Con una metamorfosi disarmante, la "politica del fare" è maturata- semmai ce ne fosse bisogno -in salvacondotto dell'alta finanziarizzazione societaria e delle conglomerate bancarie. Così, si capisce che il Partito della Nazione scimmiottato da Renzi sia pensato soltanto nell'intenzione di tutelare gli interessi utilitari del capitalismo finanziario, a detrimento del Popolo italiano, della sua identità, della sua sovranità, della sua cultura, delle sue tradizioni.
La strutturazione di una società su scala gerarchica è determinante in virtù di una razionalizzazione dei ruoli all’interno di una comunità territoriale. In pieno Settecento, Montesquieu gettava le basi perché la divisione dei poteri acquisisse incisività tra i suoi coevi e soprattutto in futuro. Oltre l’avanguardia delle teorizzazioni, l’elemento di rilievo si ravvisava nella praticità di organizzare logisticamente l’operato di uno Stato purché ognuno rispettasse le proprie mansioni, si spendesse per il conseguimento effettivo di esse e non sconfinasse dal suo raggio d’azione. Considerando l’occidentale politica istituzionale odierna, il modello del giurista transalpino è stato ampiamente spodestato dalle sin troppo diffuse dinamiche clientelari, dove la competenza cede la preponderanza al potere d’acquisto. Affinare le conoscenze e conseguirle con l’esperienza sono sconfessati ed arrogarsi libere docenze diviene la prerogativa per ritagliarsi una credibilità di cartapesta nell’illusa opinione pubblica contemporanea. Ergo, chiunque possieda un ingente capitale da garrire al vento della recente cupidigia collettiva e sappia come incrementarlo, è insignito di attendibilità assoluta. L’indispensabilità di conoscere le problematiche di un settore o di un assetto produttivo è camuffata dalla coltre della facoltatività. Questa depreda il tessuto sociale e le categorie indigenti e legittima le non lungimiranti personalità, al servaggio della dispotica dittatura del quattrino, a smistare vergognosi proseliti giurisprudenziali per screditare sacrosanti diritti che, secondo le eminenti (?!) prospettive dei cortigiani della Finanza, enfatizzerebbero l’immobilismo occupazionale, produttivo e dei consumi. Inutile tergiversare: l’attuale pensiero unico ci impone di genufletterci all’Ordine precostituito, quale commistione di sovranazionalizzazione, di internazionalizzazione e d’impoverimento culturale e sostanziale dei Popoli.
Non è quindi assurdo che Davide Serra,
vassallo del cruento e spietato processo di finanziarizzazione del
quotidiano e primo sostenitore di Matteo Renzi, avanzi riserve
sull’efficacia degli scioperi e suggerisca di ridurli o addirittura di
sospenderli. In modo che le risposte dell’economista Hirschman, padre
della celeberrima “Voce di protesta”, perdano valenza e non flettano i
piani di precarizzazione. Altrettanto scontato che lo stesso Serra
proponga di promulgare un’ulteriore garanzia legislativa a favore delle
banche creditrici, per oberare costantemente le imprese e per opprimerle
a suon di interessi usurai e speculativi. Ad appannaggio dei precari,
dei cassaintegrati, dei disoccupati, delle esigenze popolari.
Consequenziale, ma non affine alle aspettative che Renzi, con baraccone
propagandistico al seguito, ha contribuito ad alimentare nell’arco di
dodici mesi.
Ambizioni di sradicare gli attempati
canovacci della nomenclatura partitocratica. Auspici di prodigarsi in
una politica pragmatica, piuttosto che in una miriade di irrealizzabili
appelli. Promesse di snodare gli intrecci fra democrazia rappresentativa
e lobbies. Speranze che hanno assunto le parvenze dell’accattonaggio
elettorale, in cui crogiolano il rampollo fiorentino e le vestali al
servizio. Coccolati dalla sicurezza che i loro scranni resteranno saldi
ai rispettivi deretani, sempre che salvaguardino i profitti del
capitalismo finanziario, a scapito della tenuta identitaria, sovrana e
tradizionale italiana. Accomiatando la “politica del fare”, il Partito
della Nazione e i politicanti annunci ad effetto. Se questa è l’ultima
spiaggia, si chiudano sdraio ed ombrelloni: la villeggiatura (per noi)
non è mai cominciata.
di Alex Angelo D'Addio - 6 novembre 2014
fonte: http://www.lintellettualedissidente.it
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