“Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello”
Dante Alighieri, Divina Commedia,Purgatorio Canto VI, vv. 76-78).
La necessità di riformare la Parte II della Costituzione nasce più di trent’anni fa, ma, fino ad oggi, fatta eccezione per la riforma del Titolo V (una pessima revisione fatta dal centro-sinistra nella XIIIa Legislatura) e per alcuni “ritocchi” criminali più recenti (vedesi ad esempio la costituzionalizzazione del vincolo del pareggio di bilancio – art. 81 Cost. – per mano della XVIa Legislatura), la struttura istituzionale disegnata dall’Assemblea Costituente nel 1946-47 è rimasta perfettamente intatta.abbiamo un Parlamento composto esclusivamente di nominati (tutti) e di un numero elevatissimo di parlamentari “eletti” grazie ad un premio di maggioranza sproporzionato; ci troviamo quindi di fronte ad un Parlamento “eletto” con una legge elettorale dichiarata incostituzionale sia nella parte in cui non prevedeva la possibilità per l’elettore di esprimere preferenze per i candidati, sia nella parte in cui non prevedeva una soglia minima di voti oltre la quale avrebbe dovuto trovare applicazione il premio di maggioranza.
Oddio, vedendo quanto è accaduto (e accade) dal novembre 2011 in avanti, intatta è rimasta solo la Costituzione formale (e neppure quella, visto quanto sopra), mentre la Costituzione materiale è stata pesantemente tradita e violentata.
Ma questa è un’altra storia…
Per quanto riguarda l’elaboranda riforma della Parte II della Costituzione fortemente voluta da Matteo Renzi (Presidente del Consiglio dei ministri e Segretario politico nazionale del PD), entrerò nel merito della stessa – analizzandone i principali aspetti di criticità – solo quando il testo sarà licenziato definitivamente dal Parlamento in seconda lettura, in modo tale da potervi fornire un’ampia analisi storica, giuridica e costituzionale prima del più che probabile referendum popolare confermativo (art. 138 Cost.) al quale molto probabilmente saremo chiamati per esprimere SI o NO alla riforma nel suo complesso, con la conseguenza che la stessa entrerà in vigore – nei termini eventualmente dalla stessa previsti – solo se i SI supereranno i NO (ricordatevi che non è previsto quorum costitutivo). Diversamente, se i NO saranno più dei SI, la riforma si dissolverà a colpi di semplice matita.
Oggi mi occuperò esclusivamente del METODO con il quale il Parlamento – sotto una forte ed illegittima pressione del Governo – sta elaborando e realizzando una significativa riforma di quella Parte II della Costituzione che regola l’Ordinamento della Repubblica.
Va anzitutto chiarito che le riforme costituzionali – e soprattutto il procedimento di revisione – sono di competenza esclusiva del Parlamento (potere legislativo), per cui né il Governo (potere esecutivo) né la Magistratura (ordine giudiziario) devono interferire nelle decisioni e nel percorso democratico dell’unico organo istituzionale legittimato ad esercitare la sovranità popolare: il Parlamento!
Il tutto, ovviamente, fatto salvo il più ampio e legittimo diritto di critica che deve poter essere esercitato da chiunque (e ci mancherebbe altro!), ma le interferenze che io ritengo intollerabili sono quelle “minacciose” che un potere esercita sull’altro! Ma anche questa è un’altra storia…
Entriamo nello specifico.
Come ho già scritto più volte, fatta eccezione per i “principi supremi” sui quali si fonda il nostro Ordinamento costituzionale (in parte coincidenti con i primi 12 articoli rubricati nei Principi Fondamentali), per la forma repubblicana (intesa nella sua più vasta accezione) e per la Parte I della Costituzione (modificabile solo in melius), la nostra Madre delle Fonti del Diritto è, sì, soggetta a revisione, ma solo attraverso la procedura “aggravata” (rafforzata) prevista dall’art. 138 Cost. che attribuisce questa facoltà esclusivamente al Parlamento.
