Ricordate Mario Monti il professore che ci considerava troppo
corrotti per far affari con il Qatar? Ringraziamo il cielo di non
esserne stati all’altezza. Altrimenti ci ritroveremmo come la Francia di
Nicolas Sarkozy prima e Francois Hollande poi. Una Francia che a furia
di coltivarsi in seno la serpe del fondamentalismo fa i conti con 1300
combattenti jihadisti in Siria e un numero così impressionante di
apprendisti terroristi in casa da non riuscire – come dimostrano i casi
Kouachi e Coulibaly – a controllare neppure a quelli conosciuti.
Per capire la «sottomissione» politica e finanziaria figlia delle
relazioni con quel regno opulento e oscurantista basterà ricordare il
Sarkozy gendarme di un Qatar con cui contava di spartirsi gas e petrolio
di Gheddafi. Peccato che la fine del Colonnello non sia coincisa con
una vittoria della Nato o della Francia, ma del Qatar e dei Fratelli
musulmani e con la trasformazione della Libia in un buco nero del
terrorismo. Ma non solo.
Prendiamo
i 1300 volontari partiti dal «laico» suolo francese per combattere al
fianco dei jihadisti siriani. Una legione straniera del fondamentalismo
figlia anche delle direttive politiche di due presidenti come Sarkò e
Hollande che – fedeli alle predicazioni del Qatar e della sua emittente
Al Jazeera – hanno per anni definito «combattenti per la libertà» i
tagliagole di Al Nusra e dello Stato Islamico.
Tagliagole che Hollande avrebbe volentieri armato fino ad un anno
fa.E dunque se due presidenti legittimavano la lotta jihadista perché
servizi segreti e polizia avrebbero dovuto bloccare i volontari
desiderosi di farne parte? Senza dimenticare l’imperdonabile leggerezza
di affidare lo sviluppo delle banlieue alle sinecure di un fondo
finanziato da Doha. Regalando così il naturale terreno di coltura per
terroristi ad un volenteroso «giardiniere» già impegnato a finanziare e
far crescere i militanti dello Stato Islamico.
Ma
i servizi segreti d’oltralpe c’hanno messo un bel po’ anche a capire
che dietro la rapida espansione dei gruppi alqaidisti in Mali, dove
Hollande ha combattuto la sua prima guerra, c’erano i dollari dei
missionari islamisti qatarini arrivati sul posto ben prima dei militari
francesi.
Parigi, del resto, preferiva illudersi che la generosità di un Qatar
pronto ad investire nel lusso degli Champs Elysees, a pompar miliardi
nella squadra del Paris Saint-Germain e a mandare i propri imam per
«rieducare» i giovani galeotti delle banlieue fossero semplicemente il
rendiconto per avergli «regalato» i campionati del mondo di calcio del
2022.
Grazie a queste illusioni e a tante contaminazioni
politico-finanziarie un piccolo emirato legato all’islam più fanatico,
violento e antidemocratico ha contribuito a trasformare la Francia in un
purulento verminaio dove apprendisti terroristi pluri-inquisiti, come
Coulibaly, venivano scambiati per bravi ragazzi e accolti all’Eliseo da
Sarkozy.
Ma ora tornare indietro non è facile. Perché se tutti sanno che 1300
sono i jihadisti francesi andati a combattere in Siria nessuno sa,
invece, quanti siano quelli rimasti a minacciare la Francia dal suo
interno.
Foto AFPdi Gian Micalessin da Il Giornale del 12 gennaio 2015
fonte: http://www.analisidifesa.it
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