Nel terzo trimestre del 2014 l’interscambio tra
Italia e Russia è crollato del 17%. Recuperare il rapporto privilegiato
con il Cremlino è però ancora possibile. Il commento del presidente
della Camera di Commercio Italo-Russia Rosario Alessandrello
Come valuta ad oggi l’effetto di queste sanzioni?
Queste sanzioni imposte a Mosca dall’UE con il sostegno degli Stati Uniti, sono state pensate per danneggiare l’economia russa. Una strategia che ha cominciato a dare i primi frutti, considerato che la Russia andrà incontro nel 2015 a una fase di decrescita. Quello di cui dobbiamo tenere più conto, però, sono le controsanzioni del Cremlino. Si tratta di misure che stanno bloccando le importazioni dei russi, il che sta danneggiando direttamente le esportazioni dei Paesi europei, e quindi anche dell’Italia.
È possibile quantificare le perdite causate alle imprese italiane che hanno rapporti con la Russia?
Le prime sanzioni sono state applicate tra luglio e settembre, motivo per cui è ancora presto per tracciare un bilancio dei loro effetti. Sinora il valore dell’interscambio italo-russo è calato del 10% nel secondo trimestre del 2014 e del 17% nel terzo trimestre. È stata perciò innescata una spirale che condurrà a un peggioramento della situazione nel 2015. Se non vi si porrà rimedio, le cose sono destinate ad aggravarsi negli anni successivi.
Quali sono i settori più colpiti?
Finora i mercati russi hanno tentato di privilegiare i prodotti italiani. Certamente però le sanzioni si stanno facendo sentire. Il settore agroalimentare è stato quello più colpito. Mi riferisco ad esempio alle esportazioni di uva da tavola dalla Sicilia o dalla Puglia, crollate del 50%. Anche gli ortaggi hanno subito delle conseguenze, per non parlare di prodotti freschi come la mozzarella o la burrata. Tra Mosca e le altre principali città della Russia ci sono circa 150 ristoranti italiani che finora utilizzavano prodotti che arrivavano direttamente dall’Italia. Da un po’ di tempo devono affidarsi a fornitori russi. Il rischio è che presto quella che proporranno non sarà più cucina veramente italiana.
Quali altri comparti produttivi hanno subito delle conseguenze?
Sicuramente l’abbigliamento e il settore tessile. Prima l’Italia comprava materie semilavorate dalla Russia, realizzava in casa il prodotto finito e poi lo rivendeva al mercato russo. Adesso questo interscambio proficuo per entrambe le parti è stato bloccato. I danni al momento sono parziali, ma in prospettiva rischiano di essere di gran lunga molto più gravi.
Che intende?
Messa all’angolo dall’Occidente, la Russia soffrirà nei primi due-tre anni ma in futuro potrebbe uscire molto più rafforzata. Sinora non aveva mai sviluppato un proprio settore manifatturiero, perché le costava di meno vedere materie prime e importare prodotti finiti. Adesso è costretta a farlo. Questo aspetto, unito al calo delle sue importazioni, ne faranno un competitor da temere per gli altri mercati europei.
Come stanno reagendo a questa situazione gli imprenditori russi che hanno affari in Italia?
Attualmente ci sono circa 150 imprenditori russi presenti in Italia e una settantina di centri produttivi. Si tratta soprattutto di soggetti che hanno acquisito aziende italiane sull’orlo del fallimento o che non erano più capaci di espandersi. Ma ora i russi non possono investire in Italia, e considerato il momento economico del nostro Paese questa è un’occasione persa. Basti pensare a ciò che è accaduto con il mercato immobiliare. Il sequestro di proprietà ad alcuni personaggi russi anche in Italia ha congelato l’acquisto di nuovi immobili. Pensare di risollevare il mercato del mattone in queste condizioni è impossibile.
Una delle altre partite aperte è quella energetica. L’Italia che ruolo sta giocando?
La disinformazione che è stata fatta in Italia e in Europa riguardo il South Stream è stata massima. La Germania ha già il North Stream con cui riceve il gas direttamente dalla Russia. Noi invece senza il South Stream continueremo a ottenere le forniture passando per altri Paesi, il che avrà delle conseguenze sull’aumento del prezzo dell’energia. Strategicamente si tratta di un grave errore di valutazione.
C’è un modo per recuperare il rapporto privilegiato che per anni abbiamo avuto con la Russia?
L’Italia si è dovuta accodare alle scelte dell’UE e degli Stati Uniti. Sulla lunga distanza è però uno dei Paesi che rischia di pagare il prezzo più caro dello strappo con la Russia. L’unica soluzione è trovare la capacità politica che ci consenta di uscire da questa situazione.
di Rocco Bellantone - 12 dicembre 2014
fonte: http://www.lookoutnews.it
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