La mappa delle aree dove i nomadi dettano legge
Tra campi nomadi autorizzati, tollerati o abusivi, centri di assistenza
abitativa e strutture di raccolta, ogni quadrante della Capitale vive
una convivenza sempre più difficile.
ROMA NORD Camping River, Cesarina e Cesare Lombroso: a
questi tre insediamenti «istituzionalizzati» si aggiungono decine di
baraccopoli abusive che, dalla collina di Monte Mario fino alla stazione
dell’ospedale Gemelli, resistono nonostante i tentativi di sgombero,
come nel caso degli insediamenti di Tor di Quinto. Le denunce sono
sempre le stesse: furti anche ai danni dell’isola ecologica Ama, roghi
tossici, fino al tragico incidente a Battistini, che anche sul web ha
scatenato l’ira dei residenti. In questi giorni è in fermento anche La
Storta: nonostante il sequestro da parte dei vigili del casale
individuato dalla Prefettura per ospitare un centinaio di rifugiati, il
presidio continua h24.
ROMA EST Tre centri di raccolta, via Salaria, via
Amarilli e Best House Rom e altrettanti campi della solidarietà, cioè
via Gordiani, via di Salone e via Salviati. I comitati Caop Ponte di
Nona e Tor Sapienza, che solo domenica scorsa hanno manifestato
chiedendo «la chiusura definitiva di tutti i campi nomadi», ogni giorno
pubblicano foto sempre più «avvelenate»: «Diossina da mattina a sera»,
scrivono su Facebook, mentre il quartiere già soffre le piaghe della
prostituzione e della criminalità a partire dai furti di rame. Per
cercare di contenere il traffico illecito di rifiuti che, in ogni
insediamento, contribuisce al degrado e alla formazione di
mega-discariche abusive, la Municipale ha isolato l’ingresso di via
Salviati con alcuni new jersey di cemento: tutto inutile o quasi. Sul
caso della Best House Rom - due edifici in via Visso che dal 2012
ospitano i nomadi sgomberati da via del Baiardo e Tor de’ Cenci, 320
persone per un costo, all’anno, di almeno 2,3 milioni - anche
l’associazione 21 Luglio è intervenuta duramente criticando «le
condizioni disumane in cui sono costretti a vivere gli inquilini».
ROMA SUD Due campi mastodontici, la Barbuta e Castel
Romano, ma anche piccoli insediamenti che, nel verde della Laurentina
fino a Tor de’ Cenci, nascondono decine di invisibili. «L’area che
ospita il villaggio di Castel Romano rientra nella riserva naturale di
Decima-Malafede - denunciano da anni ormai i comitati che, senza
successo, hanno preteso interventi di bonifica e ripristino - invece si
trova di tutto, dagli oli esausti alle carcasse d’auto, lungo la discesa
oltre la rete sono tutti mezzi bruciati, per non parlare poi dei
portafogli, è il cimitero delle carte di identità». Qui, anche gli
operatori interni al villaggio parlano di «situazione fuori controllo:
non c’è più la sbarra all’ingresso, entra chi vuole, perfino chi è stato
sgomberato ritorna». Anche la Croce Rossa, dopo il rogo che ha
distrutto il container dedicato alle attività ludico-ricreative, ha
rinunciato al presidio, che invece continua a La Barbuta a un passo
dall’aeroporto di Ciampino: primo biglietto da visita, per i turisti,
distese di rifiuti.
ROMA OVEST Tevere e Magliana, zone rosse punteggiate
di insediamenti che, nonostante gli sgomberi, rispuntano nell’arco di
due giorni. «La mattina il fumo è tanto denso che sembra nebbia -
raccontano gli autisti dell’Atac che partono dal deposito di Magliana - e
poi arrivano i sassi, più volte abbiamo trovato i mezzi distrutti,
oppure i nomadi bloccano la strada coi loro furgoni». La maggior parte
degli sgomberi, nell’ultimo anno, ha riguardato proprio gli accampamenti
bordo fiume: 925mila euro stanziati a bilancio nel 2012, appena 150mila
nel 2014.
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