- Renzi e i marò, l’Italia a un passo dalla resa.
- ”Vi spiego perchè i marò sono innocenti”.
RENZI E I MARO’, L’ITALIA A UN PASSO DALLA RESA
A parole sono tutti arrabbiati con
l’India per l’ennesimo schiaffo rifilatoci nella vicenda dei marò,
Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, ai quali la Corte Suprema ha
negato rispettivamente una licenza natalizia in Italia e il
prolungamento della convalescenza.
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano,
ha tirato le orecchie alle autorità di Nuova Delhi per la promessa mai
mantenuta di trovare una soluzione rapida alla crisi. Anche il cardinale
Angelo Bagnasco non risparmia le critiche a Delhi. “Le situazioni sono
complicate e complesse ma tre anni sono molti. Si presume che non ci sia
molta disponibilità da parte di chi dovrebbe dimostrarla. E non parlo
del nostro governo” ha detto l’alto prelato.
Il presidente della commissione Difesa del Senato, Nicola Latorre (Pd)
punta a trovare una soluzione che consenta a Massimiliano Latorre di
restare in Italia senza, con questo gesto, creare problemi a Girone che
si trova ancora a Delhi. Il problema non è di poco conto ma dopo che il
Ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ha dichiarato che il marò
Latorre non tornerà in India, perché deve essere sottoposto a un
intervento chirurgico, a Roma temono “rappresaglie” e pressioni indiane.
Timore giustificato considerato che già nel 2012 il governo Monti
annunciò che i due militari non sarebbero rientrati in India salvo poi
riconsegnarli a Nuova Delhi che minacciò rappresaglie commerciali sul made in Italy. Se anche il governo Renzi dovesse rimangiarsi le parole della Pinotti lo smacco sarebbe devastante.
“Dopo tre anni non c’è ancora un capo d’imputazione,
ma anche da parte italiana qualcosa non ha funzionato. Prima o poi un
bilancio di questa vicenda bisognerà farlo ma oggi causerebbe tensioni
che indebolirebbero l’iniziativa politico diplomatica. E’ fondamentale
che il nostro Paese sia compatto” ha detto il senatore Latorre .
Compatto per fare cosa? Non certo per tirare fuori gli attributi e
portare l’India davanti alle sue responsabilità presso un tribunale
internazionale.
Nonostante tutti i migliori giuristi italiani abbiano consigliato
di puntare sul Tribunale del Mare di Amburgo, il governo Renzi (che
pure ci aveva fatto credere per mesi di aver avviato le pratiche per
l’arbitrato) sembra voler continuare a gestire la vicenda con il
negoziato diretto con il governo indiano. Calando ulteriormente le
braghe almeno secondo le rivelazioni del quotidiano The Economic Times che cita “fonti governative indiane del massimo livello”.
Per risolvere amichevolmente la vicenda dei marò dopo quasi tre anni
Renzi avrebbe offerto al premier indiano Narendra Modi la disponibilità
a presentare pubbliche scuse da parte dell’ambasciatore italiano per
l’uccisione dei due pescatori indiani, a sganciare un importante
risarcimento per le famiglie delle due vittime e a impegnarsi a
processare in Italia i due Fucilieri di Marina.
In pratica un’ammissione di colpa, nonostante Latorre
e Girone abbiano sempre negato ogni addebito e nonostante neppure una
delle prove o testimonianze raccolte dagli inquirenti indiani sia in
grado di reggere in un tribunale come dimostra implicitamente anche
l’incapacità dei tribunali indiani a imbastire un processo.
