A “Fuori dal Mondo” avevamo deciso di
concentrare l’analisi sull’azzardo del Cremlino nell’affare di Ucraina,
ma è forse il caso di procedere, antecedentemente, con una panoramica
della propensione globale alla vicenda principale di questi ultimi
giorni. I due punti di riflessione in realtà non sono affatto disgiunti,
dal momento che un policy maker di respiro internazionale come il
Presidente della Federazione Russa è cosciente di come un’azione di
Mosca debba tenere conto di ogni variabile estera, specie nel principio
di un “azzardo”, come è stato definito da molti l’inclinazione russa
verso il suo vicino occidentale. Che si possa sovrastimare o
sottovalutare (come qui si pensa) la contro-risposta internazionale,
almeno nel breve periodo, è una variabile imprescindibile per valutare
l’effettiva portata dell’azione di uno stato nei confronti di un’altra
realtà politica, seppure friabile. Valutare quindi l’impatto
internazionale dell’azione russa potrà sicuramente dirci di più sulla
lungimiranza, o tragica miopia, della “visione da scacchiera” di
Vladimir Vladimirovich Putin.
La
storia insegna e la Russia, di storia, ne conosce molta. Tirare l’acqua
al proprio mulino è chiaramente un esercizio che appartiene ai maggiori
“makers” dello scenario internazionale, Stati Uniti in primis, ma i
russi hanno un particolare “expertise” da questo punto di vista, un
trascorso esperienziale che è venuto in aiuto (sarà veramente tale?) dei
pianificatori strategici del Cremlino agli albori della decisione
dell’operazione in Crimea, e ora non più solo nella Penisola (peraltro
da sempre a maggioranza russa, non solo russofona).
Così sarà spontaneamente tornata alla
memoria del Cremlino l’imbarazzante e stampellata reazione del “fronte
occidentale” alle ultime vicende internazionali, dalla Libia a
soprattutto la Siria, dove lo scoramento francese e lo stop britannico
hanno forse salvato Obama e gli USA dall’impiccio peggiore che sarebbe
potuto svilupparsi. Applicarlo anche al caso ucraino è un esercizio
tanto spontaneo quanto razionale nella sua genesi, almeno all’apparenza,
dal momento che se la Libia ha creato quel che ha creato, poiché gli
interessi in gioco erano solo pressochè regionali, mentre il quadro
internazionale avviluppato su Damasco ha impedito una definizione dei
problemi siriani per i troppi interessi globali in gioco, in particolare
quelli russi.
Se l’America non è esente da ipocrisie e
la frase di Obama: “Putin sta dal lato sbagliato della storia” (qual è
quello giusto?) non è proprio il massimo in termini di pragmatica
efficienza estera, quale può essere il freno all’azione moscovita in
Ucraina in assenza, così credono i quadri militari e d’analisi, di una
risposta compatta da parte della NATO, dagli USA e, ancor meno
probabile, dall’Unione europea, certamente non una forte opposizione.
Ma
sarà poi vero? Non sarà forse invece una situazione diversa da quella
libica e non sarà forse un caso in cui Putin arriva consumato dalla sua
performance in Siria, legato a un rispetto della sovranità (del tutto di
comodo) che potrebbe ritornargli contro in Ucraina, visto che la
protezione della popolazione russa o russofona appare del tutto
pretestuoso, dal momento che, almeno in Crimea, la parola della Russia è
legge, da Sebastopoli a Sinferopoli?
Alcune considerazioni in merito si
possono già compiere valutando la propensione globale sul caso della
Crimea, del destino dell’Ucraina e dell’azione russa. In molti casi si
verificano dinamiche ampiamente prevedibili e previste, dalla poca
coesione della (dis)Unione europea alle sterili lamentele degli Stati
Uniti, dalle ancor più sparute rimostranze della NATO e delle Nazioni
Unite, all’annunciato schieramento cinese a fianco, anzi, al retro,
della Russia, per non dare l’impressione di accodarsi alle lamentele
dell’Occidente e fare uno sgarbo, uno di più, all’amministrazione Obama.
