La Turchia ha cercato lo scontro perché vuole causare una rottura tra Russia e Occidente.
Viste le dichiarazioni a caldo di Obama e Hollande - “la Turchia ha
il diritto di difendersi” - sembra che la sua versione dei fatti sia
stata sposata (il che non vuol dire che sia quella da bere a occhi
chiusi) dai due leader a capo della coalizione anti-Isis. Il primo forse
felice di liberarsi dall'abbraccio (interessato) di Mosca, il secondo
probabilmente a denti stretti visto che con la mossa turca vede andare
in fumo il suo progetto di Grosse Coalition antiterrorismo.
I due si trovano così a difendere di fronte all’opinione pubblica
occidentale, assetata di sdegno, impotenza e sete di giustizia (o
vendetta, va bene lo stesso), il leader islamico che ha imbastito nel
suo paese un’ampia caccia alle streghe contro le voci libere del
giornalismo, provocato una rottura cruenta con la minoranza curda,
lasciato transitare sul suo territorio gente alquanto sospetta di
terrorismo, contrabbandato armi verso i ribelli siriani in odor di
islamismo e approfittato della situazione caotica nata dopo i tragici
attentati contro i giovani del partito di opposizione curdo, di cui ha
accusato il terrorismo islamico, per... bombardare i curdi. Manca
qualcosa?
Mancava, fino ad oggi - ma ora c’è anche quello - l’atto più
spregiudicato e pericoloso che segna un punto di non ritorno della crisi
che era siriana fino a ieri, ma che oggi va, indiscutibilmente,
definita mondiale.
Abbattere un aereo militare in volo e uccidere dei soldati è un atto
di guerra, non l’errore di un debuttante allo sbaraglio. Un atto di
guerra contro una delle massime potenze militari al mondo. Fatto sapendo
bene di avere le spalle coperte dal patto atlantico.
Il che significa che se la Russia decide di rispondere da par suo - e
sarebbe tutt'altro che incomprensibile - potremmo trovarci tutti
quanti, noi popoli dei paesi NATO, trascinati in un conflitto mondiale
di cui nessuno (a parte le dietrologie complottiste di sempre che
lasciano il tempo che trovano) ha ancora capito motivazioni e cause
reali.
È palese che non si abbatte un cacciabombardiere solo perché, senza
alcuna evidente ostilità, ha sforato lo spazio aereo di qualche
chilometro, ammesso e non concesso che sia vero (chi ce lo garantisce?
Notate le minime differenze fra le due versioni nella grafica tratta da
Repubblica).
La domanda non può vertere sulla verità del fatto in sé. La domanda
vera è: perché i turchi non si sono limitati a scortare l’aereo russo
con un paio di jet “accompagnandolo” gentilmente fuori dai confini in
quella manciata di secondi necessari per uscirne? Evidentemente la
volontà era un’altra.
Erdogan ha già dimostrato ampiamente la sua spregiudicatezza. Ora
dimostra una sua pericolosa predisposizione per l'azzardo al limite
della follia. Non solo per i curdi, che ha ripreso a massacrare come la
Turchia fa ormai da mezzo secolo, ma per tutti noi.
Avere un alleato così è quanto di peggio ci possa toccare. Peggio
tanto quanto dovergli dare ragione (come fanno Hollande e Obama) perché
si è sotto il ricatto politico di un sostanziale alleato dei terroristi
islamisti di ogni sfumatura di colore oltre che del manovratore dei
flussi di rifugiati siriani in fuga dalla guerra.
L’intervento della Russia in difesa di Assad e delle sue basi
militari sulla costa mediterranea non aveva causato scandalo nemmeno in
Israele, né gli americani si sono mostrati contrari ad avere qualcuno
che infilava le mani in quel nido di vipere che è la Siria attuale.
Sta di fatto che mentre i russi bombardano i turkmeni (alleati della
Turchia) e i turchi bombardano i curdi (alleati dell'Occidente) il
Califfato se la ride. Nonostante la palese incongruenza di una guerra
all'Isis, dichiarata ma non molto praticata, una Siria ridotta in
brandelli, in un patchwork di fragili equilibri fra enclave ostili l'una
all'altra, potrebbe andare bene a tutti.
Ma la Turchia ha ambizioni ben più raffinate: sul Medio Oriente, sul
Mediterraneo, sull’Islam. Vuole essere eletta a gran voce dalle masse
sunnite - e dai recalcitranti alleati occidentali - a capo di una
versione moderna della potenza ottomana, spodestando per sempre
l'influenza degli zar russi sul mondo islamico ed erigendo un baluardo -
non belligerante, ma fermo - contro il progressivo dilagare sciita
dalle montagne afgane fino alle sponde del Mare Nostrum, reso possibile
dall'abbattimento di Saddam Hussein.
Questa potrebbe essere, alla fine, una mano di poker migliore di
quella un po’ strampalata dei fanatici e rumorosi straccioni del
Califfato.
Migliore e potenzialmente catastrofica, è ovvio.
(Foto: Kremlin.ru/wikimedia.commons)
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