Renzi
meglio dei Bot: è un investimento sicuro. E le imprese che hanno
finanziato la sua scalata a Palazzo Chigi sono cresciute nell'ultimo
anno molto di più delle altre
Renzi
meglio dei Bot: è un investimento sicuro. E le imprese che hanno
finanziato la sua scalata a Palazzo Chigi sono cresciute nell'ultimo
anno molto di più delle altre
Lo dice uno studio pubblicato sull'ultimo numero del
settimanale online Pagina99 (ultimo in tutti i sensi, visto che il
direttore Emanuele Bevilacqua ne annuncia la chiusura).
Il
giornale economico ha preso in esame le imprese quotate in borsa che
finanziano la Fondazione Open, la cassaforte renziana con sede a Pistoia
e nel cui consiglio direttivo siedono il presidente Alberto Bianchi, la
ministra Maria Elena Boschi in qualità di segretario generale, e i due
fedelissimi del premier Marco Carrai e Luca Lotti.
Nella lista dei
103 finanziatori «in chiaro» della fondazione, quelli che hanno dato
esplicita autorizzazione alla pubblicazione dei loro nomi e che hanno
versato a Open circa 1,3 milioni, pari al 70 per cento degli 1,9 milioni
raccolti, ci sono 57 tra imprese e imprenditori, e otto di questi sono
quotati a Piazza Affari o alle borse di Londra e New York. Esibendo
performance straordinarie in termini economici: dal 13 febbraio 2014,
quando il governo #staisereno Letta ha dato le sue dimissioni aprendo le
porte di Palazzo Chigi a Supermatteo, a oggi, le magnifiche otto
aziende hanno avuto ritorni di mercato sei volte superiori rispetto alle
50 aziende a maggiori capitalizzazione appartenenti al Ftse-Mib e quasi
sette volte superiori rispetto agli altri titoli quotati a Piazza
Affari.
Potrebbe trattarsi di un caso, ma è improbabile. Diciamo
che si tratta di un investimento riuscito. Pagina99 cita delle ricerche
che evidenziano in maniera chiara il modo in cui i legami con la
politica influenzino i ritorni economici e il valore di un'impresa a
tutte le latitudini e in ogni epoca. Un mercato finanziario efficiente
funziona anche e soprattutto in base alle informazioni disponibili. E il
legame stretto con il presidente del consiglio italiano, una sorta di
amministratore delegato della prima azienda italiana, non può che fare
le fortune di un'impresa. Nulla di losco né di strano, quindi. Ma un
dato che fa impressione.
Così come fa impressione il fatto che
molti degli imprenditori quarantenni e toscani che rappresentano lo
zoccolo duro della Fondazione Open e che Pagina99 definisce addirittura
un «gruppo etnico» per le caratteristiche di compattezza demografica,
siano stati chiamati da Renzi a seguirlo a Roma con compiti di varia
natura. Il 66,12 per cento dei finanziatori individuali della Fondazione
«leopoldina» ha ricevuto incarichi pubblici di prima nomina. Molti sono
diventati parlamentari (come i deputati Michele Anzaldi, Francesco
Bonifazi, Ernesto Carbone, Paolo Coppola, Filippo Crimì, Luigi Dallai,
Roger De Menech, Marco Donati, David Ermini, Luigi Famiglietti, Edoardo
Fanucci, Davide Faraone, Federico Gelli, Luca Lotti, Ernesto Magorno,
Giovanna Martelli, Flavia Piccoli, Ermete Realacci, Ivan Scalfarotto e i
senatori Laura Cantini, Stefano Collina, Rosa Maria Di Giorgi, Stefano
Lepri, Andrea Marcucci e Mario Morgoni). Molti hanno fatto affari ancora
migliori: come il presidente della fondazione Bianchi, che ha donato
30mila euro ed è stato premiato con un posto nel cda di Enel e
soprattutto Antonio Campo Dall'Orto: che con solo 250 euro di ticket ha
«vinto» un posto nel cda di Poste Italiane. Insomma, per i suoi amici
Renzi è stato un investimento dagli alti dividendi. Tutti noi aspettiamo
che accada lo stesso anche all'Italia.
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