Da quando è salito al potere il leader nazionalista indù Narendra Modi,
è aumentata la tensione con la minoranza cristiana, sempre più
preoccupata per le ri-conversioni all’induismo e per gli episodi di
violenza contro chiese e luoghi di culto in India. Tre chiese cristiane,
tra cui la cattolica e la protestante, hanno lanciato un accorato
appello al governo perché proibisca le campagne religiose di «ritorno
alle radici induiste», note in hindi come «ghar wapasi» (ritorno a casa)
e organizzate dai movimenti radicali induisti del Vishva Hindu Parishad (Vhp) e del Rashtriya Swayamsevak Sangh (Rss). Nei mesi scorsi, dopo la vittoria elettorale del partito nazionalista Bharatiya Janata Party
(Bjp), si sono tenute decine di queste cerimonie religiose, in
particolare negli stati meridionali del Kerala e di Goa, dove c’è una
forte presenza cristiana. Presenza che, secondo la tradizione, trae le
sue origini dallo sbarco dell’apostolo Tommaso sulla
costa indiana circa duemila anni fa. In base a stime dei media, dalle
1.200 alle 8 mila persone sono finora «tornate all’induismo»
volontariamente grazie alle riconversioni di massa organizzate in
diverse città. Le iniziative del Vhp e Rss si sarebbero intensificate in
coincidenza con il Natale.
La protesta dei cristiani d’India
In una conferenza stampa tenuta domenica ad Amritsar
(Punjab), i rappresentati della Chiesa cattolica e di due altre Chiese
protestanti hanno accusato il premier Modi di un «tacito supporto» alle
campagne di conversione religiosa. Hanno anche hanno minacciato proteste
pubbliche per fermare i “ghar wapasi”. Il partito di maggioranza, il
Bharatiya Janata Party (Bjp), ha però negato di sponsorizzare le
riconversioni. Il presidente, Amit Shah, potente
braccio destro di Modi, ha infatti detto che la campagna lanciata dai
radicali indù affiliati al Bjp «non fa parte dell’agenda del governo».
Di recente, l’esecutivo guidato da Modi ha invece proposto una legge
nazionale contro le conversioni “forzate”, creando un vivace dibattito
in Parlamento e la ferma opposizione dei cristiani, preoccupati per il
rischio di essere perseguitati per proselitismo. Una simile legge - aveva detto l’arcivescovo di New Delhi, Anil Couto,
in una conferenza stampa a metà dicembre, «non è affatto necessaria in
uno Stato laico. Anche perché la conversione di una persona a un’altra
religione è un fatto del tutto privato e a quella persona deve essere
lasciata la responsabilità della decisione». La minoranza cristiana, che
rappresenta il 2,3% del miliardo e 200 milioni di indiani, è
preoccupata anche dall’aumento degli atti vandalici. A New Delhi, dove
il primo dicembre una chiesa è stata data alle fiamme da sconosciuti, è
di nuovo salita la tensione sabato scorso a causa dell’incendio di un
presepe in una chiesa del quartiere di Rohini, che, secondo le autorità
ecclesiastiche, sarebbe doloso.
Carlo Marini - 5 gennaio 2015
fonte: http://www.secoloditalia.it
Nessun commento:
Posta un commento