Agroalimentare: si parla di un aumento del 118% delle importazioni nel nostro Paese di prodotti americani
Commercio ‘Uber alles’, alla tedesca di cattiva memoria.
Proteste a Bruxelles contro le trattative commerciali segretissime tra
Stati Uniti ed Europa. Nessun freno, nessuna regola pubblica su
ambiente, energia, agroalimentare, servizi pubblici e le politiche sul
lavoro che limiti il commercio
#StopTtip è la parola d’ordine usata da decine di
organizzazioni civili che in questi giorni hanno invaso Bruxelles per
dire no alle trattative commerciali tra Stati Uniti ed Europa. L’ottava
tornata di negoziati sul Ttip si avvia alla conclusione dopo una
settimana di lavori, portandosi dietro tensioni politiche e polemiche.
Ad alimentarle anche il no secco di Syriza, il partito del premier greco
Alexis Tsipras. «Posso assicurare che il parlamento greco non
ratificherà mai quel trattato (…) è un regalo che facciamo non solo ai
greci ma a tutti gli europei», ha dichiarato l’eurodeputato di Syriza
Georgios Katrougkalos.
Sulle trattative in corso c’è ancora il massimo riserbo. Gli unici a
conoscere i dettagli delle trattative sono i negoziatori in campo, oltre
a una nutrita pletora di lobbisti mandati dalle grandi corporation a
difendere i loro prodotti. Si sta giocando una partita pesante, che
potrebbe rivoluzionare del tutto il sistema di governance economica
occidentale. Sul tavolo ci sono le normative sull’ambiente, l’energia,
il settore agroalimentare, i servizi pubblici e le politiche sul lavoro.
«Il Trattato è una minaccia ai diritti di cittadinanza e alle nostre
filiere agroalimentari, per questo va bloccato», dicono gli esponenti
della Campagna #StopTtip. Sotto accusa c’è il meccanismo della
‘Cooperazione regolatoria’, che appare come il vero Cavallo di Troia
portato nel cuore delle istituzioni delle due sponde atlantiche. «Il
meccanismo proposto è un pericolosissimo precedente, che rischia di
indebolire ulteriormente i poteri pubblici davanti alle pretese delle
lobbies economiche», spiega Marco Bersani, di Attac e tra i promotori
della Campagna Stop TTIP Italia.
Lo scopo dei negoziatori, infatti, è abbattere ogni confine -di
natura doganale e non- al commercio. E qui rientrano anche i regolamenti
a tutela dell’ambiente e dei servizi pubblici. Rinunciare ai
regolamenti europei e nazionali, dicono i sostenitori della Campagna
Stop Ttip, significa rinunciare ad esempio alle garanzie di protezione
dei singoli Stati dall’agricoltura Ogm e dei pesticidi. «Un’invasione di
prodotti a basso prezzo che entreranno nel nostro Paese a tutto
vantaggio delle imprese che trasformano prodotto importato a basso costo
e che lo esportano, ma che daranno un colpo mortale ai nostri piccoli
produttori e alla filiera italiana», avverte Monica Di Sisto di
Fairwatch.
Il timore è che dietro la retorica per la difesa delle indicazioni
geografiche, di fatto si «nasconda una pesante ristrutturazione della
nostra produzione a vantaggio di pochi», insiste Di Sisto. Tanto per
rimanere sull’agroalimentare, le voci che si rincorrono parlano di un
aumento del 118% delle importazioni nel nostro Paese di prodotti
americani. Se così fosse il ‘Made in Italy’ resterebbe solo un lontano
ricordo.
Il Ttip solleva dunque molti dubbi e polemiche, tanto da spingere la
Commissione europea ad aprire una sorta di consultazione pubblica sulla
questione. I risultati rivelano una diffusa preoccupazione. Il 97 per
centro dei 150 mila partecipanti si è detta contraria ai negoziati in
corso.
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