Tuttavia si nota un forte, crescente
imbarazzo da parte di chi, come la Germania, si trova presa tra due
fuochi, da un lato quello politico istituzionale dell’Unione, dall’altro
quello economico strategico dei legami con l’orso moscovita. E non sono
gli unici tentennamenti, a dimostrazione che l’ “Affare Ucraina”
potrebbe risultare troppo grande, persino per Putin e, nella
fattispecie, inutile, come vedremo nel prossimo articolo. E poi ci sono
gli ovvi, immancabili e giustamente interessi connaturali in gioco ad
animare il gioco delle parti su cui conta Putin per poter agire
indisturbato nell’ennesima riedizione dell’epopea della potenza russa.
Qualcosa, però, potrebbe non andare per il verso prescelto dal Cremlino…
Restano
le impressioni internazionali da sottolineare. La Cina, come detto,
sostiene la decisione moscovita di aiutare la popolazione di origine
russa che popola la penisola e la parte est della nazione ucraina, anche
se questo stride e non poco contro il principio di non ingerenza che
anima non solo il governo di Pechino ma quel fiore all’occhiello dei
cinesi (e dei russi) che è la “Shangai Cooperation Organization”. Che
poi, a corollario di tale linea d’azione, ci sia anche l’acquisto di
100.000 ettari di terreno agricolo su suolo ucraino, proprio in faccia
all’orizzonte della penisola di Crimea, che potrebbero diventare
5.000.000 a scopo agricolo per ridurre l’annoso problema della “food
security” di Pechino, questo è un altro discorso. Rimane il forte
impaccio, ad ogni modo, di 3 miliardi di dollari di prestiti che, si
dice, la Cina vorrebbe ripagati in mais dal governo di Kiev; un accordo
sancito nel febbraio 2012 (in cambio l’Ucraina avrebbe concesso 3
milioni di tonnellate di mais alla Cina ogni anno) che avrebbe dovuto
permettere a Kiev di utilizzare i soldi cinesi sempre a scopo agricolo,
per il potenziamento degli impianti di irrigazione.
Il portavoce del governo cinese, che ha
ampiamente discusso con il ministro degli esteri russo Lavrov, ha
ripetutamente sostenuto che Pechino non si sognerebbe mai di tirare
fuori una questione di debito in questo frangente ma tant’è… (d’altronde
Gazprom stessa si dice molto preoccupata per i debiti di 2 miliardi di
Kiev nei confronti del governo russo per le forniture di gas arrivate da
tempo). E il gas è a farla da padroni, è chiaro, ma solo a livello
preliminare, e per l’analisi più superficiale della questione.
Mentre
Francia, Regno Unito e Stati Uniti si schierano fortemente per una
serie di sanzioni e per l’estromissione della Russia dal G8 (oltre che
all’ovvio boicottaggio di Sochi, di nuovo lei, sede del prossimo meeting
internazionale), Germania e Italia guardano con orrore a una visione di
questo tipo, seppur per motivi diversi. È vero che le possibili
ripercussioni in tema di esportazioni di gas russo passando per
l’Ucraina, in caso di cataclisma geopolitico, sarebbero molto gravi
soprattutto per il Nord Europa, visto che l’80% del gas russo passa per
l’Ucraina e l’Europa è per il 40% importatrice del gas moscovita, ma
l’approvvigionamento energetico conta fino a un certo punto.
L’incertezza della questione di Crimea, e
dell’Ucraina nel suo complesso, visto che la situazione a Donetsk e
Odessa sembra degenerare e assomigliare sempre più a quella di
Sinferopoli, pesa come per un macigno per gli accordi commerciali
stretti dallo stato di Kiev e alcuni grandi partner europei tra cui,
guarda caso, l’Italia, che con ENI ha siglato proprio il novembre scorso
un accordo di “producing sharing” per l’esplorazione “offshore” del Mar
Nero Ucraino. Gli accordi di questo tipo e la tradizionale simpatia tra
Roma
e Mosca sono molto più pressanti del gas moscovita, per fortuna
sostituibile dalla buona e consolidata struttura di diversificazione
energetica nazionale (che in passato ha dovuto sostenere preoccupazioni
ben peggiori). Politica e dialogo divengono quindi le armi della
diplomazia italiana, in verità le uniche che potremmo usare in questo
frangente, anche per liberarci dall’imbarazzante impaccio di dover di
nuovo prendere parte a uno scontro in cui si sommano interessi
contrapposti ma a noi molto amici (come in Libia).
