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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

16/04/15

CONTRADA: VIOLATA LA VIOLAZIONE DELLA LEGGE






Un mio amico, che ha la fortuna di non essere impegnato a dover capire qualcosa di diritto, di leggi e di processi, sentendo parlare della condanna dell’Italia a pagare a Contrada per l’illegittima condanna a dieci anni di reclusione, diecimila euro di risarcimento dei danni ha esclamato: adesso ci si mette anche l’Europa a farsi beffa di quel pover’uomo.
Beati gli ignoranti, ai quali è dato talvolta (vi pare poco?) di capire l’essenza delle cose al di là delle complicazioni astruse ed inconcludenti costruite dai sapienti.
 
Queste belle “questioni di principio” sulle quali la Corte Europea ci ammannisce il distillato del sapere dei suoi componenti, hanno il difetto (non certo secondario) di “sorvolare” sul fatto che i diritti di cui si discute sono di uomini e non di cavie. Ora tutti possiamo cercare di bearci prendendo atto della affermazione del principio, che, al di là di quella beffarda cifra del risarcimento di 10.000 euro è intervenuta in quella disgraziata vicenda.
Ma ha ragione quel mio amico: la beffa della cifra irrisoria liquidata quale risarcimento dei danni e “pretium doloris” è l’unica cosa chiara e certa in questa sentenza.
Perché ancora una volta i giornalisti italiani, insuperabili nella abilità di nascondere episodi importanti ed eclatanti al pubblico dei loro lettori (è di questi giorni la “soppressione” che solo “Il Garantista” ha “bucato”, della piena assoluzione dei duecento e passa abitanti di Platì, in Calabria fatti arrestare una dozzina di anni fa dall’attuale Ministro della Giustizia “de facto” Gratteri (essendo ogni giorno più chiaro che il povero Orlando, voluto al suo posto da Napolitano conta a Via Arenula quanto il due a briscola) la loro attenzione per la sentenza della Corte Europea sul caso Contrada è stata scarsa, se non assai “lenta” e la loro esposizione del contenuto piuttosto approssimativa ed indulgente. Una confusione solo in parte giustificata dal fatto che le sentenze sui ricorsi di Contrada erano più di una. 
Diecimila euro a parte, un’altra beffa si è aggiunta a quelle che hanno segnato la tragedia di Bruno Contrada. Ha vinto la parte, la causa di principio del diritto penale dei paesi civili, ma per averlo l’Italia ha violato violando la violazione che sembra, invece essere stata “legittimata” dalla sentenza europea.
Per cercare di chiarire il pasticcio, che, ignorato da giornalisti e, per quel che mi risulta, da luminari più o meno luminosi del diritto in circolazione abituale anche nelle redazioni dei giornali e negli studi televisivi, qualcuno potrà pensare essere il frutto triste della mia vecchiaia, bisogna ricordare che Contrada è stato condannato per “concorso esterno in associazione mafiosa”, il famoso (cioè famigerato) reato fantasma, che i magistrati hanno fabbricato “in casa”, inventandolo nelle loro sentenze, in un primo tempo negando che si trattasse di altro che di una sottospecie del reato di partecipazione ad associazione di stampo mafioso, poi sempre più disinvoltamente facendo a meno di tale camuffamento.
Anche nel caso Contrada, dunque, era stato violato il principio che, quando si parlava più in latino che in inglese, si riassumeva nel brocardo “nullum crimen, nulla poena sine praevia lege poenali”. Principio recepito e conclamato dall’art. 7 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo.
Ingroia, il grande giurista della Palermo dell’Era di Crocetta e del processo dello Stato imputato di aver tentato di subire i ricatti della mafia, già P.M. nel processo a Bruno Contrada, ha sfoderato un commento inviperito contro la sentenza che avrebbe “male applicato l’art. 7 della Convenzione Europea”, perché “anche senza il reato di concorso esterno Contrada, colpevole, colpevolissimo, avrebbe dovuto “comunque” essere condannato per favoreggiamento” (un “lottatore” come Ingroia non bada a certe piccolezze).