Fonti del ministero degli Esteri indiano – si legge sull’Economic Times
– hanno ammesso che l’Italia ha presentato “alcuni elementi” per una
soluzione amichevole della questione attraverso un negoziato fra i due
governi. Una fonte ministeriale ha commentato che “i più autorevoli
consiglieri legali del governo ed il ministero dell’Interno debbono
esprimere però un parere sulla compatibilità della proposta con il
sistema legale indiano. Il negoziato potrebbe cominciare solo quando vi
fosse un via libera da parte degli esperti giuridici, dato che la
questione è all’esame della Corte Suprema”. I vertici di polizia indiani
hanno però fatto sapere di essere contrari alla proposta, insistendo
che i due militari riconoscano le loro responsabilità in India e poi,
una volta condannati, siano inviati in Italia in base al Trattato
bilaterale esistente per permettere ai condannati di scontare la pena
nel proprio Paese.
Roma non ha smentito il giornale
indiano confermando così i contenuti della proposta che di fatto vede
Roma inginocchiarsi ai piedi di Delhi implorando pietà .
Possibile che Renzi e i suoi non
sappiano che indennizzi ai famigliari delle vittime sono già stati
pagati dal governo Monti che aveva risarcito persino il proprietario del
peschereccio Saint Anthony, definendo i versamenti “gesti di buona
volontà”?
Penoso e dilettantesco il tentativo di Renzi
di mascherare l’inadeguatezza sua e del suo governo (e dei due che lo
hanno preceduto) di fronte a una crisi senza precedenti esortando tutti
al silenzio.
Sul caso marò “tutto quello che dobbiamo dire lo abbiamo già detto. Ora è il momento di non aprire la bocca” ha detto il premier in un’intervista a Rtl 102.5.Come
se avesse un senso tacere dopo che i media indiani hanno già reso noto
che Roma si è sdraiata “a tappetino”, pronta a vendere l’ultimo residuo
di dignità nazionale davanti a un’India che ha chiaramente voluto
speculare sulla vicenda dei marò e dove i giudici sono al servizio della
politica.
Lo ha spiegato bene in una conferenza stampa
tenutasi a Roma nel giugno scorso il giornalista investigativo indiano
Pushp Sharma, molto noto per le inchieste scomode. «Questo caso è stato
costruito dai giudici indiani e non seguendo la Costituzione» ha detto
Sharma che ha intervistato “una serie di giudici che si sono occupati
del caso e che confessano come non ci sia fondamento giuridico per
processare i marò. La Corte Suprema indiana si allineerà con quella che è
la posizione del governo indiano nazionalista che non vorrà restituire i
marò all’Italia» – aggiunse sei mesi or sono Pushp Sharma con
un’azzeccata previsione.
In Kerala i giudici che si sono occupati
per primi del caso hanno raccontato come la vicenda sia stata montata
per fini politici. «Il comportamento indiano è stato dettato dal fatto
che il rappresentante del partito al governo era italiano (Sonia Gandhi
leader del Partito del Congresso uscito sconfitto dalle ultime elezioni-
ndr) e quindi non poteva dimostrarsi debole con l’Italia».
Di fatto quindi i marò sono stati uno strumento perfetto
per mettere in difficoltà la Gandhi, complici tre governi italiani
incapaci di smascherare il complotto e di sbugiardare l’India davanti
alla comunità internazionale. Tra l’altro, fece notare il giornalista
indiano, su 7mila incidenti accaduti a pescatori indiani negli ultimi
dieci anni (coinvolti in casi di pirateria o sorpresi a pescare nelle
acque territoriali dei Paesi vicini) «questo è l’unico caso in cui la
vedova di un pescatore ha avuto un impiego governativo».
L’intera vicenda dei marò è una montatura,
una truffa, orchestrata a fini politici interni da un Paese del Terzo
Mondo che gioca alla grande potenza. E l’Italia continua a prostrarsi ai
piedi dei truffatori.
di Gianandrea Gaiani
La Nuova Bussola Quotidiana, 27-12-2014
“VI SPIEGO PERCHE’ I MARO’ SONO INNOCENTI”
«La linea dell’arbitrato internazionale è
sbagliata. Lo ripetiamo da mesi: Massimiliano e Salvatore sono
innocenti»: Stefano Tronconi, l’ex dirigente di azienda che, con Luigi
Di Stefano e il giornalista Tony Capuozzo ricostruì i fatti legati al
caso dell’Enrica Lexie, ha la certezza che l’unica strada percorribile
sia quella dell’innocenza.
