Migranti: sull’immigrazione “abbiamo fatto la figura del paese che non conta nulla” – ha detto Romano Prodi, in un’intervista al talk di La7 Piazza Pulita – “oggettivamente siamo stati lasciati soli, finché il problema era italiano non se n’è curato nessuno”. Le parole di Prodi confermano un dubbio: ma l’Italia, sul piano internazionale, conta ancora qualcosa?
Migranti: snobbati?
Non è un buon momento per parlare del ruolo internazionale dell’Italia. Solo ieri abbiamo incassato una cocente delusione: non siamo stati “invitati” al vertice di Parigi su Libia, Siria,
immigrazione e nucleare iraniano che, invece, ha visto protagonisti i
ministri degli Esteri francese Fabius, quello tedesco Steinmaier e il
britannico Hammond, oltre a Federica Mogherini, capo della diplomazia Ue.
Nonostante il nostro paese sia uno dei
maggiormente colpiti dall’ondata migratoria (l’argomento più caldo sul
tavolo), pare che a Roma non siano stati neanche avvertiti
“ufficialmente” dell’incontro. La Farnesina non ha commentato
l’accaduto; da Bruxelles, d’altra parte, si è precisato
che il colloquio era stato articolato esclusivamente in base alla
partecipazione dei componenti europei del gruppo dei 5+1.
Migranti: chi è causa del suo mal…
Il risentimento che si può provare di
fronte alla dura realtà è comprensibile. Tuttavia, si è chiesto
giustamente qualcuno: anche se l’Italia fosse stata invitata, cosa avrebbe potuto dire? Come ha notato Alberto Negri, sul Corriere della Sera, per esempio, sulla Siria ci siamo sempre adeguati alla versione degli Usa e dei loro alleati mediorientali.
Vedendo, però, che Assad di andarsene non ne vuole sapere, proprio come l’Isis, abbiamo provato a correggere il tiro (Gentiloni,
di recente, ha sposato la linea del negoziato, della “transizione” che
eviti il “vuoto” politico). Troppo tardi; la scacchiera siriana è
completa e non c’è più alcun posto da occupare: la guerra finirà quando Usa (monarchie del Golfo) e Russia (Iran) riusciranno ad accordarsi sul nuovo “balance of power” da istituire in Medioriente.
Ma se c’è stato un momento in cui l’Italia
ha (quasi) totalmente perso l’occasione di contare ancora qualcosa
sullo scenario internazionale, quel momento risale al 2011, quando
cominciarono i raid contro la Libia di Gheddafi.
Nel 2010 avevamo firmato un “trattato per la cooperazione e la
sicurezza” con Tripoli: appena un anno dopo non solo non siamo riusciti a
impedire i bombardamenti, successivamente vi abbiamo anche partecipato.
L’Eni, però, in Libia,
c’è rimasta e gli stessi libici avrebbero voluto una missione a guida
italiana per ricostruire il paese: prima che si prendesse una decisione è
arrivato l’Is, qualcuno su entrambe le sponde del Mediterraneo è convinto che, al momento, sia meglio così. Allora diciamo che almeno Mare Nostrum e Triton sono stati un “successo”? Diciamolo, ma continuiamo a nasconderci dietro un dito.
In realtà, tornando allo “smacco”
parigino di ieri, “l’Italia è felice di non partecipare a questi
vertici”: addirittura, nel 2004, nonostante l’Iran ci
avesse chiaramente invitato al tavolo dei negoziati sul nucleare,
insieme al gruppo dei 5+1, abbiamo rifiutato di partecipare senza farci
troppo problemi, ricorda sempre Negri. In conclusione,
forse perché ogni volta che usciamo fuori dal coro, forse perché
talvolta ci “conviene”, siamo troppo “mainstream” e troppo poco
indipendenti.
Ma allora perché siamo andati nei Balcani, in Kosovo, in Libano, in Afghanistan e in Iraq? Perché sostenere alti costi, anche in termini di vite umane, per cercare di avere un ruolo che nessuno ci riconosce?
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