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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

01/02/15

Guerini: «Niente voto. Andremo avanti fino al 2018»

Il vice segretario del PD: «Con Berlusconi nessun problema. Ora avanti con le riforme»


Montecitorio Camera dei Deputati

FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images


Quando alla seconda votazione, venerdì mattina, Laura Boldrini ha letto il nome Arnaldo Forlani, in molti hanno pensato che quel voto fosse un omaggio rivolto a lui. Lui è Lorenzo Guerini, l’Arnaldo, secondo felice soprannome affibbiatogli da Matteo Renzi come fosse una medaglia di democristianità doc. Chi lo conosce bene sa che a Guerini quel soprannome non dispiace. Tanto più, crediamo, ne andrà orgoglioso oggi, con un democristiano doc che ascende al Quirinale sedici anni dopo la fine del settennato di Oscar Luigi Scalfaro. Ancor di più, se si pensa che proprio lui, Guerini, è stato uno dei tessitori che hanno reso possibile quest’elezione.
Facciamo un passo indietro, Guerini. A quella  sera di mercoledì 28 gennaio in cui l’Ansa batte una sua dichiarazione, secondo cui avrebbe detto che «si parte e si arriva con Mattarella». Dichiarazione che coglie in contropiede e indispettisce Alfano e Berlusconi…
Io in realtà quella dichiarazione non l’ho mai fatta. O meglio, non ho mai pronunciato il nome di Mattarella. Rispondendo a una giornalista – che si è successivamente scusata – io ho semplicemente detto che il Pd avrebbe sostenuto il nome che sarebbe uscito dall’Assemblea dei grandi elettori della mattina seguente. Che non ci sarebbe stato spazio per ulteriori trattative, per nuovi nomi. Noi venivamo dallo psicodramma del 2013, dovevamo cancellare quella pagina. I nostri elettori non ci avrebbero perdonato un’altra brutta figura…
Sta di fatto che Berlusconi Mattarella non l’ha digerito, né votato, alla fine. Eppure, stando a una ricostruzione di Franco Bechis su Libero, datata 31 dicembre 2014, pare che al Cavaliere Mattarella piacesse, eccome.. È una ricostruzione errata, oppure Berlusconi ha cambiato idea?
Lo svolgimento è più lineare di quanto sembri. Sulla figura di Mattarella nessuno, nemmeno Berlusconi, ha mai espresso riserve. Tutti, al contrario, hanno sostenuto la qualità della candidatura. Le perplessità, semmai, hanno riguardato questioni di metodo.
Perché allora forzare la mano, allora? È stata una scelta tattica per spaccare il fronte avverso, pur su un nome condiviso?
Avevamo la necessità di tenere unito il partito, prima di tutto. Sapevamo che saremmo dovuti arrivare a una candidatura condivisa, ma non potevamo correre il rischio di un altro caso Prodi. Così siamo partiti da lì, da un nome che piacesse a tutte le anime dei Democratici. Tra quei nomi, abbiamo scelto quello che, a nostro giudizio, poteva incontrare il favore degli alleati di governo e delle opposizioni. A posteriori, possiamo dire che la scelta di Mattarella sia stata un’ottima scelta.
D’accordo, ma adesso? C’è chi parla di maggioranza dei tre forni: siete al governo con Alfano, fate le riforme con Berlusconi, eleggete Mattarella con Vendola…
Anche questa lettura mi sembra un po’ ingenerosa e parziale. Noi siamo al governo con il Nuovo Centro Destra e Scelta Civica, ma non possiamo cambiare le riforme e la legge elettorale a colpi di maggioranza. Per farlo, abbiamo aperto un confronto con tutte le forze politiche. Forza Italia ha risposto, sta collaborando e i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Ok, ma il Presidente della Repubblica?
Il Presidente della Repubblica era una partita ancora diversa. Noi abbiamo sempre detto che il Patto del Nazareno era sulle riforme e non sull’elezione del Presidente della Repubblica. Giustamente, chi sosteneva il contrario, oggi sostiene che abbiamo tradito quel patto. Ma noi, con Berlusconi, non abbiamo mai sottoscritto nessun accordo sul Quirinale. E mi pare che i fatti l’abbiano dimostrato.
Le incomprensioni di questi giorni con Berlusconi e Alfano rallenteranno le riforme? Oppure sarà la ritrovata serenità all’interno del Pd ad accelerarle?
Non credo che l’elezione del Presidente della Repubblica avrà strascichi sulle riforme. La Riforma Costituzionale è in aula, alcuni articoli sono già stati approvati e quando riprenderanno i lavori, tra un paio di settimane, contiamo di chiudere. Lo stesso vale per la riforma elettorale appena arrivata in Commissione alla Camera. Ci vorrà qualche mese, soprattutto perché le riforme costituzionali necessitano di doppia lettura, ma siamo in dirittura d’arrivo.
E poi al voto?
No. Il nostro orizzonte è il 2018. Questa è una legislatura nata malissimo, senza nessun vincitore, e adesso siamo riusciti a trasformarla in un’importante stagione costituente. Sarebbe un peccato interrompere l’azione di governo. Tanto più ora che ci sono i primi segnali di ripresa.
Nemmeno un rimpasto? Che democristiani siete…
No, nemmeno quello. Dovremo sostituire la Lanzetta, dimissionaria, ma per il resto andiamo avanti così.

31 gennaio 2015
fonte: http://www.linkiesta.it

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