IL SEQUESTRO DEI FUCILIERI DI MARINA LATORRE E GIRONE - CERCASI DIRETTORE DI GIORNALE/TV O LEADER DI PARTITO POLITICO CON LE 'PALLE'
7 Gennaio 2015
Stefano Tronconi
D.: In queste ultime fasi della vicenda il governo italiano sembra
essere stato colto per l'ennesima volta in contropiede da quanto
successo in India con il rifiuto della Corte Suprema di estendere il
permesso a Latorre e concederne uno a Girone per Natale. Che cosa non
ha nuovamente funzionato?
R.: Non ha funzionato niente perché
anche il terzo governo italiano che si trova a gestire la vicenda non ha
fatto alcunché di diverso da quanto avevano fatto i due governi che
l'hanno preceduto. Ha ignorato o finto di ignorare che in India è fin
dall'inizio presente un potente gruppo politico deviato che sul caso dei
due marò ha investito un capitale politico immenso e da tre anni
manovra dietro le quinte per ottenere un risultato che ormai deve
raggiungere ad ogni costo, a costo della propria sopravvivenza. Si
tratta del gruppo che si muove attorno ai due più potenti esponenti
politici del Partito del Congresso in Kerala: il primo ministro dello
Stato Chandy e l'ex-Ministro della Difesa dell'Unione Antony che, con
l'interruzione di sole due legislature, detengono e gestiscono il potere
in Kerala sin dal 1995. Non è assolutamente un caso che l'ultima
doccia fredda alle velleitarie speranze italiane siano venute dal nuovo
Presidente della Corte Suprema, HL Dattu, che è stato Presidente
dell'Alta Corte del Kerala tra il 2007 ed il 2008.
D.: Se è così,
proviamo a ricapitolare le ragioni che fanno pensare che dietro al
sequestro di Girone e Latorre ci sia questo gruppo politico del Kerala?
R.: Innanzitutto val la pena ricordare che il sequestro di Girone e
Latorre all'inizio è stata la carta vincente giocata da Chandy nel
Febbraio 2012 per vincere le elezioni supplettive del 17 Marzo 2012 nel
collegio di Piravom. Il governo di Chandy, nato a seguito delle
elezioni del 2011, in quel momento era in bilico perché basato su un
solo seggio di maggioranza (71 su 140) ed il seggio in gioco, nel
collegio di Piravom appunto, era quello che l'anno precedente era stato
vinto per soli 150 voti su 150.000 (uno scarto talmente irrisorio da far
impallidire la famosa 'Florida' di George Bush). Grazie al sequestro
dei due marò i risultati delle elezioni suplettive del Marzo 2012 si
trasformarono in un trionfo per Chandy che prevalse questa volta con un
margine di ben 12.000 voti.
D.: L'interesse potenziale a
strumentalizzare la vicenda marò è chiaro, ma quali sono gli elementi
che spingono ad immaginare quello che sembra un vero e proprio complotto
messo in atto da parte di questo potente gruppo politico deviato del
Kerala?
R.: Inizio rispondendo anch'io con una domanda retorica?
Come poteva Chandy dichiarare ripetutamente già nei giorni
immediatamente successivi al 15 Febbraio, con i marò ancora sulla Enrica
Lexie e prima quindi che una qualsiasi seria indagine avesse potuto
partire, che esistevano prove inconfutabili contro i marò italiani e che
nessuna clemenza sarebbe stata usata nei loro confronti? Da subito
tali affermazioni, oltre che fatte per blandire l'elettorato in vista
delle elezioni, sono suonate come indicazioni, neppure troppo velate,
date alla polizia del Kerala ed a tutti gli attori coinvolti sulla via
che avrebbero dovuto appunto prendere le indagini. E così è avvenuto.
La polizia del Kerala si è messa subito in moto per manipolare le
indagini nella direzione desiderata dal Primo Ministro costruendo lo
scenario di un incidente che non trova riscontri nei fatti e cercando di
far sparire dagli occhi dell'opinione pubblica alcune prove
fondamentali che dimostrano invece l'assoluta innocenza dei marò. Si
ricordano, in particolare, la prima intervista rilasciata dal
proprietario del peschereccio indiano, in cui questi descrive un
incidente non compatibile per orari e modalità con quello dichiarato
dall'Enrica Lexie, nonché l'autopsia condotta dal dott. Sasikala che
certificava sui corpi delle vittime dei fori non compatibili con i
proiettili in dotazione ai marò. Più tardi sarebbe stata messa in scena
anche la farsa della perizia balistica falsificata, svolta nei suoi
passaggi fondamentali senza che fosse consentita la presenza del team di
difesa di Latorre e Girone. Perizia mai ufficialmente depositata, ma
fatta trapelare attraverso i media in modo da condizionare in senso
definitivamente colpevolista l'opinione pubblica.
