da Il Mattino del 12 marzo 2017
Sul tema dell’immigrazione illegale in Italia due elementi emersi
negli ultimi giorni rischiano di scoraggiare le speranze di riuscire a
fornire risposte concrete che tutelino i nostri interessi nazionali. Il
primo è un dato oggettivo, reso noto dal Ministeri degli Interni e che
rivela come dall’inizio dell’anno al 5 marzo siano sbarcati in Italia
dalla Libia 15.844 migranti, il 74,09% in più rispetto ai 9.117 dello
stesso periodo dell’anno scorso
Ancora una volta sui tratta di persone, per lo più uomini adulti e in
buone condizioni fisiche che non fuggono da guerre o carestie e sono
benestanti per gli standard dei loro paesi di origine (Guinea, Nigeria,
Costa d’Avorio, Gambia, Senegal, Marocco, Malì, Sierra Leone e Camerun e
Bangladesh). Si tratta d migranti economici che non avrebbero alcun
titolo per essere accolti in Italia in base alla Convezione di Ginevra
sui Rifugiati, persone in gran parte da espellere anche secondo
l’agenzia europea Frontex e lo stesso governo italiano che pure continua
a consentire lo sbarco in Italia a chiunque paghi i trafficanti.
L’incremento dei flussi registrato nei primi 65 giorni del 2017 può
essere attribuito a diversi motivi: le buone condizioni del mare, forse
il timore dei trafficanti che presto Roma si decida a bloccare gli
accessi al territorio nazionale e infine un incremento degli immigrati
portati in Italia dalle imbarcazioni delle numerose organizzazioni non
governative che, a differenza di quelle militari, operano ormai a
ridosso se non all’interno delle acque territoriali libiche al punto che
la stessa Frontex ha raccomandato un’indagine sul loro operato
sospettando un’intesa, tacita o meno, con i trafficanti.
Il secondo elemento emerso recentemente riguarda la valutazione
espressa dal Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, secondo il quale
il problema dell’immigrazione illegale non lo risolve neppure Mago
Merlino e in Senato ha detto che l’obiettivo da perseguire è frenare “i
migranti in procinto di attraversare il mare” per “regolare i flussi”.
Dichiarazioni che hanno il sapore della resa incondizionata, che
certo incoraggeranno altri milioni di africani a partire e i trafficanti
a procurarsi altri gommoni e barconi per aumentare anche quest’anno gli
incassi che nel 2015 erano stimati da Europol in 6 miliardi di euro.
Che differenza con la comunicazione attuata negli anni scorsi dal
governo australiano che con la campagna “No way” e l’operazione
Sovereign Borders” (“confini sovrani”, termine che nell’Europa di oggi
rischia quasi di suonare reazionario) riporta nelle acque di partenza le
imbarcazioni di migranti illegali scoraggiandone i flussi e impedendo
migliaia di morti in mare.
Chiamare in causa Merlino o altri maghi, anche se come battuta,
scoraggia invece quegli italiani che si aspettano che la politica cerchi
e trovi soluzioni combattendo con determinazione l’illegalità per
stroncarla, non per frenarla o regolarla. Eppure non mancano opzioni
diverse dal consentire a tutte le navi militari e civili di qualunque
nazionalità di sbarcare in Italia gli immigrati illegali la cui
accoglienza genera un giro d’affari che quest’anno supererà i 4 miliardi
di euro. Proviamo a prenderne in esame alcune.
La Marina italiana e la flotta europea potrebbero attuare
“respingimenti assistiti”, raccogliendo in mare i migranti già nelle
acque libiche, evitando naufragi e migliaia di vittime ogni anno. Sulle
navi militari si potrebbero separare bambini soli e persone bisognose di
cure da trasportare in Italia (e poi rimpatriare esercitando pressioni
anche economiche sui paesi d’origine) da tutti gli altri da riportare
immediatamente sulle spiagge libiche.
Un’operazione da attuare impiegando mezzi da sbarco e scorta militare
con una nave da guerra a protezione di quel tratto di spiaggia. I
flussi cesserebbero nel giro di una settimana poiché nessuno pagherebbe
più i trafficanti sapendo che si ritroverà in Africa. Inoltre l’Onu
sarebbe obbligato a intervenire in Libia per rimpatriare i 400 mila
migranti che secondo le stime sono in attesa d imbarcarsi.
Il ministro degli Esteri, Angelino Alfano, ha ribadito che per
penetrare con le flotte nelle acque libiche occorre il via libera del
governo libico o dell’Onu. In realtà statunitensi, emiratini, egiziani e
algerini hanno condotto azioni belliche in Libia senza chiedere
permesso a nessuno e l’Italia ha tutto il diritto di “respingere al
mittente” le minacce provenienti da un territorio fuori controllo quale
la Libia.
Inoltre il ministro degli Interni Marco Minniti ha firmato un accordo
col premier libico riconosciuto, Fayez al-Sarraj, che ha poche speranze
di concretizzarsi anche quando avremo addestrato i 500 uomini della
Guardia costiera libica fornendo loro 10 motovedette. Al-Sarraj non
controlla neppure Tripoli e le milizie che lo sostengono sono in parte
le stesse che si arricchiscono con i traffici di esseri umani.
Inoltre i 500 marinai libici divisi in turni di 8 ore, e al netto di
un assenteismo endemico da quelle parti nell’impiego pubblico, potranno
garantire al massimo la presenza di un centinaio di uomini con poche
motovedette in mare per coprire centinaia di chilometri di costa e che
speriamo vengano usate contro i trafficanti e non per catturare i
pescherecci di Mazara del Vallo in acque internazionali.
Perché allora non subordinare il sostegno di Roma ad al-Sarraj al via
libera di quest’ultimo ai respingimenti dei migranti illegali? Certo
varare i “respingimenti assistiti” richiederebbe coraggio e
determinazione politica “all’australiana” ma vi sono anche opzioni più
“morbide”.
Il diritto internazionale obbliga a soccorrere in mare gli immigrati
illegali e a sbarcarli nel “porto sicuro più vicino” …. che non è mai
stato un porto italiano!
I porti maltesi e tunisini sono molto più vicini ma La Valletta, pur
se membro della Ue, non ha mai accolto migranti che turberebbero la
“vocazione turistica” della sua economia e Tunisi non vuole saperne
perché teme restino poi all’interno dei suoi confini.
Convincere la Tunisia, anche con aiuti finanziari, ad accettare che i
migranti vengano sbarcati nei suoi porti e poi rimpatriati dall’Onu
(come accadde nel 2011 per un milione di lavoratori stranieri in fuga
dalla guerra civile libica) determinerebbe la fine dei flussi illegali
perchè nessuno acquisterebbe dai trafficanti un “biglietto” per Tunisi.
Non mancano quindi soluzioni diverse dal subire i “diktat” di chi si
arricchisce (su entrambe le sponde del Mediterraneo) con i traffici
migratori ma occorre che la politica si assuma le sue responsabilità
invece di appellarsi ai maghi.
Gianandrea Gaiani - 13 marzo 2017
fonte: http://www.analisidifesa.it
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