Perché ha deciso di approfondire il caso?
«Per semplice passione. Su Facebook avevo visto la ricostruzione fatta da Di Stefano. Essendo stato diverse volte in India decisi di lavorare sulla vicenda e trovai on line l’intervista che una tv locale indiana fece all’armatore del peschereccio St Antony, Freddy Bosco, poco dopo il suo rientro in porto. Mettendo insieme i tasselli del puzzle capii che quanto affermato dall’India non tornava e decisi di rivolgermi a Capuozzo per raccontarlo».
Che cosa accadde il 15 febbraio 2012?
«La Enrica Lexie, con a bordo Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, si imbatté in un barchino pirata intorno alle 16. I due marò spararono in acqua alcuni colpi di avvertimento. Il barchino cambiò rotta e se ne andò. Il rapporto sull’incidente venne comunicato poco dopo all’autorità internazionale e, quindi, la notizia arrivò alla Guardia costiera indiana. Alle 21.30 circa dello stesso giorno una nave greca, la Olympic Flair, ebbe un incidente con due barche che, verosimilmente, erano un barchino pirata e il peschereccio St. Anthony, che si trovò tra due fuochi. I pirati spararono e dalla Olympic Flair risposero. Nel conflitto a fuoco vennero uccisi i due pescatori. Freddy Bosco fuggì con i due corpi a bordo, comunicando la situazione alla Guardia costiera indiana che, alle 21.36, avendo avuto notizia solo dell’incidente precedente della Lexie e non essendo a conoscenza di quello della nave greca, chiese agli italiani di entrare immediatamente in porto a Kochi. La Enrica Lexie eseguì, anche su ordine dei vertici della Marina».
Perché la nave greca non venne coinvolta?
«Perché la stessa si allontanò dal luogo dell’incidente e inviò solo alle 22.20 il rapporto all’International marittime organization, l’autorità internazionale che rileva queste informazioni».
Che disse l’armatore nell’intervista rilasciata alle tv locali?
«Freddy Bosco, in realtà, questo lo abbiamo appreso da una successiva traduzione, chiarì che l’incidente avvenne alle 21.20. È da lì che abbiamo capito che i conti non potevano tornare. C’erano oltre 5 ore di differenza tra il primo incidente e il secondo. Dal rapporto dell’Imo tutto ciò si capisce perfettamente».
Solo che le autorità indiane, per mesi, hanno negato l’incidente della nave greca. Perché?
«C’erano ragioni ben precise e l’India aveva tutto l’interesse a manipolare i fatti. Si doveva trovare un capro espiatorio e i marò erano perfetti per questo. Siccome non potevano quadrare gli orari, la polizia del Kerala, con l’aiuto della Guardia costiera, cercò di far sparire le prove e cambiò tutti gli orari, imponendo anche a Freddy Bosco di ritrattare per 4 volte».
Lei racconta che gli indiani, nei giorni successivi all’incidente, si inventarono una ricostruzione di sana pianta. Che dissero?
«Ciò che c’era scritto sulla newsletter della Guardia costiera che, con toni trionfalistici, additò i fucilieri di Marina come colpevoli e, adattando gli orari a suo piacimento, costruì una storia inesistente, facendo capire che i fatti che hanno riguardato il St. Antony erano avvenuti 3 ore prima. Solo che i conti non tornavano, perché in una mail giunta tempo prima al Tg5, l’armatore indicava gli orari precisi dei fatti e del rientro in porto della Lexie».
Perché i fatti furono distorti?
