Chi
viene in Italia deve sapere di dover sottostare alle sue leggi e che,
se le viola, non è una vittima del razzismo, ma sarà un criminale
perseguito ed espulso a norma di legge
Chi
viene in Italia deve sapere di dover sottostare alle sue leggi e che,
se le viola, non è una vittima del razzismo, ma sarà un criminale
perseguito ed espulso a norma di legge
Ha
scandalizzato i fedeli del linguaggio politicamente corretto
l'affermazione di Matteo Salvini di voler «radere» i campi rom. Ma a me è
parsa ben più scandalosa l'intervista delle due ragazzine rom che si
sono vantate di fare mille euro al giorno, derubando persone anziane
della loro misera pensione all'uscita dell'ufficio postale dove sono
andate a ritirarla, o su un qualche mezzo pubblico, e deridendole.
Un campo rom in una foto d'archivio
Nessuno Stato al mondo, nessuno tollererebbe la presenza sul
proprio territorio di qualcuno che addestri i propri figli al furto con
destrezza ai danni dei suoi cittadini, o li rapini lui stesso,
penetrando nelle loro abitazioni e picchiandoli se rifiutano di farsi
rapinare.
E, allora, diciamola tutta. La solidarietà non è quella
nei confronti di chi approda sulle nostre sponde via mare, ovvero arriva
in Italia, fuggendo dal teatro di guerra o di miseria dei Paesi di
provenienza, dopo aver valicato indisturbato le frontiere e aver
usufruito della libertà di circolazione prevista e garantita
dall'Europa, per delinquere poi una volta arrivato sul nostro
territorio. Ma è quella che sappia offrire all'immigrazione l'occasione
di reperire una abitazione decorosa e un lavoro remunerativo che le
consenta di integrarsi, di vivere come gli italiani e chieda
successivamente a chiunque di attenersi ai doveri della cittadinanza,
pena la sanzione di essere rimandato al Paese di origine se, invece di
comportarsi adeguatamente, conservi le proprie cattive abitudini,
compresa quella di rubare. Non mi si venga a dire che i rom sono
abituati da sempre a non integrarsi nei Paesi dove transitano, a
guadagnarsi il pane arrangiandosi in modo inconsueto e addestrando i
figli, fin dalla più tenera età, a fare altrettanto. Non c'è
giustificazione etnica che tenga. A un notabile indiano, che
giustificava la tradizione del proprio Paese di bruciare sulla pira del
marito defunto la moglie, un governatore inglese aveva replicato «anche
noi abbiamo le nostre tradizioni, impicchiamo chi brucia le vedove».
Se,
dunque i rom hanno le loro tradizioni di vita, anche noi abbiamo le
nostre e pretendiamo siano rispettate. Chi viene in Italia deve sapere
di dover sottostare alle sue leggi e che, se le viola, non è una vittima
del razzismo, ma sarà un criminale perseguito ed espulso a norma di
legge. Le cronache sono ricche di episodi di violenza dei quali sono
vittime a casa loro, soprattutto gli anziani, da parte di immigrati in
cerca di un facile bottino. Salvini avrà, forse, esagerato, usando un
linguaggio non propriamente corretto. Ma, a parte il linguaggio, ha
detto semplicemente ciò che pensano milioni di italiani, soprattutto di
una certa età, che non escono di casa la sera perché hanno paura di
essere aggrediti o, se in casa rimangono, temono lo stesso di incorrere
in una aggressione a seguito della visita di qualche delinquente,
proveniente d'oltre confine, in cerca di un facile bottino.
Non è
solo Salvini che ha esagerato. Esagerano anche quelli che giustificano,
anche da parte di chi viene a vivere qui, qualsiasi comportamento
illecito in nome del rispetto di tradizioni diverse dalle nostre e per
una sorta di solidarietà buonista, ma, in realtà, ambigua e pelosa. Che,
alla resa dei conti, si rivela l'alibi per lo sfruttamento economico
dell'immigrazione, ad opera di cooperative bianche o rosse che siano,
come manodopera a basso costo. Non è la lamentela di chi sostiene che
gli immigrati utilizzati nella raccolta di frutta e verdura
toglierebbero lavoro alla disoccupazione nazionale, ma della sicurezza
della quale ogni cittadino pretende di essere garantito dal proprio
Stato. La sicurezza è il primo requisito della libertà, tanto meno è
razzismo. È, che piaccia o no, una forma civile di accoglienza a
condizione che non si scambi l'Italia per terreno di caccia al riparo
dell'indulgenza pubblica.
di Piero Ostellini - Lun, 13/04/2015
fonte: http://www.ilgiornale.it
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