L’esercito di cheerleaders di Matteo, che sono la cosa
più stucchevole e fastidiosa (come sempre lo è la stupidità umana) del
renzismo, si è scatenato sui social network a difendere il proprio
leader Matteo Renzi messo in crisi dai dati reali
sull’economia italiani forniti dall’Istat. Una doccia fredda evidente,
perchè quei dati dicono che con Renzi ancora una volta la pressione
fiscale in Italia è salita, e nell’ultimo trimestre 2014 è arrivata
addirittura al 50,3%. Ma come è possibile, hanno cinguettato subito le e
gli cheerleaders renziani, noi abbiamo dato 80 euro al mese agli
italiani!
Il
ritornello sugli 80 euro non è particolarmente nuovo, ma quando i dati
reali ti mettono spalle al muro fa sempre comodo fischiettarlo. Certo
che Renzi ha dato 80 euro ad alcuni italiani (a circa uno su cinque). Ma
quel gesto non è una riduzione di tasse. E’ una regalìa, una
sovvenzione sociale per altro nemmeno data a chi ne aveva più bisogno.
E’ stata inventata prima delle elezioni europee come la famosa scarpa di
Achille Lauro data ai napoletani prima del voto, con
la promessa dell’altra solo una volta fosse stato eletto. Renzi ha fatto
più o meno così: ha promesso che quella regalìa sarebbe divenuta
permanente e sarebbe stata allargata ad altre categorie. Si è preso i
voti alle europee, e dopo ha mantenuto solo parzialmente le promesse: la
scarpa è arrivata per fae il paio solo a una parte di quelli che erano
stati abbindolati prima dell’urna.
Gli 80 euro di Renzi sono sotto il profilo economico più sostanziosi, ma identici alla social card inventata nel 2008 da Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti
e tanto criticata anche dagli attuali cheerleaders di regime. Con la
social card andavano 40 euro al mese solo ai poverissimi: la cifra era
la metà di quella di Renzi, e la platea molto più ristretta. Però erano
quelli che avevano più bisogno, e la filosofia era la stessa: una
sovvenzione di Stato, un contributo sociale. Non uno sconto fiscale: gli
80 euro non sono tasse tolte, ma un contributo dato dal governo solo a
qualcuno per i suoi buoni motivi.
Il
sistema fiscale italiano è progressivo, e questa caratteristica è
sempre stata una bandiera della sinistra. Tanto è che le attuali cinque
aliquote Irpef portano la firma di Vincenzo Visco e dell’ultimo governo di Romano Prodi.
L’unico modo possibile per ridurre la pressione fiscale è toccare
quelle aliquote verso il basso. Se lo si fa però il beneficio tocca
tutti i contribuenti. Ad esempio se si porta dal 22 al 20% l’aliquota
più bassa, sui redditi fino a 15 mila euro, dai 330 euro a tutti i
contribuenti italiani. Una somma che peserà di più su chi ha redditi
bassi e non conterà molto su chi guadagna ad esempio 240 mila euro. Ma
il beneficio deve riguardare tutti, altrimenti non è uno sconto fiscale.
Il sistema progressivo è stato pensato dalla sinistra per tassare i
ricchi più dei poveri. Va bene quando le tasse le devi mettere, non
quando le devi togliere. Se tu tocchi le aliquote più basse, ne godranno
anche quelli che guadagnano di più. Viceversa se tocchi le aliquote
alte, il beneficio va solo ai ricchi. La vocazione della sinistra è
sempre stata quella di mettere tasse “che sono bellissime”. Non quella
di toglierle: non avevano mai pensato a una possibilità simile. Così
anche Renzi è stato messo spalle al muro: con lui gli italiani pagano
più tasse e un quinto di loro riceve in compensazione un sussidio
mensile da 80 euro. Risultato: l’Italia allarga la spesa pubblica
mettendosi in cattiva luce con le regole Ue, e le tasse aumentano. Con
buona pace dei o delle cheerleaders…
3 aprile 2015
fonte: http://limbeccata.it
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