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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

12/12/14

IMMIGRAZIONE - Richiamo di Frontex alle navi militari italiane “Troppi salvataggi”

 
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12 dic – l’agenzia europea per il controllo delle frontiere (Frontex, che ha sede a Varsavia) accusa il suo “ufficio” italiano di essere un po’ troppo di manica larga nel decidere di avviare i salvataggi in mare. Quelle azioni che, finché c’era stata “Mare Nostrum” (che, però, era condotta e anche pagata solo dall’Italia) costituivano la ragione fondamentale del dispiegamento delle forze marittime nel Mediterraneo.
L’invito a rientrare nei ranghi è contenuto in una lettera – il cui testo è stato rivelato dall’Adnkronos – inviata dal direttore della divisione operativa di Frontex, Klaus Rosler, al direttore centrale per l’immigrazione del ministero dell’Interno, Giovanni Pinto. Nella lettera Rosler si dice “preoccupato” per i continui interventi di Frontex oltre le 30 miglia marine, il limite operativo dell’operazione “Triton”.
Quando alla fine dell’estate scorsa fu annunciata la interruzione, peraltro mai avvenuta,  di “Mare Nostrum”, tutte le associazioni umanitarie denunciarono che “Triton” sarebbe rimasta circoscritta entro le 30 miglia dalla costa e che questo limite di azione avrebbe certamente provocato un aumento del numero delle vittime del Mediterraneo. La risposta fu che, in caso di reale emergenza, quel limite non avrebbe avuto alcun valore. In casi simili, infatti, l’obbligo di intervenire è assoluto. Già, ma quando e come si individua questo genere di emergenza?
Molto spesso l’allarme viene lanciato dalle barche in difficoltà attraverso telefonate fatte con i satellitari. E’ successo anche lo scorso 20 novembre: ricevuta la richiesta di aiuto, è scattata l’operazione di soccorso.

Secondo il direttore operativo di Frontex, è esattamente quanto non andava fatto. Rosler, infatti, nella lettera scrive che una telefonata satellitare non può essere di per sé considerata un evento idoneo a determinare un’azione di “Search and rescue” (cioè di ricerca e soccorso). E raccomanda che in casi del genere siano prima intraprese “azioni per investigare e verificare e solo in seguito, in caso di difficoltà, attivare un altro assetto marittimo”.
Frontex, inoltre, non considera “necessario e conveniente sotto il profilo dei costi” l’utilizzo di pattugliatori (offshore patrol vessel) “per queste attività di verifica iniziale al di fuori dell’area”.
Altre indicazioni di Frontex al Centro operativo di Roma sono di “tenere in considerazione il luogo e la distanza tra i possibili obiettivi e gli assetti di Frontex” (per esempio, se un naufragio avviene in prossimità delle coste libiche “coinvolgere i centri operativi di controllo più vicini”) e, infine, di utilizzare la lingua inglese per “tutte le comunicazioni in ambito Frontex”. Il frequente uso della lingua italiana, sottolinea Rosler, “dovrebbe essere evitato”, perché “non del tutto in linea con il piano operativo e con le procedure internazionali”. Non è chiaro se l’ultimo avvertimento sia un banale richiamo al protocollo operativo o nasca dall’esigenza di controllare meglio le comunicazioni tra il centro Frontex di Roma e le navi militari italiane impegnate dell’operazione. Per evitare che – memori di Mare Nostrum – i nostri siano troppo zelanti nei salvataggi oltre le trenta miglia.    

TISCALI

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