Parla il presidente del Tribunale militare di Roma "Hanno le mani legate. Impiego solo di facciata"
I militari spediti a presidiare le fermate della metro e i monumenti di
Roma «hanno un valore simbolico, di facciata. Sono di fatto dei
bersagli». Lo dice il nuovo presidente del tribunale militare di Roma,
Filippo Verrone, una carriera nella procura di Napoli, in un territorio
dove le forze armate sono state impiegate contro il cancro mafioso ben
prima che quello terrorista sequestrasse la nostra quotidianità, è
arrivato da pochissimi mesi in una Capitale sconvolta e "militarizzata".
Presidente, cosa pensa dei soldati dispiegati nelle strade contro la minaccia del terrorismo?
«Può essere un deterrente, ma è soprattutto un fatto simbolico. Non
vedo una grossa una capacità di intervento almeno per come sono
impiegati. Sono gente dello Stato tra la gente».
Rischiano di fare bersagli?
«Sono di fatto dei bersagli. Sono i rischi che si corrono ovviamente,
ma io propenderei per un impiego più professionale, visto che abbiamo un
esercito di professionisti. L'idea di utilizzare le forze armate in
momenti di particolare difficoltà come l'attuale o in realtà sociali
difficili è ottima. Però così come avviene mi sembra un impiego di
facciata. Vedo ragazzi in divisa che presenziano in zone sensibili ma
con possibilità di intervento ridotte allo zero, perché legittimati a
intervenire solo in caso di avvenuta aggressione».
Da anni si discute dell’abolizione dei tribunali militari,
considerati anacronistici e costosi. La guerra portata dall'Isis può
rivalutarli?
«Se si entrasse in guerra con il califfato islamico come il presidente
francese ha sostenuto, con l’applicazione del codice di guerra potremmo
entrare in gioco noi, con degli aggiustamenti normativi. Rimarremmo
inseriti nell’ordinamento democratico con la garanzia dell’indipendenza
assicurata dal nostro organo di autogoverno. I tribunali militari sono
una risorsa da non disperdere».
Nel 2007 furono ridotti da 9 a 3. Lo scorso anno il governo Renzi voleva lasciare solo Roma...
«Già nel 2007 la politica avrebbe dovuto compiere una scelta: abolire
la giurisdizione militare, oppure incrementarla e razionalizzarla. Forse
siamo uno strumento che si vuole mantenere solo in maniera potenziale.
Eppure avremmo una maggiore capacità dei nostri colleghi della giustizia
ordinaria di mettere le mani anche nelle spese della Difesa».
Cosa pensa della proposta di trasformare i tribunali militari in sezioni speciali?
«Ha un solo merito: tenta di superare le resistenze ideologiche che
frenano la razionalizzazione della giurisdizione di una struttura legata
al ministero della Difesa. In questo modo si creerebbe un legame con il
ministero della Giustizia».
Cosa pensa della vicenda dei Marò?
«Se fossero stati giudicati da un tribunale militare credo che l’Italia
non avrebbe avuto problemi con l'India. Infatti c'è stato un momento in
cui il ministro Pinotti ha ricordato che anche noi abbiamo i tribunali
militari. Forse dimenticando che sono ridotti a contenitori semivuoti».
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