La
posizione politica viene fortemente condivisa dalla Germania di Angela
Merkel, irritatissima per il forte imbarazzo provocatole dalla
perentoria decisione di Putin di voler procedere con il suo piano di
Crimea: le intese tra Berlino e Mosca sono sempre più forti, dal punto
di vista economico, con la Russia che è divenuto uno dei principali
mercati di esportazione di beni tedeschi e quanto detto dalla Merkel
circa il fatto che “Putin abbia perso i riferimenti della realtà” denota
una Germania scocciata e imbarazzata liaison con la Russia, tanto da
proporre, con una telefonata “Angela-Vladimir” una missione di verifica
in Ucraina sotto il controllo dell’OSCE per intraprendere un vero
dialogo politico sulla questione.
Quanta stizza nell’agire di Berlino,
molto evidente, tanto da lasciare pensare che, in una deprecabile resa
dei conti, Berlino sarebbe costretta a mandare il business all’aria e
sostenere le rimostranze occidentali nei confronti del ricco partner
moscovita. Qualcuno, ad ogni modo, dovrebbe spiegare alla Cancelliere di
ferro del nuovo millennio che gli incontri tra Lavrov e il ministro
degli esteri tedesco Steinmeir, a margine della conferenza sui diritti
umani delle Nazioni Unite a Ginevra (che ironia), possono dare
un’immagine non proprio cristallina dell’operato tedesco, visto che
Steinmeir è uno dei maggiori sostenitori della non esclusione della
Russia dal G8, oltre che essere il protetto dell’ex Cancelliere
Schroeder, amicissimo di Putin e grande fautore del progetto “Nord
Stream” per il trasporto tramite pipeline del gas naturale russo sul suolo tedesco.
Tutti
questi fatti avvengono nel momento in cui viene smentito l’ultimatum
alle forze ucraine diffuso in maniera improvvida dall’agenzia russa
Itar-tass, mentre il Consiglio straordinario degli Esteri UE ha
condannato la Russia e chiesto il ritiro immediato, non senza che il
Presidente del Consiglio Europeo, Van Rompuy abbia convocato per giovedì
un vertice straordinario con un obiettivo solo “de-escalation”.
Sarà molto arduo ottenere ciò (molto
dipenderà anche dalla visita del Segretario di Stato Kerry, oggi a
Kiev), ma è certo che la Russia inizi a muoversi un po’ troppo
indipendentemente dalle proprie, seppur grosse, zampe d’orso, con la
convinzione che tutto andrà come in Georgia o, per altri aspetti, come
in Siria.
Già la Georgia, motivo di ulteriore
imbarazzo per Berlino verso l’amico moscovita, dal momento che la
Germania e l’allora non più cancelliere Schroeder in particolare, furono
i più strenui sostenitori della reazione russa allo sciagurato attacco
georgiano. Come agire adesso? Tornano a mente le parole di Putin, nel
suo celebre op-ed sul New York Times circa la Siria, sulla necessità di
utilizzare il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per dirimere le
controversie internazionali e il caos (quello globale, non quello
nell’accezione russa): che Vladimir possa scivolare sulle sue stesse
parole e fregare agli americani la palma dell’incoerente parolaio? Sono
errori che, alla lunga, si pagano (intanto le borse di tutta Europa,
compresa quella russa, sono in picchiata), soprattutto quando si è
passato oltremodo una vita a dire agli americani di “farsi gli affari
propri”.
Chiudiamo con la notizia per cui pare
che la presenza russa in Ucraina sia stata richiesta da una lettera di
pugno da parte di Yanukovich, il presidente senza stato deposto e ora in
Russia a perorare la propria causa. I russi, per la verità molto
infastiditi per il fallimento dell’uomo su cui avevano puntato molto,
costringendoli (vedremo) a muoversi, pensano che una giustificazione di
Yanukovich li liberi dal fardello morale di essere in Ucraina. Qui si
ritiene invece che tale costrutto renda la faccenda non solo più
contorta ma anche tendenzialmente fragile nelle mani artigliate
dell’orso russo: proteggere i russi o assecondare le richieste di un
presidente deposto? (a prescindere dalle notazioni di merito
sull’operato di Yanukovich alla guida, democraticamente eletto nel 2010,
del paese).
E’ un’ardua sentenza alla quale la
Russia cerca forse risposta. Purtroppo per Putin, questa volta, quasi
sicuramente, arriveranno altre risposte oltre alla sua, perché il
quesito è troppo grande. Vedremo nel prossimo numero (e nelle prossime
ore) se per Mosca ne varrà la pena.
fonte : Italia Post
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