D.: E cosa c'entra in questo l'ex-Ministro della Difesa Antony?
R.: L'intervento di Chandy e le azioni della polizia del Kerala tese a
far apparire i due marò colpevoli non sarebbero stati sufficienti a
manipolare le indagini nella direzione voluta senza la fondamentale
complicità della Guardia Costiera Indiana. Chandy aveva bisogno che le
relazioni della Guardia Costiera Indiana su quanto avvenuto fossero in
linea con la narrazione artefatta della storia che la polizia del Kerala
sotto la sua guida stava 'riscrivendo' ed aveva quindi necessità del
pieno e complice sostegno da parte del livello politico più alto a cui
fa capo la Guardia Costiera Indiana, cioè il ministro della Difesa.
Sfortuna per i marò ha voluto che il Ministro della Difesa in carica a
Delhi fosse proprio l'amico, l'alleato, il mentore politico di lunga
data di Chandy, A.K. Antony, che fin dal 16 Febbraio 2012 in più
occasioni ha sempre giocato senza esitazioni da dietro le quinte il
ruolo del regista a Delhi. Solo così si può spiegare che la Guardia
Costiera abbia cercato di tenere nel cassetto il rapporto sull'incidente
denunciato dalla nave greca Olympic Flair, che per orari e modalità è
del tutto compatibile con quello descritto inizialmente dal proprietario
del peschereccio St. Antony, arrivando invece ad inventarsi di sana
pianta una ricostruzione assolutamente fantasiosa delle azioni
intraprese in quel fatidico 15 Febbraio 2012, pubblicata a scopo
propagandistico anche sul bollettino ufficiale del Giugno 2012.
Ricostruzione che con Toni Capuozzo e Luigi Di Stefano abbiamo provato
essere del tutto falsa.
D.: Un falso così clamoroso da parte di un Corpo delle Forze Armate indiane?
R.: Un falso realizzato apparentemente con tale successo da far si che
le Forze Armate indiane, sempre con Antony Ministro della Difesa, ne
mettessero in atto una simile l'anno successivo nel Kashmir indiano
(dopo l'operazione 'Lexie' la cosiddetta Operazione 'Keran'), ma in
questo caso la falsa operazione è stata smascherata con grande imbarazzo
del precedente governo indiano del partito del Congresso.
D.: Quindi un patto di ferro stretto fin dal 16 febbraio 2012 tra Chandy ed Antony.
R.: Assolutamente sì. E' doveroso ricordare che entrambi i politici
fanno parte di un'antica comunità cristiana presente in Kerala fin dai
primordi del cristianesimo, che si ritiene emigrata dalla Siria, e che
oggi, benchè divisa in varie confessioni religiose, continua a
costituire in Kerala un gruppo etnico ben definito e distinto. Chandy ed
Antony hanno costruito la rispettiva carriera politica fornendosi
costante reciproco supporto fin dai tempi in cui rovesciarono con
successo, prendendone il posto, la precedente leadership del Partito del
Congresso in Kerala.
D.: Tutto questo è avvenuto sotto gli
occhi dei vari governi italiani senza che questi si rendessero conto di
niente o maturassero qualche sospetto?
