Mai riscatto fu pagato ad alcuna organizzazione terroristica. L'Italia è generosa in 'aiuti umanitari mirati'
Che strano mondo. Tutti credevano di sapere che l’Italia pagava da sempre i riscatti per salvare la vita ai suoi sequestrati e ora ci dicono che siamo in malafede: le due cooperanti d’avventura sono libere per bontà d’animo dei sequestratori. Quasi quasi da mandargli un ‘aiuto’ come premio bontà
Strano mondo, torno a ripetere. Una vita di frontiera tra
sequestri e segreti e riscatti pagati dello Stato. Credevamo. Credevo di
sapere -ad esempio- che un milione di dollari in banconote usate di
taglio misto pesava circa 20 chili e occupava tutto uno zaino. Credevo
di sapere di banditi che dall’Iraq alla Siria, passando per la Libia,
sequestravano italiani per avere soldi, e ora scopro fossero dei
semplici bontemponi che offrivano rudi vacanze gratis. Scoramento: ‘Caro
signor Ministro, con cui ci davamo del tu, ma chi ti ha scritto quegli
impapocchiamenti che hai letto in Parlamento?’.
Il Segreto di Stato si può difendere certamente meglio. Dell’italiota
‘dico e non dico’ ride il mondo. ’Siamo contrari al pagamento di
riscatti’: esiste qualcuno che invece è contento di farlo? ‘L’Italia in
tema di rapimenti si attiene a comportamenti condivisi a livello
internazionale, sulla linea dei governi precedenti’. Comportamenti
trattativisti o all’americana? Risposta non pervenuta. Governi
precedenti: allora siamo sicuri del pagamento. ‘Solo illazioni il
presunto pagamento’ dice il ministro. Forse i 12 milioni detti da alcuno
sono davvero troppi. Se scendiamo attorno ai 5 va meglio?
A memoria del ministro. Stati Uniti e Regno Unito si dichiarano tra i
pochi Paesi al mondo che non pagano riscatti ma tentano azioni militari
per liberare gli ostaggi. Nella gran parte dei Paesi europei le cose
vanno molto diversamente, scrive il New York Times. «Gli americani ci
hanno detto un sacco di volte di non pagare riscatti. E noi abbiamo
risposto che non li vogliamo pagare (come detto da Gentiloni NdR), ma
non possiamo lasciar morire i nostri cittadini», ha raccontato un
ambasciatore europeo. Ovviamente non si tratta mai di ‘riscatti’ -vero
ministro?- ma di generosi ‘aiuti umanitari’.
Secondo i calcoli del giornalista americano Callimachi sul NYT,
‘donazioni’ simili hanno fruttato alla rete di al Qaida almeno 165
milioni di dollari in cinque anni, più di 60 soltanto nel 2013. A pagare
di più sono stati i francesi, che hanno subito il numero maggiore di
rapimenti. Diciassette cittadini francesi e un totale di 58 milioni di
dollari sono stati pagati in riscatti. 10 persone liberate, 5 uccise.
Tra i Paesi europei, la Svizzera ha pagato 14 milioni in riscatti,
seguita dalla Spagna con circa 10. Anche l’Italia avrebbe pagato
all’organizzazione, anche se non quanti Francia e Spagna.
Secondo diversi organi di stampa, i casi di Simona Pari e Simona
Torretta (2004), Giuliana Sgrena (2005), Clementina Cantoni (Afghanistan
2005), Rossella Urru e Mariasandra Mariani (2011) si sarebbero tutti
conclusi con il pagamento di un riscatto. Ovviamente, non ‘riscatti’ e,
ovviamente non ad Al Qaeda, direttamente. Anche il modo con cui i
rapitori approcciano chi deve pagare il riscatto è collaudato. Prima una
lunga fase di silenzio per creare panico. A quel punto c’è la
telefonata, poi video di sollecito a rilanciare l’attenzione. Poi
qualcuno paga. Ma mai un riscatto, parola di ministro.
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