«Per motivi politici. Il 17 marzo 2012 ci sarebbero state le elezioni del distretto del Kerala. Il primo ministro Chandy aveva lì 71 seggi su 140, quindi la maggioranza per solo un seggio. Quale occasione più ghiotta di quella per mostrare il pugno duro e vincere le elezioni? Grazie all’arresto dei due marò ottenne 12mila voti».
E l’analisi balistica che disse?
«Fu fatta dal medico Sasikala, che disse che i fori sui corpi dei due pescatori non corrispondevano con i proiettili dei fucili di Latorre e Girone. Peraltro i colpi venivano dal basso e non da un’inclinazione diversa (come quella della Lexie, appunto). Magicamente il dottore, dopo qualche tempo, sparì e si rifiutò di fornire ulteriori indicazioni. Un’altra falsa perizia balistica, invece, dava per certo che a sparare fossero stati i due fucilieri».
Quali altre cose furono cambiate?
«Oltre all’orario anche la distanza. Bosco disse che stavano pescando a meno di 12 miglia dalla costa, in acque indiane e che stavano dormendo, poi ritrattò e disse che si muovevano. Nel rapporto della Lexie si parla di 20.5 miglia dalla costa, ovvero in acque di zona economica di esclusiva, comunque non territoriali. Le internazionali arrivano a 24 miglia. In ogni caso, il St. Antony poco dopo la vicenda fu affondato».
Quindi chi uccise i pescatori?
«I pirati che attaccarono la nave greca. Spararono dal basso, lo dimostrano i fori sui corpi».
Quale pensa, quindi, potrebbe essere una soluzione al caso?
«L’unica possibile: i marò sono innocenti. Il governo italiano deve far presente la manipolazione e spiegare all’India che se non rilascerà Girone immediatamente tutta la comunità internazionale e il miliardo e 200 mila persone che abitano in India (e che a causa dei media locali pensano siano colpevoli) sapranno ciò che hanno fatto. L’arbitrato è solo un’arma di distrazione di massa usato dai due governi per coprire i guai che hanno combinato in tre anni. L’Italia ha sbagliato da subito ad accettare la giurisdizione indiana, chinandosi ai voleri dell’India».
Perché ha deciso di approfondire il caso?
«Per semplice passione. Su Facebook avevo visto la ricostruzione fatta da Di Stefano. Essendo stato diverse volte in India decisi di lavorare sulla vicenda e trovai on line l’intervista che una tv locale indiana fece all’armatore del peschereccio St Antony, Freddy Bosco, poco dopo il suo rientro in porto. Mettendo insieme i tasselli del puzzle capii che quanto affermato dall’India non tornava e decisi di rivolgermi a Capuozzo per raccontarlo».
Che cosa accadde il 15 febbraio 2012?
«La Enrica Lexie, con a bordo Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, si imbatté in un barchino pirata intorno alle 16. I due marò spararono in acqua alcuni colpi di avvertimento. Il barchino cambiò rotta e se ne andò. Il rapporto sull’incidente venne comunicato poco dopo all’autorità internazionale e, quindi, la notizia arrivò alla Guardia costiera indiana. Alle 21.30 circa dello stesso giorno una nave greca, la Olympic Flair, ebbe un incidente con due barche che, verosimilmente, erano un barchino pirata e il peschereccio St. Anthony, che si trovò tra due fuochi. I pirati spararono e dalla Olympic Flair risposero. Nel conflitto a fuoco vennero uccisi i due pescatori. Freddy Bosco fuggì con i due corpi a bordo, comunicando la situazione alla Guardia costiera indiana che, alle 21.36, avendo avuto notizia solo dell’incidente precedente della Lexie e non essendo a conoscenza di quello della nave greca, chiese agli italiani di entrare immediatamente in porto a Kochi. La Enrica Lexie eseguì, anche su ordine dei vertici della Marina».
Perché la nave greca non venne coinvolta?
«Perché la stessa si allontanò dal luogo dell’incidente e inviò solo alle 22.20 il rapporto all’International marittime organization, l’autorità internazionale che rileva queste informazioni».
