Marsonet femminista: sull'altra metà del cielo nessuna differenza tra emirati, sultanati e fondamentalismi
Non solo Isis e Califfato che le schiavizza ma l’Arabia Saudita
che le processa per ‘terrorismo’ per aver guidato un auto. Le donne e
l’Islam, la condizione generale, le poche eccezioni e la sospetta
‘distrazione’ del femminismo occidentale. Invito alle Femen per Riad
invece di piazza San Pietro
E’ strano constatare come i movimenti femministi occidentali,
così attenti alla condizione delle donne e così solerti nella difesa dei
loro sacrosanti diritti, risultino piuttosto silenti quando si parla
della situazione dell’altra metà del cielo nel mondo islamico.
Non si tratta solo del califfato e dell’Isis, che pratica la conversione forzata e lo schiavismo delle non musulmane, e impone la totale sottomissione delle loro stesse correligionarie.
Si è appena appreso che due donne saudite verranno processate con l’accusa di “terrorismo” semplicemente per aver osato guidare un’automobile. In Arabia Saudita la guida è riservata ai maschi, anche se per noi è difficile capirne il motivo.
Non paghe di essersi messe al volante, le due sventurate hanno per di più diffuso in rete le immagini della “impresa” compiuta, e ciò ha reso ancora più difficile la loro già tragica situazione. I tribunali locali non scherzano e, in casi come questi, sono sotto il controllo della “polizia religiosa” (difficile da credere, ma esiste davvero).
Una prima e innocente domanda. Perché le celebri contestatrici ucraine Femen, invece di rubare la statua di Gesù Bambino nel presepio di San Pietro, non vanno invece a Riad a protestare contro le autorità saudite che impediscono alle donne di guidare?
Risposta facile. Perché da noi sono popolari e adorate dai mass media, mentre in Arabia Saudita probabilmente non arriverebbero e, nel caso, non ne uscirebbero indenni. E allora viene spontaneo pensare che le suddette Femen non sono affatto serie a dispetto della loro popolarità.
Tuttavia il discorso non riguarda soltanto califfato e Arabia Saudita, ma in pratica l’intero mondo islamico. Solo in Tunisia, con la recente vittoria del partito laico, le donne hanno recuperato i diritti perduti. E in Egitto i militari – per ora – garantiscono pari trattamento a uomini e donne.
Altrove è un disastro. Non vi sono al riguardo molte differenze tra l’atteggiamento dei vari emirati e sultanati della penisola arabica e quello di movimenti più o meno fondamentalisti come Fratelli Musulmani, Hamas e Talebani. Può cambiare qualche nota, ma lo spartito è il medesimo.
Né si deve trascurare il fatto che l’immigrazione di massa nell’Europa occidentale ha dato vita a vaste sacche nelle quali, nei confronti delle donne, viene praticata la stessa politica. Caso emblematico è il Regno Unito.
Con l’eliminazione dei dittatori “laici” come Saddam Hussein e Gheddafi, che non discriminavano in base al genere, la situazione delle donne è peggiorata nettamente. E senza dubbio accadrebbe in ciò che resta della Siria qualora fosse eliminato pure Assad.
Non sono, tuttavia, solo i movimenti femministi a essere piuttosto assenti. Sbaglierò, ma talvolta mi sembra di percepire anche nella sinistra una certa “tenerezza” nei confronti del fondamentalismo islamico.
Per chi scrive è difficile capire perché. Forse, nel caso palestinese, il ricordo di Arafat, senza capire che Hamas è ben altra cosa? Solo un’ipotesi la mia. Resta comunque il mistero della questione femminile così viva in Occidente e ignorata (o quasi) quando si passa al mondo islamico.
Non si tratta solo del califfato e dell’Isis, che pratica la conversione forzata e lo schiavismo delle non musulmane, e impone la totale sottomissione delle loro stesse correligionarie.
Si è appena appreso che due donne saudite verranno processate con l’accusa di “terrorismo” semplicemente per aver osato guidare un’automobile. In Arabia Saudita la guida è riservata ai maschi, anche se per noi è difficile capirne il motivo.
Non paghe di essersi messe al volante, le due sventurate hanno per di più diffuso in rete le immagini della “impresa” compiuta, e ciò ha reso ancora più difficile la loro già tragica situazione. I tribunali locali non scherzano e, in casi come questi, sono sotto il controllo della “polizia religiosa” (difficile da credere, ma esiste davvero).
Una prima e innocente domanda. Perché le celebri contestatrici ucraine Femen, invece di rubare la statua di Gesù Bambino nel presepio di San Pietro, non vanno invece a Riad a protestare contro le autorità saudite che impediscono alle donne di guidare?
Risposta facile. Perché da noi sono popolari e adorate dai mass media, mentre in Arabia Saudita probabilmente non arriverebbero e, nel caso, non ne uscirebbero indenni. E allora viene spontaneo pensare che le suddette Femen non sono affatto serie a dispetto della loro popolarità.
Tuttavia il discorso non riguarda soltanto califfato e Arabia Saudita, ma in pratica l’intero mondo islamico. Solo in Tunisia, con la recente vittoria del partito laico, le donne hanno recuperato i diritti perduti. E in Egitto i militari – per ora – garantiscono pari trattamento a uomini e donne.
Altrove è un disastro. Non vi sono al riguardo molte differenze tra l’atteggiamento dei vari emirati e sultanati della penisola arabica e quello di movimenti più o meno fondamentalisti come Fratelli Musulmani, Hamas e Talebani. Può cambiare qualche nota, ma lo spartito è il medesimo.
Né si deve trascurare il fatto che l’immigrazione di massa nell’Europa occidentale ha dato vita a vaste sacche nelle quali, nei confronti delle donne, viene praticata la stessa politica. Caso emblematico è il Regno Unito.
Con l’eliminazione dei dittatori “laici” come Saddam Hussein e Gheddafi, che non discriminavano in base al genere, la situazione delle donne è peggiorata nettamente. E senza dubbio accadrebbe in ciò che resta della Siria qualora fosse eliminato pure Assad.
Non sono, tuttavia, solo i movimenti femministi a essere piuttosto assenti. Sbaglierò, ma talvolta mi sembra di percepire anche nella sinistra una certa “tenerezza” nei confronti del fondamentalismo islamico.
Per chi scrive è difficile capire perché. Forse, nel caso palestinese, il ricordo di Arafat, senza capire che Hamas è ben altra cosa? Solo un’ipotesi la mia. Resta comunque il mistero della questione femminile così viva in Occidente e ignorata (o quasi) quando si passa al mondo islamico.
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