Provocare per smuovere le
coscienze rincoglionite da un buonismo che ha fatto avanzare i fanatici.
Provocare come arma per stanare i fondamentalisti. Del resto
un’istituzione forte non dovrebbe essere intimorita da nessuna vignetta
Quelle parole di Bergoglio
– La dichiarazione di Papa Francesco in aereo, mentre volava dallo Sri
Lanka alle Filippine, sulla satira e gli insulti alle religioni ha fatto
il giro del mondo in poco tempo. Il Santo padre ha ribadito
l’importanza della libertà d’espressione, ma nello stesso tempo ha
ricordato che questo non include il diritto all’offesa. Bergoglio ha
parlato di un tema molto importante con il suo solito linguaggio
colloquiale: «È vero che non si può reagire violentemente, ma se il
dottor Gasbarri (è l’organizzatore dei viaggi papali e gli stava
accanto), che è un amico, dice una parolaccia contro la mia mamma, lo
aspetta un pugno! Ma è normale! Non si può provocare. Non si può
insultare la fede degli altri. Non si può prendere in giro la fede».
Mentre Parigi prova a rialzarsi dagli attacchi dei fondamentalisti
islamici e il Belgio sventa un possibile attacco terroristico, il Papa
volta pagina e dopo il momento del cordoglio delle vittime è iniziato
quello della riflessione. Anche se la prima copia dopo l’attentato di
“Charlie Hebdo” sta andando a ruba in tutta Europa, il giornale satirico
non è ben visto da molti.
Quel clima di solidarietà concluso già nelle prime file della marcia
– Diversi politici che sfilavano nella marcia repubblicana di domenica a
Parigi, infatti, non sono grandi “amici” della libertà d’espressione.
C’erano il ministro degli Esteri russo Lavrov, il premier ungherese
Viktor Orbán, il premier turco Davutoglu, il presidente del Gabon Ali
Bongo. Tutta gente che non ha un bel rapporto con la stampa ed è incline
a un sistema poco democratico. #PauvreCharlie è stato l’hashtag
promosso dalla reporter di “Le Monde”, Marion Van Renterghem, per
sottolineare l’imbarazzo di ospitare personaggi così discutibili a una
marcia molto importante. E pensare che il presidente Hollande non
avrebbe voluto, per non creare astio con i palestinesi, il Primo
ministro israeliano Benjamin Netanyahu, ovvero il rappresentante
dell’unico Paese democratico della zona mediorientale. Il clima di
solidarietà nei confronti di “Charlie Hebdo”, a quanto pare, si era già
concluso nelle prime file di quella straordinaria marcia. Mentre
cittadine e cittadini mostrano il proprio appoggio al giornale
acquistandolo o abbonandosi, iniziano a fioccare i primi “si, ma…” sulla
vicenda.
“Provocare” per stanare i fondamentalisti - Molti
hanno già dimenticato che quell’attacco contro “Charlie Hebdo” è
qualcosa di più grande. Si tratta del voler zittire chiunque “offenda”
il profeta Maometto e il credo dell’Islam. Un bel calcio in culo alla
laicità che dovrebbe essere il valore principale dell’Europa. Parlare di
laicità non vuol dire negare le radici giudaico-cristiane del vecchio
continente. Sarebbe un’assurdità storica non riconoscerle. Però
rispolverando le nostre radici è possibile difendere il concetto di
laicità e quello di libertà di espressione. Il Papa ha detto che «non si
può provocare». Forse è vero. Il rispetto per le religioni è qualcosa
di cui non possiamo fare a meno. È una questione di civiltà, ma quando
quel credo religioso mina la nostra libertà, i pilastri del mondo in cui
siamo cresciuti e vuole ridurre le donne a meri soprammobili da
utilizzare, a giorni alterni, come bombe umane, allora serve provocare, è
fondamentale provocare per smuovere le coscienze rincoglionite da un
buonismo che ha fatto crescere soltanto i fanatici e la loro bestialità.
Noi europei dobbiamo difendere i nostri valori e per farlo non possiamo
rinunciare alla laicità, che è messa in discussione dall’oscurantismo
degli islamisti. “Charlie Hebdo” deve continuare a fare ciò che vuole,
perché un’istituzione forte non può avere paura della satira.
Valerio Morabito - 16 gennaio 2015
fonte: http://www.pickline.it
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