R.: Tutto questo e non
solo. Anche le decisioni della magistratura che maggiormente hanno
segnato in modo negativo la vicenda marò portano tutte le impronte di
giudici legati a doppio filo con il Kerala. Prima della recente nomina
del giudice Dattu a Presidente della Corte Suprema di cui abbiamo
parlato all'inizio e che si è eretto a nuovo apparente insormontabile
ostacolo per la soluzione della vicenda marò, il ruolo di garante del
gruppo politico di potere del Kerala all'interno della Corte Suprema
l'aveva sempre svolto il giudice Chelameswar che era stato a sua volta
Presidente dell'Alta Corte del Kerala tra il 2010 ed il 2011 prima di
essere nominato giudice di Corte Suprema proprio pochi mesi prima
dell'inizio della vicenda dell'Enrica Lexie. Ricordo che la sorpresa fu
enorme in Italia quando venne emessa l'inattesa sentenza del Gennaio
2013 in si decise sostanzialmente a favore della giurisdizione indiana
pur non senza residue ambiguità. Una sorpresa più o meno equivalente a
quella mostrata dal governo Renzi venti giorni fa quando sono state
respinte perfino le ragioni umanitarie su cui nel corso dell'ultimo
periodo ha sciaguratamente provato a ripiegare l'Italia. In realtà
quella sentenza del Gennaio 2013 della Corte Suprema indiana è stata il
frutto malato del compromesso di due opinioni del tutto contrastanti,
quella dell'allora Presidente della Corte Suprema, Kabir, e quella
appunto del giudice Chelameswar. Mentre il primo riteneva che la
giurisdizione dell'India in materia penale avrebbe dovuto estendersi
fino a 12 miglia dalla costa come da trattati internazionali, il giudice
Chelameswar non ha ceduto di un millimetro dall'assurda interpretazione
per cui la giurisdizione indiana sarebbe applicabile nel caso della
Lexie in base alla legge anti-terrorismo la cui applicabilità è estesa
fino a 200 miglia dalla costa. Una delle frasi che compare nelle
motivazioni addotte dal giudice Chelameswar? “Concordo con i fratelli
della mia terra”, vale a dire del Kerala. Un vero abominio giuridico,
spiegabile, se si vuol pensare bene, in termini di attaccamento emotivo,
ma a pensar male probabilmente ci si avvicina molto di più alla realtà
delle cose.
D.: Quindi Chandy in Kerala, Antony a Delhi,
Chelameswar prima e Dattu ora in Corte Suprema sembrerebbero avere di
fatto operato con successo non solo per fare prevalere non solo una
ricostruzione del tutto falsa di quanto avvenuto quel 15 febbraio 2012,
ma anche per far saltare tutti i tentativi di soluzione che più governi
italiani pensavano di avere in tasca?
R.: Ciascuno nel proprio
ambito, direi che sicuramente un'analisi attenta di quanto accaduto
porta ad una tale verosimile conclusione. Naturalmente lungo la strada
hanno preso parte a tale complessa operazione numerosi altri soggetti
minori, ma è evidente come un gruppo politico ben organizzato e
ramificato nei centri vitali del potere politico e giudiziario possa
manipolare una vicenda come quella di cui sono rimasti vittime Salvatore
Girone e Massimiliano Latorre. Un gruppo di potere che oltre a
sequestrare due uomini innocenti è riuscito ad umiliare l'Italia,
manipolare il processo democratico in Kerala e prendere in ostaggio la
politica del governo centrale indiano. Vorrei comunque sottolineare che
l'Italia condivide in tutto la responsabilità di quanto è accaduto e
sta ancora avvenendo in Inda.
D.: In che senso?
R.: Nulla
di quanto è accaduto in questo tre anni sarebbe stato possibile se
l'Italia non avesse fin dall'inizio provato a cercare una vergognosa
soluzione del caso tradendo i due fucilieri di marina e rinunciando a
sostenerne l'innocenza. Una tale scelta ha messo tutte le carte da
gioco nelle mani di chi sulla pelle dei marò si è giocato la carriera
politica impedendo a chiunque in India di operare per una soluzione
trasparente e positiva. Ma qui apriremmo un nuovo lunghissimo capitolo
sulle responsabilità italiane che è meglio lasciare ad altra occasione.
Resta il fatto che l'unica vera soluzione alla vicenda dei due marò
rimane quella che il governo ne sposi finalmente l'innocenza. Certo,
questo provocherebbe numerosi schizzi di fango che investirebbero
potenti personalità politiche ed isituzionali tanto in Italia che in
India. Ma, i marò sono innocenti. E quindi? Li abbiamo già lasciati a
marcire in India per quasi tre anni per coprire gli errori di chi
avrebbe dovuto risolvere la vicenda in pochi giorni.
Vogliamo
continuare così in attesa di una soluzione che rappresenti la definitiva
umiliazione dell'Italia?
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