Che disse l’armatore nell’intervista rilasciata alle tv locali?
«Freddy Bosco, in realtà, questo lo abbiamo appreso da una successiva traduzione, chiarì che l’incidente avvenne alle 21.20. È da lì che abbiamo capito che i conti non potevano tornare. C’erano oltre 5 ore di differenza tra il primo incidente e il secondo. Dal rapporto dell’Imo tutto ciò si capisce perfettamente».
Solo che le autorità indiane, per mesi, hanno negato l’incidente della nave greca. Perché?
«C’erano ragioni ben precise e l’India aveva tutto l’interesse a manipolare i fatti. Si doveva trovare un capro espiatorio e i marò erano perfetti per questo. Siccome non potevano quadrare gli orari, la polizia del Kerala, con l’aiuto della Guardia costiera, cercò di far sparire le prove e cambiò tutti gli orari, imponendo anche a Freddy Bosco di ritrattare per 4 volte».
Lei racconta che gli indiani, nei giorni successivi all’incidente, si inventarono una ricostruzione di sana pianta. Che dissero?
«Ciò che c’era scritto sulla newsletter della Guardia costiera che, con toni trionfalistici, additò i fucilieri di Marina come colpevoli e, adattando gli orari a suo piacimento, costruì una storia inesistente, facendo capire che i fatti che hanno riguardato il St. Antony erano avvenuti 3 ore prima. Solo che i conti non tornavano, perché in una mail giunta tempo prima al Tg5, l’armatore indicava gli orari precisi dei fatti e del rientro in porto della Lexie».
Perché i fatti furono distorti?
«Per motivi politici. Il 17 marzo 2012 ci sarebbero state le elezioni del distretto del Kerala. Il primo ministro Chandy aveva lì 71 seggi su 140, quindi la maggioranza per solo un seggio. Quale occasione più ghiotta di quella per mostrare il pugno duro e vincere le elezioni? Grazie all’arresto dei due marò ottenne 12mila voti».
E l’analisi balistica che disse?
«Fu fatta dal medico Sasikala, che disse che i fori sui corpi dei due pescatori non corrispondevano con i proiettili dei fucili di Latorre e Girone. Peraltro i colpi venivano dal basso e non da un’inclinazione diversa (come quella della Lexie, appunto). Magicamente il dottore, dopo qualche tempo, sparì e si rifiutò di fornire ulteriori indicazioni. Un’altra falsa perizia balistica, invece, dava per certo che a sparare fossero stati i due fucilieri».
Quali altre cose furono cambiate?
«Oltre all’orario anche la distanza. Bosco disse che stavano pescando a meno di 12 miglia dalla costa, in acque indiane e che stavano dormendo, poi ritrattò e disse che si muovevano. Nel rapporto della Lexie si parla di 20.5 miglia dalla costa, ovvero in acque di zona economica di esclusiva, comunque non territoriali. Le internazionali arrivano a 24 miglia. In ogni caso, il St. Antony poco dopo la vicenda fu affondato».
Quindi chi uccise i pescatori?
«I pirati che attaccarono la nave greca. Spararono dal basso, lo dimostrano i fori sui corpi».
Quale pensa, quindi, potrebbe essere una soluzione al caso?
«L’unica possibile: i marò sono innocenti. Il governo italiano deve far presente la manipolazione e spiegare all’India che se non rilascerà Girone immediatamente tutta la comunità internazionale e il miliardo e 200 mila persone che abitano in India (e che a causa dei media locali pensano siano colpevoli) sapranno ciò che hanno fatto. L’arbitrato è solo un’arma di distrazione di massa usato dai due governi per coprire i guai che hanno combinato in tre anni. L’Italia ha sbagliato da subito ad accettare la giurisdizione indiana, chinandosi ai voleri dell’India».
di Chiara Giannini
Libero Quotidiano.it, 22 dicembre 2014
-
tramite: http://www.gianmariacomolli.it
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