NEW DELHI. Nuovo capitolo nella vicenda dei marò. Questa volta proprio su iniziativa di due fucilieri di Marina: Massimiliano Latorre e Salvatore Girone hanno chiesto formalmente alla Corte Suprema indiana di allontanare da loro qualsiasi equivoco che l'incidente in cui sono rimasti coinvolti due anni fa, con la morte di due pescatori, possa essere trattato come un caso di terrorismo.
Giovedì, due marò hanno presentato ai giudici del massimo tribunale indiano, che sta esaminando un ricorso italiano, una 'petition' (istanza) in cui si oppongono fermamente all'utilizzazione della polizia antiterrorismo Nia per le indagini sul loro caso.
Sul piano diplomatico, invece, il ministro degli Esteri Federica Mogherini ha chiamato il collega indiano Salman Khurshid perché - ha spiegato - "stiamo facendo il possibile per fermare il processo in India di cui non riconosciamo la giurisdizione".
La richiesta dei fucilieri riguarda un documento di una cinquantina di pagine che è stato preparato col sostegno dell'equipe di legali italiani che li assiste da due anni. In esso si sostiene che per la sua natura di polizia antiterrorismo, la National Investigation Agency (Nia) non può agire senza la presenza di specifiche leggi speciali, come il Sua Act, per la repressione della pirateria. L'iniziativa, si sottolinea, è stata presa dagli stessi Fucilieri e non dallo Stato italiano. Che, con il ritiro "per consultazioni" dell'ambasciatore in India, Daniele Mancini, e con l'inizio di una fase di internazionalizzazione della crisi, ha deciso di "congelare" il proprio sostegno ad un processo che continua ad avanzare lentamente e fra equivoci, come quello della polizia anti-terrorismo.
In questa chiave va valutata anche la decisione dell'inviato del governo, Staffan de Mistura, di non tornare per il momento a New Delhi né per contatti diplomatici, né per assistere alle sedute della Corte Suprema. E ieri la giornata è stata caratterizzata anche dalla prima telefonata che il ministro Mogherini ha fatto al suo collega indiano Salman Khurshid (considerato, va detto, una 'colomba' fra i ministri di Delhi implicati nel caso).
"Ho parlato ora con Khurshid - ha riferito la titolare della Farnesina in un tweet - e stiamo lavorando per riportarli a casa".
Fonti consultate dall'Ansa hanno indicato che "è stata la telefonata di un nuovo ministro al suo interlocutore principale in India", per un colloquio "utile e franco".
Nel corso dell'ultima udienza in Corte Suprema il 24 febbraio scorso, il procuratore generale indiano, G.E. Vahanvati, aveva annunciato che il governo di Delhi rinunciava all'uso del Sua Act per incriminare i militari italiani, chiedendo però ai giudici di mantenere la Nia come soggetto delle indagini e responsabile della stesura dei capi d'accusa. Argomento a cui si è subito opposto quel giorno con forza il legale di Latorre e Girone, Mukul Rohatgi.
Preso atto della inconciliabilità delle posizioni la Corte ha aggiornato l'udienza senza fissare una data, in attesa che prima la difesa dei marò e poi la Procura presentassero proprie memorie sostenendo giuridicamente le rispettive posizioni. I giudici della sala n.4, presieduta da S.E. Chauhan, attendono ora la mossa e il documento che il procuratore Vahanvati ha facoltà di presentare "entro una settimana" per confortare la tesi che, sotto le direttive della Corte, la Nia ha possibilità di operare. Pur, va detto, non avendolo mai fatto dalla sua nascita dopo gli attentati di Mumbai del 2008. Se questo avverrà nei tempi stimati, una decisione del massimo tribunale indiano potrebbe arrivare verso il 20 marzo.
fonte: America Oggi - 8.3.2014
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