanziamenti precisi per le Missioni all’estero (che, con
ogni probabilità, non impegneranno totalmente gli 850 milioni di euro
stanziati), al pari di quelli del Ministero dello Sviluppo Economico (di
cui si avrà contezza solo nel prossimo DPP).
Risorse aggiuntive che comunque e in nessun caso potranno dare
soluzione alla drammatica situazione dell’Esercizio e ai problemi legati
al Personale.
Tanto che, per effetto del combinato disposto di tali elementi critici, il rischio di paralisi operativa paventato in tutti gli ultimi documenti della Difesa pare ormai prossimo se non una realtà già attuale.
Tanto che, per effetto del combinato disposto di tali elementi critici, il rischio di paralisi operativa paventato in tutti gli ultimi documenti della Difesa pare ormai prossimo se non una realtà già attuale.
In conclusione solo alcune considerazioni.
La prima riguarda un Ministro della Difesa che pare priva di un reale peso politico all’interno della compagine di Governo e in balia delle scelte del Presidente del Consiglio, il cui elevato livello di disattenzione e ignoranza (nel senso letterale del termine) rispetto a questi temi è ormai universalmente noto.
Al tempo stesso però lascia sempre più basiti il comportamento dei vertici militari, particolarmente loquaci quando si tratta di promuovere/difendere l’acquisto dell’ultimo “giocattolo” per la propria Forza Armata ma stranamente silenti di fronte allo “scempio” che si va compiendo sullo strumento militare nel suo complesso. Considerato che sia alla prima sia ai secondi spetterebbe il compito istituzionale di “difendere la Difesa”, gli estremi per dire che qualcosa non funziona ci sono tutti.
La prima riguarda un Ministro della Difesa che pare priva di un reale peso politico all’interno della compagine di Governo e in balia delle scelte del Presidente del Consiglio, il cui elevato livello di disattenzione e ignoranza (nel senso letterale del termine) rispetto a questi temi è ormai universalmente noto.
Al tempo stesso però lascia sempre più basiti il comportamento dei vertici militari, particolarmente loquaci quando si tratta di promuovere/difendere l’acquisto dell’ultimo “giocattolo” per la propria Forza Armata ma stranamente silenti di fronte allo “scempio” che si va compiendo sullo strumento militare nel suo complesso. Considerato che sia alla prima sia ai secondi spetterebbe il compito istituzionale di “difendere la Difesa”, gli estremi per dire che qualcosa non funziona ci sono tutti.
L’altro argomento degno di menzione è quel Libro Bianco della Difesa
di ormai prossima pubblicazione A meno che non contenga qualche ricetta
dai contenuti magici e/o miracolosi, è ormai chiaro che esso non
riuscirà a rappresentare, così come promesso dalla Pinotti, quella
specie di rivoluzione rispetto al passato. Senza troppi giri di parole,
per avere un minimo di senso esso non potrà fare che una cosa sola:
presentare il “certificato di morte” della Legge 244/2012 e, di
conseguenza, procedere con l’ennesimo intervento riduttivo delle Forze
armate.
Un
documento cioè che, inevitabilmente ripiegato solo sui vincoli
finanziari, finirà con l’essere privo di profondità strategica. E se
anche riuscisse a esprimerla alla fine sarebbe un passaggio del tutto
inutile in un simile quadro di risorse scarse, mal distribuite e in
continua diminuzione.
L’ultima riflessione si sposta dal campo interno a quello
internazionale. Premesso che le politiche di sicurezza e di difesa di un
Paese devono discendere dall’analisi delle proprie specifiche
esigenze/necessità, appare evidente come in questo particolare settore
non si possa prescindere da un più ampio confronto sul piano
internazionale stesso. Considerando che il Presidente del Consiglio il 5
settembre scorso aveva sottoscritto al Vertice della NATO una
dichiarazione finale nella quale si richiedeva ai Paesi membri di non
tagliare ulteriormente le spese militari e ricordando la grande enfasi
attribuita al semestre di Presidenza italiana dell’UE anche sui temi
della Difesa, appare evidente che la realtà dei fatti si è dimostrata
“leggermente” differente.
Il tutto a ulteriore conferma che l’Italia, al netto delle dichiarazioni di maniera o dei proclami, è ancora sostanzialmente impantanata in una situazione di complessiva grave inadeguatezza rispetto a tali questioni.
Il tutto a ulteriore conferma che l’Italia, al netto delle dichiarazioni di maniera o dei proclami, è ancora sostanzialmente impantanata in una situazione di complessiva grave inadeguatezza rispetto a tali questioni.
Foto: Difesa.it, Brugata Alpina Taurinense, Alberto Scarpitta, ISAF RC-W, Cosmopol,
di Giovanni Martinelli - 1 novembre 2014
di Giovanni Martinelli - 1 novembre 2014
fonte: http://www.analisidifesa.it
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