Il Parlamento italiano sta
attualmente studiando un nuovo testo di legge sulla diffamazione. Il
testo vuole eliminare il carcere per i diffamatori, ma inserisce
elementi pericolosi per il benessere dell’informazione: tra di essi,
l’obbligo di pubblicazione - da parte dei giornali – della replica di
chi si ritiene diffamato. Obbligo che il responsabile giustizia PD David
Ermini vuole estendere anche ai blog e alle testate non registrate.
Il Parlamento italiano sta
attualmente studiando un nuovo testo di legge sulla diffamazione. Il
testo vuole eliminare il carcere per i diffamatori, ma inserisce
elementi pericolosi per il benessere dell’informazione: tra di essi,
l’obbligo di pubblicazione – da parte dei giornali – della replica di
chi si ritiene diffamato. Obbligo che il responsabile giustizia PD David
Ermini vuole estendere anche ai blog e alle testate non registrate.
Dunque non è bastata la mobilitazione di tutto il mondo giornalistico a
far capire che un simile “diritto all’oblio”, così come concepito dal
testo in discussione, sarà un potentissimo mezzo di censura nelle mani
dei più ricchi. Non sono bastate le parole di Stefano Rodotà, che ha
parlato di “una proposta che mette a rischio il diritto costituzionale
ad informare ed essere informati”. La politica ha deciso non solo di
proseguire sulla propria via, ma addirittura di estendere i paletti
anche alle categorie che prima ne erano esenti.
Si è deciso di non intervenire in tema
di “querele temerarie” – vale a dire querele effettuate esclusivamente a
scopo intimidatorio, ma prive di fondamento giuridico reale -, si sono
concessi ai giornali limiti temporali per l’azione troppo ristretti. È
stata negata la possibilità di controbattere e giustificarsi, lasciando
l’ultima parola alla replica del presunto diffamato. È stato reso
possibile intimidire gli addetti all’informazione facendo leva sulla
contrattualistica, sulla loro precaria condizione economica, sulla loro
impossibilità nel sostenere processi infiniti. E non è stata garantita
loro alcuna tutela. Milena Gabanelli è intervenuta spiegando che altrove
la diffamazione a mezzo stampa è punita in maniera molto più decisa, ma
che in parallelo esistono immense tutele per i giornalisti: chi si
sente diffamato è tenuto – in caso di causa persa – a pagare un multiplo
della cifra da lui stesso inizialmente richiesta per il presunto danno
subito. Da noi invece basta pagare una multa pressoché irrisoria e la
storia finisce lì.
In un Paese che veste la maglia nera
europea per la libertà di informazione, una simile legge completerebbe
in maniera definitiva il totale asservimento dell’informazione al potere
politico, economico e finanziario. Ma è bene ricordare che
all’oppressione si risponde con la resistenza, alla disinformazione con
l’informazione, ai bavagli con la voglia di urlare la realtà delle cose.
È bene ricordare che se un simile testo dovesse essere approvato, il
giornalismo – quello libero, quello pulito, onesto e coraggioso – non
demorderà. Non cederemo neanche di un passo, e continueremo a denunciare
le vostre malefatte, i vostri soprusi e i vostri squallidi interessi.
Le vostre minacce non scalfiranno la
nostra consapevolezza dello star lavorando genuinamente, nell’esclusivo
interesse del lettore e della società. Non ci piegheremo, perché siamo
noi quelli con la coscienza pulita. Non ci genufletteremo, perché noi
non abbiamo le vostre stesse abitudini. Non ci svenderemo al miglior
offerente, perché è nella nostra natura essere liberi ed indipendenti. E
nonostante tutti i soprusi, le censure, le arroganze e le violenze di
cui sarete capaci, ci troverete sempre lì – ultimi baluardi del libero
pensiero – con la bocca ben aperta a raccontare la verità. Perché ai
vostri luridi ricatti noi non cederemo.
di Gabriele Cruciata
- 27 aprile 2015
fonte: http://www.lintellettualedissidente.it
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