Sostenere
in ampi settori politici che l’inchiesta Mafia Capitale sia
riconducibile solo al duo Buzzi-Carminati e che questi e i loro sodali
abbiano agito senza la collaborazione fattiva della politica e di pezzi
della classe dirigente romana e laziale è quanto vuol farci credere chi
è, a pieno titolo, inserito in quel contesto criminale che chiamo da
anni “Quinta Mafia”. In qualsiasi altro comune d’Italia, dopo il ciclone
investigativo che ha colpito Roma e i grandi settori
politico-amministrativi della Regione Lazio, si sarebbe
arrivati,perlomeno, alle dimissioni degli organi eletti o si sarebbero
attivate le procedure per lo scioglimento degli stessi. La normativa in
materia parla chiaro cosi come le sentenze della Suprema Corte di
Cassazione in materia di scioglimento dei Comuni :”“quando …
emergono elementi su collegamenti diretti o indiretti degli
amministratori con la criminalità organizzata o su forme di
condizionamento degli amministratori stessi, che compromettono la libera
determinazione degli organi elettivi e il buon andamento delle
amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento
dei servizi alle stesse affidati ovvero che risultano tali da arrecare
grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica. Trattasi
pertanto di misura di carattere straordinario, introdotta per
fronteggiare un’emergenza straordinaria, da cui è derivata “la
possibilità di dare peso anche a situazioni non traducibili in addebiti
personali, ma tali da rendere plausibile, nella concreta realtà
contingente e in base ai dati dell’esperienza, la possibilità di una
eventuale soggezione degli amministratori alla criminalità organizzata,
quali i vincoli di parentela o di affinità, i rapporti di amicizia o di
affari, le notorie frequentazioni” (G. La Torre).
Tutto quanto riportato dalla normativa e dalla Giurisprudenza
consolidata rischia di impantanarsi sul principio
politico-istituzionale: a Roma la mafia non esiste. Quindi si va avanti e
si nasconde tutto sotto al tappeto in una sorta di : noi siamo noi e la
legge vale per gli altri!
L’ottimo lavoro degli organi investigativi romani e della
magistratura nulla possono, al momento, innanzi questa “prepotenza” del
potere politico- amministrativo. Mi domando e domando ai signori della
Legalità ad intermittenza: cosa sarebbe avvenuto se al governo della
città di Roma ci fosse stato Alemanno e in quello nazionale Berlusconi?
Si sarebbe risolto tutto con la nomina di commissari di partito e
rimuovendo il Prefetto della Città? Se non ci fosse stata trasversalità
nelle responsabilità penali, attualmente presunte, sarebbe andata nella
identica maniera? Come mai nel caso non lontano della richiesta di
scioglimento del Comune di Fondi, oggettivamente per molto meno e senza
il coinvolgimento cosi massiccio di assessori, politici e funzionari di
tal spessore, si arrivo alle dimissioni del Sindaco e della Giunta? Due
pesi e due misure? C’è una “onestà” presunta di partito ed una negata a
prescindere? Non si corre cosi il rischio di delegittimare il lavoro
degli organi di Polizia e della Magistratura che hanno delineato un
quadro nefasto di come le mafie abbiano agito da decine di anni nella
Capitale e nella sua Regione? La “verginità” di una intera generazione
di politici è affidata al visto di commissari di partito nominati dal
“sovrano di turno” al governo o deve essere stabilita da funzionari
indipendenti che devono solo applicare la normativa in materia e le
leggi dello Stato? E’ giusto avere due pesi e due misure in quel di
Reggio Calabria o nel paesello siciliano o campano, dove anche a volerlo
è difficile evitare il contatto mafioso rispetto a quanto avvenuto a
Roma dove i mafiosi veri o presunti venivano cercati e partecipavano a
convegni e feste di partito?
Torniamo a quanto sostiene il legislatore e la dottrina. Dal sito
nazionale dell’Arma dei Carabinieri, che dovrebbe ritenersi più
attendibile in materia rispetto gli apprendisti stregoni di certa
politica si legge:
…”Le norme in materia di scioglimento degli enti locali hanno
carattere “extrapenale”. La loro applicazione, pertanto, non consegue
necessariamente a vicende di carattere penale. Inoltre, da un
provvedimento di scioglimento non derivano inevitabilmente conseguenze
giudiziarie. In particolare, l’analisi dei provvedimenti finora adottati
evidenzia come gli elementi posti a base delle motivazioni di
scioglimento non esitano necessariamente in un procedimento penale.
La funzione di prevenzione e di difesa sociale da fenomeni di criminalità organizzata, propria degli scioglimenti, trova conferma in una sentenza del Consiglio di Stato (n. 4467 del 2004), ove si evidenzia che: «[...] la ratio sottesa allo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni della criminalità organizzata è da collegare a un istituto di natura preventiva e cautelare inteso ad evitare che gli indizi raccolti in ordine all’esistenza di un’infiltrazione della criminalità organizzata possano compromettere il regolare e legittimo andamento della cosa pubblica. Essa non risponde, quindi, alle regole ordinamentali tendenti a stroncare la commissione di illeciti, ma si inquadra piuttosto nel sistema preventivo del controllo generale riservato allo Stato in ordine a fatti che, per consistenza ed effettività, si reputano idonei a determinare uno sviamento dell’interesse pubblico”.
La funzione di prevenzione e di difesa sociale da fenomeni di criminalità organizzata, propria degli scioglimenti, trova conferma in una sentenza del Consiglio di Stato (n. 4467 del 2004), ove si evidenzia che: «[...] la ratio sottesa allo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni della criminalità organizzata è da collegare a un istituto di natura preventiva e cautelare inteso ad evitare che gli indizi raccolti in ordine all’esistenza di un’infiltrazione della criminalità organizzata possano compromettere il regolare e legittimo andamento della cosa pubblica. Essa non risponde, quindi, alle regole ordinamentali tendenti a stroncare la commissione di illeciti, ma si inquadra piuttosto nel sistema preventivo del controllo generale riservato allo Stato in ordine a fatti che, per consistenza ed effettività, si reputano idonei a determinare uno sviamento dell’interesse pubblico”.
Che considerazioni fare dunque da parte dei Cittadini che hanno avuto
la pazienza di leggere stralci delle intercettazioni telefoniche o di
quanto riportato dalle cronache giudiziarie sulla vicenda Mafia
Capitale?
Non è illogico pensare che in molti dei politici coinvolti o in
settori dell’imprenditoria contaminata valga la massima siciliana del
:Calati juncu ca passa la china. Leonardo Sciascia del resto aveva
previsto come la linea della palma sarebbe inesorabilmente salita verso
il nord del Paese e non solo quella che portava con se coppole e lupare.
Qui l’antimafia si fa per schemi precostituiti e tende ad escludere chi
non sta al gioco e resta libero nel pensiero e nei comportamenti, come è
stato fatto con l’Associazione che rappresento, da tutte le iniziative
della Regione come quella dal titolo Lazio Senza Mafie! Fine prima
puntata.
fonte: http://www.lavalledeitempli.net
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