In realtà i bravi giudici europei, si dovrebbe dire, sulla questione chiara e semplice dalla violazione dell’art. 7 della Convenzione “se ne sono disinvoltamente lavate le mani”.
Ma adottando un metodo che noi Italiani ci ostiniamo a chiamare “all’italiana”, hanno cercato di “svicolare” con un pasticcetto.
Hanno affermato che, data per scontata (e perdonata) la violazione dell’art. 7, l’Italia aveva però violato tale perdonabile violazione, non tenendo conto che la “creazione” del nuovo reato da parte nongià del Parlamento, ma degli stessi giudici era avvenuta solo nel 1994, dopo i fatti contestati al povero Contrada.
Anzi, ad esser precisi (si fa per dire) sono stati ancor più viscidi ed ambigui: hanno rilevato che sì, il “concorso esterno” era stato inventato dai giudici prima di quella data, ma era ancora “molto confuso ed impreciso”.
Un reato inventato da un Organo non Legislativo ma giudiziario, che per un certo periodo era “confuso”. E la giurisprudenza “creativa” non doveva essere “retroattiva”.
Sì certo, molto confuso è questo (si fa per dire) ragionamento.
Ed allora? Dobbiamo dire che sulla testa di Contrada è piovuta, dopo molte baggianate “nazionali”, anche un’”eurocazzata”?
Al mio paese correva il proverbio “tempo di carestia pane di veccia”.
Già. Questo marchingegno (io non vorrei chiamarlo proprio eurocazzata) trova infatti critici più severi che noi. E per opposti motivi.
Antonio Ingroia, avvocato, manager pubblico e commissario regionale alla ex provincia (regionale) di Trapani, ex candidato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed ex P.M. della Procura di Palermo che, a suo tempo, trattò l’inchiesta ed il processo contro Bruno Contrada ha espresso il suo illuminato giudizio: “La Corte Europea ha preso una solenne cantonata… i giudici parlano di una violazione dell’art. 7 della Convenzione Europea, ma tutto nasce da un fraintendimento: hanno pensato che i fatti contestati a Contrada non fossero punibili in assenza di reato di concorso esterno in associazione mafiosa, ma non è così perché sarebbero stati comunque punibili per favoreggiamento…”.
Per questo campione del “giure lottatorio”, purché ci sia una legge penale, un imputato può benissimo essere condannato per un reato qualsiasi diverso da quello a lui attribuito. Tanto più se esso, in realtà non c’è e non è conforme a norme sovraordinate (europee o costituzionali). Da un Ingroia non c’era da attendersi di meglio.
La sentenza (anzi, le sentenze) Contrada hanno creato un putiferio.
Altri campioni del giustizialismo antigarantista si sono mostrati meno disinvolti di Ingroia: hanno ingoiato il rospo.
E, poi, persone serie e giuristi autentici hanno finito per farsi trascinare dal loro compiacimento a dire qualche mezza cavolata.
Fiandaca ha dichiarato che ora il legislatore deve intervenire per “meglio definire il reato di concorso esterno”. Cosa che è un pochetto di più della metà di una cavolata, perché, in sostanza significa: “miglioriamo l’abuso…”.
E già, perchè tutti gli altri più o meno astrusi ragionamenti girano intorno alla “legittimazione” che, sia pure con l’avvertimento che si trattava di una questione che le parti avevano data per pacifica (!!??) per la creazione giurisprudenziale di un reato (e che reato!) la sentenza Contrada non si può negare che costituisca una forma più o meno esplicita di legittimazione dello strapotere del “giudice legislatore”. Una vittoria anch’essa “all’italiana”, viscida e contorta del “diritto libero” contro cui Piero Calamandrei spezzava una lancia nel suo coraggioso discorso del 15 gennaio 1940, quando esso era la teoria ufficiale del diritto penale nazista.
Io sarei un po’ meno portato, quindi, all’entusiasmo ed all’ottimismo. Auguri a quanti confidano che queste sentenze aprano le porte delle galere a questo o quel condannato.
Attenzione: anche in Europa, di fronte alle più manifeste baggianate, si cerca un compromesso. Magari si afferma che le baggianate non devono avere effetti retroattivi.
Che Iddio ce la mandi buona.

di Mauro Mellini - 15 aprile 2015
fonte:http://www.giustiziagiusta.info


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