“Real
shit”. Purtroppo per i lettori ha una sola traduzione: vera merda. E la
vende – tecnicamente -Eataly, il supermercato di lusso fondato da Oscar
Farinetti, il geniale imprenditore di rigoroso culto renziano. O forse è
Matteo ad essere di credo farinettiano, fatto sta che Oscar ormai è il
gran custode della cucina democratica.
Spieghiamoci meglio: nel grande magazzino vengono vendute un sacco di prelibatezze, un capodanno di gusti per le nostre pance. Ma tra le scatole e i barattoli in esposizione c’è una latta particolarmente originale. Un prodotto geniale e un po’ situazionista, non privo di ironia. “Real shit”, appunto. Settecentocinquanta grammi di “letame organico di prima qualità”, assicura con soddisfazione l’etichetta del prodotto. Roba di qualità, come nella tradizione della catena di negozi. Insomma, è un po’ come se fosse la Ferrari della… ci siamo capiti, di quella roba lì… Quasi un chilo di purissimo concime di campagna con cui coltivare le piante sul balcone o il proprio orto urbano. L’apoteosi del radical chicchismo. Venduto a caro prezzo, soprattutto in relazione al prodotto che, come abbiamo già ampiamente detto, è quella roba lì. Alla quale non siamo soliti attribuire un prezzo, ché altrimenti saremmo tutti ricchi. A esclusione di chi soffre di stipsi.
Spieghiamoci meglio: nel grande magazzino vengono vendute un sacco di prelibatezze, un capodanno di gusti per le nostre pance. Ma tra le scatole e i barattoli in esposizione c’è una latta particolarmente originale. Un prodotto geniale e un po’ situazionista, non privo di ironia. “Real shit”, appunto. Settecentocinquanta grammi di “letame organico di prima qualità”, assicura con soddisfazione l’etichetta del prodotto. Roba di qualità, come nella tradizione della catena di negozi. Insomma, è un po’ come se fosse la Ferrari della… ci siamo capiti, di quella roba lì… Quasi un chilo di purissimo concime di campagna con cui coltivare le piante sul balcone o il proprio orto urbano. L’apoteosi del radical chicchismo. Venduto a caro prezzo, soprattutto in relazione al prodotto che, come abbiamo già ampiamente detto, è quella roba lì. Alla quale non siamo soliti attribuire un prezzo, ché altrimenti saremmo tutti ricchi. A esclusione di chi soffre di stipsi.
Otto euro e novanta centesimi. Precisi. Ecco il prezzo della fatica –
è il caso di dirlo -, di mucche e galline (sono loro le autrici della
mercanzia). Per sicurezza abbiamo telefonato al centralino di Eataly,
per sincerarci che non si trattasse di uno scherzo. Una gentilissima
inserviente ci ha risposto e ha soddisfatto tutte le nostre domande.
“Scusi, volevo un’informazione: avete ancora delle confezioni di Real
Shit?”. Qualche secondo di imbarazzato silenzio all’altro capo della
cornetta e poi: “Ah, sì ho capito. Aspetti che chiedo”. La signorina
chiama un collega e gli spiega la situazione, lui serafico: “Ah sì
certo, sono quei barattoli sullo scaffale vicino al bagno”. E dove altro
potevano essere? Diabolica psicologia del marketing. O forse una caso
del destino. O dell’intestino. Meglio non indagare. D’altronde non
potevano certo metterla vicino alle conserve, al netto delle citazioni
pasoliniane. Una provvidenziale musica (non quella dello sciacquone)
interrompe le risate e mette in attesa la telefonata. Poi ricompare la
centralinista: “Ne abbiamo ancora, passi quando vuole”. Eh beh certo,
quello è un mercato che non conosce crisi. Col massimo rispetto per gli
stitici, s’intende.
Non è la prima volta che gli escrementi, invece che scendere nei tubi
delle fogne, salgono alla ribalta. Piero Manzoni, ben più esoso di
Farinetti, li inscatolò e li trasformò in opere d’arte vendute
originariamente al prezzo di 30 grammi d’oro. Poi il mercato ha fatto il
resto e uno di questi esemplari è stato messo all’incanto da Sotheby’s
per 124mila euro. Quindi, portafogli alla mano, l’offerta di Eataly è
molto vantaggiosa. Il sito della ditta che produce Real Shit – che non ha nulla a che fare con Farinetti, il quale si limita a distribuirla – è un piccolo capolavoro.
Il fondatore racconta così, sulla pagina ufficiale della sua azienda,
l’inizio del suo sforzo imprenditoriale: “Un giorno mi sono svegliato e
ho realizzato: la mia vita è una merda. Abiti in un appartamento di
merda, nel quartiere più merdoso di una città di merda, mi ricordò una
vocina nella mia testa. Quella mattina ho capito due cose: avevo un
disperato bisogno di cambiar vita ed era evidente che avessi un
particolare talento per la merda”. Non c’è nulla da dire: un’ottima idea
per uscire da questo periodo – economicamente parlando – non certo
avaro di questa materia di scarto.
Non solo: questo più che un barattolo sembra un po’ l’affresco di
questo momento storico in cui i peggiori intrugli ci vengono serviti
come pietanze prelibate. Ma c’è sempre il rischio che qualcuno li mandi a
c…
Francesco Maria Del Vigo.
http://blog.ilgiornale.it - 5 gennaio 2015
http://blog.ilgiornale.it - 5 gennaio 2015
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