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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

06/01/15

I marò sono innocenti. Ma l’Italia li condanna anche senza capo d’accusa


sanza

In tre anni e tre governi nessuno è riuscito a riportare a casa definitivamente Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Non sono serviti i contatti diplomatici, non è servita la buona volontà, non è servito farli tornare in Italia per due volte, la prima per le vacanze natalizie di due anni fa, la seconda in occasione delle elezioni. Non sono servite le chiacchiere, il ricorso all’Europa. Non è servito niente. Neanche il silenzio tanto decantato da quest’ultimo governo, che ora, secondo quanto dice il premier Renzi, tenta la strada del dialogo, quando dall’India fanno sapere chiaramente che un dialogo si può anche aprire, ma resta il fatto che a decidere sarà sempre e solo quella Corte suprema il cui presidente fa parte di quel sistema corrotto del Kerala che è stato artefice di tutta questa tragica storia. Un’India che lo ribadisce, attraverso i media locali, mettendo i puntini sulle “i”: Girone è un ostaggio e se Latorre non rientra a New Delhi che ne sarà di lui sarà responsabilità tutta italiana. Insomma, vogliono che il Bel Paese mantenga la parola, non dando nessuna garanzia. Un ricatto che va ben oltre tutto il resto. Perché senza capo d’accusa non esiste che i marò debbano restare in India. Dove sta l’errore? Più semplice di così si muore. Un miliardo e 200 mila indiani sono convinti che Latorre e Girone siano colpevoli. Perché? Perché l’Italia non ha sostanzialmente mai detto il contrario. Prima con l’inviato speciale Staffan De Mistura, che ha ricordato che “anche se avessero sparato erano lì per fare il loro lavoro”, poi con i giornalisti stile Miavaldi, che da tre anni avanzano tesi campate in aria realizzate sulla sola base dell’ideologia politica, poi con i media italiani, come la Rai, che in diversi servizi dà per scontato che i colpi siano partiti dalla Enrica Lexie. Ne riportiamo uno, dello scorso 16 dicembre. Il giornalista che fa il servizio di Rainews 24 dice chiaramente: “Sono passati tre anni da quando due pescatori furono uccisi da dei colpi partiti dalla Enrica Lexie”. Ma chi lo ha detto? Era lì il cronista? Lo ha letto da qualche parte che i colpi sono partiti dalla nave? Perché finora l’unica ricostruzione attendibile fatta è quella realizzata da Luigi Di Stefano, Stefano Tronconi e Toni Capuozzo (Video), che sono riusciti (prove alla mano) a smascherare il gioco sporco dell’India e a dimostrare che la Lexie incontrò sì un barchino, ma di pirati, alle 16.30 (come registrato ufficialmente dall’International marittime organization) e non alle 21.30, ovvero quando avvenne l’incidente con il St Antony, visto che la Lexie, a quell’ora, si trovava a miglia e miglia di distanza da quel punto. Tante altre sono le prove che dimostrano che i due marò sono innocenti. Ed è proprio questo che l’Italia sbaglia, non dichiararlo a gran voce e non affermare davanti a un’altra Nazione che ciò che il governo e i giudici di New Delhi stanno facendo (ovvero trattenere due persone senza aver formulato un capo d’accusa in tre anni) è del tutto illegale. Che altro dire? Solo che a tutto questo ambaradan si aggiunge l’italiano medio, quello che ce l’ha con i militari a ogni costo e che li chiama assassini. Si ricordino, questi soggetti, che la legislazione italiana prevede che un soggetto è innocente fino a prova contraria. E, siccome, Massimiliano e Salvatore dopo tre anni non hanno un capo d’accusa, viene da sé che sono doppiamente innocenti. Per cui chiamarli “assassini” è un reato puro e semplice. E per reati di questo tipo, in Italia, non si fa come in India: magari si aspetta un processo dieci anni, ma il capo d’accusa arriva come un fulmine.

di Chiara Giannini - 5 gennaio 2015
fonte. http://www.sostenitori.info

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