Vitalizi aboliti? Solo un diritto del passato
su cui c’è l’imbarazzo dei diritti acquisiti? Macchè. Quasi un terzo
degli attuali deputati e degli attuali senatori quando appenderà la
politica al chiodo e avrà l’età minima (per quasi tutti è ancora 60
anni) per andare in pensione, si prenderà ancora il famoso vitalizio. Di
più: si prenderà un assegno per il vitalizio e un altro assegno, appena
meno generoso per la pensione. Non pochi di loro aggiungeranno un terzo
assegno: il vitalizio per l’esperienza trascorsa in consiglio regionale
o per il periodo in cui è stato europarlamentare. Oggi Libero pubblica i
primi nomi - rigorosamente in ordine alfabetico (arriviamo alla lettera
F) - dei futuri re delle pensioni. Minimo grazie ai due assegni avranno
3.950 euro al mese, e in non pochi casi più di 9 mila euro, fino ad
arrivare al record di Roberto Formigoni (pensioni e vitalizi per 12.550
euro).
Avranno vitalizio e pensione anche ministri e sottosegretari dello
stesso governo di Matteo Renzi, il premier che ha giudicato «sacrosanta»
la battaglia di Libero, ma che è circondato sia a Palazzo Chigi che in
Parlamento da suoi parlamentari o da esponenti di maggioranza in attesa
di quella doppia o tripla pensione che fa venire la bile a tutti gli
altri italiani. Oggi non avrebbero nemmeno l’età, ma se la linea è
quella fin qui seguita (ogni assegno è considerato un diritto acquisito)
avranno due vitalizi e una generosa pensione da parlamentare, l’ex
segretario e oggi leader della minoranza Pd, Pierluigi Bersani, la
pasionaria sempre pronta ad andarsene da quel partito Rosy Bindi, il
viceministro dell’Interno Filippo Bubbico (Pd), il sottosegretario
Gianpiero Bocci (Pd), il leader storico della Lega Nord, Umberto Bossi, e
l’attuale ministro dell’Interno, Angelino Alfano. E poi tre assegni nei
gruppi Pd a Silvana Amati, Angelo Capodicasa e Vannino Chiti.
Nel gruppo centrista di Ap avranno quella fortuna Andrea Augello e il
già citato Formigoni. Fra i leghisti accadrà a Stefano Allasia. Nel
gruppetto di Fratelli di Italia ci sarà Edmondo Cirielli. In Forza
Italia anche un piccola pattuglia: Giuseppina Castiello, Basilio
Catanoso, Remigio Ceroni e Claudio Fazzone. Ma andando avanti
nell’ordine alfabetico toccherà anche a tanti altri, e le due sole forze
politiche non sfiorate (o poco sfiorate) dal problema sono quelle
arrivate per la prima volta in Parlamento nel 2013: tutti i parlamentari
del Movimento 5 stelle e quasi tutti quelli partiti con la maglia di
Scelta civica. Nella tabella di oggi ci sono poi più di 50 parlamentari
che comunque avranno la doppia pensione, e anche in questo caso non
mancano i nomi noti: il ministro Dario Franceschini, il vicepresidente
del Senato Roberto Calderoli, l’altro leader della minoranza Pd, Gianni
Cuperlo, il sottosegretario all’Economia, Luigi Casero (Ap), quello alla
Difesa Gioacchino Alfano (Ap), il presidente della commissione Esteri
del Senato, Pierferdinando Casini, la presidentessa della commissione
affari costituzionali Anna Finocchiaro, l’ex portavoce di Silvio
Berlusconi, Paolo Bonaiuti, l’ex coordinatore azzurro Sandro Bondi,
appena uscito dal partito, l’anima popolare e margheritina del Pd, Beppe
Fioroni. E poi ancora parlamentari giovani, che quel privilegio avranno
solo fra molti anni (e per cifre sicuramente più alte di quelle
riportate in tabella), come i forzisti Simone Baldelli, l’ex ministra
azzurra Mara Carfagna, la fedelissima berlusconiana Michaela
Biancofiore, l’ex finiano Benedetto Della Vedova. Se vale anche per
loro, è l’esempio più lampante di come con la storiella dei diritti
acquisiti non sia cambiata in realtà proprio nulla di nulla in gran
parte del Palazzo. Si discute dei privilegi di antichi pensionati, ma la
situazione è esattamente identica per chi ha un briciolo di esperienza
politica alle spalle e ancora un po’ di anni prima di smettere.
Quando le Camere decisero (dal primo gennaio 2012) la dead line dei
vitalizi, e l’inizio della pensione che hanno chiamato contributiva (ma
non lo è davvero), si sono dimenticati di stabilire incompatibilità fra
assegni pensionistici. Hanno definito «pro rata» il sistema per chi era
in carica in quel momento, e così sarebbe stato se avessero avuto solo
quella legislatura: 5 anni di contributi, tre calcolati come vitalizio e
due come pensione. Ma chi era in carica già dalla o dalle legislature
precedenti a quel punto aveva già maturato il vitalizio secondo le
regole allora vigenti, e se lo terrà stretto. Per la pensione invece
basterà attendere i 5 anni minimi di contribuzione (due della scorsa
legislatura e tre di questa) e l’assegno allora raddoppia. Avverrà
dall’aprile 2016 in poi, e da quel mese in poi gli importi saliranno
rispetto a quei 1950 euro che abbiamo calcolato per tutti.
Franco Bechis - 25 maggio 2015
fonte: http://www.liberoquotidiano.it
Nessun commento:
Posta un commento