Come ho già avuto modo di dimostrare in un mio precedente articolo (http://scenarieconomici.it/italicum-la-sostituzione-della-minoranza-pd-in-commissione-affari-costituzionali-alla-camera-colpo-di-stato-o-regolare-gioco-democratico-di-giuseppe-palma/), negli ultimi tre anni e mezzo si sono compiuti in Italia parecchi “colpi di Stato” nel pieno rispetto della Costituzione formale ma nel totale superamento e tradimento della Costituzione materiale, quindi la Vostra attenzione dovrà essere superiore rispetto al normale “livello di guardia”.
Bene. Com’è ormai sotto gli occhi di tutti, l’attuale Presidente del Consiglio dei ministri sta arbitrariamente – e illegittimamente – dettando ritmi, tempi e soprattutto contenuti sia della riforma costituzionale che della legge elettorale, materie – entrambe – sulle quali il Governo non dovrebbe MAI mettere il becco.
Pietro Calamandrei diceva che, durante i lavori di discussione e redazione degli articoli della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri non dovrebbe mai essere presente…
E invece…
Erano gli inizi di febbraio di quest’anno quando il nostro Presidente del Consiglio, entrando di notte nell’aula di Montecitorio ed aggirandosi tra i banchi dei deputati, “imponeva” ai parlamentari del suo partito (e di riflesso anche a quelli di tutti gli altri gruppi) l’approvazione sia della riforma costituzionale da lui voluta che i tempi di realizzazione, “intimorendo” i suoi che se non si fossero adeguati lui si sarebbe dimesso con conseguenti elezioni politiche, mettendo quindi a rischio la rielezione dei dissidenti (il tutto con i dovuti modi, ovviamente).
Oggi la riforma costituzionale è ancora in prima lettura, quindi c’è spazio per un’ulteriore discussione sia politica che giuridico-costituzionale, ma facciamo attenzione perché le premesse sul metodo sono molto preoccupanti.
Immaginate cosa avrebbero scritto i giornaloni nazionali (ed anche la stampa estera) se ad aggirarsi di notte tra gli scranni della Camera durante la discussione e votazione sulle riforme costituzionali fosse stato Silvio Berlusconi e non Matteo Renzi!!! Apriti cielo!!! La finta superiorità culturale della sinistra è un antico virus tutto italiano!
Ma l’esempio delle riforme costituzionali non è il solo circa il metodo scellerato con il quale Parlamento e Governo stanno attuando le riforme. Vi ricordo, ad esempio, anche la riforma del lavoro (Jobs Act) e della legge elettorale (Italicum), entrambe imposte dal Governo al Parlamento nel rispetto della Costituzione formale ma violentando brutalmente quella sostanziale.
Ma v’è un qualcosa che va addirittura anche oltre il metodo, che si chiama DECENZA, completamente scomparsa dal vocabolario della politica nostrana. E vi spiego il perché.
Nel gennaio 2014, con Sentenza n. 01/2014, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della Legge n. 270/2005 (legge elettorale denominata Porcellum) nella parte in cui questa non prevedeva: a) la possibilità per l’elettore di esprimere le preferenze per i candidati; b) una soglia minima di voti oltre la quale avrebbe dovuto trovare applicazione il premio di maggioranza.
Ciò detto, l’attuale Legislatura (XVIIa) – come anche le ultime due (XVa e XVIa) – sono state elette con una legge elettorale dichiarata incostituzionale, seppur la Consulta si preoccupava di precisare ugualmente la legittimità del Parlamento.
Non è così. A mio modesto parere il Parlamento, checché ne dica la Corte, è illegittimo, e questo non solo perché le due Camere si compongono esclusivamente di parlamentari nominati (in aperta violazione degli artt. 1 co. II, 56 co. I e 58 co. I Cost.), ma soprattutto perché una parte consistente sia di deputati che di senatori sono stati “eletti” grazie ad un premio di maggioranza abnorme dichiarato incostituzionale da quella stessa Corte che poi – timidamente – corre a dichiarare la legittimità di un qualcosa che ha ragione di esistere su meccanismi che poco prima ha dichiarato incostituzionali.
Pazzesco, ma è così!
Per di più l’attuale composizione parlamentare, prendendo ad esempio solo la Camera, è composta per il 55% dei seggi da deputati “eletti” in una coalizione di liste che alle elezioni politiche del febbraio 2013 ottenne appena il 29,55% dei voti, esattamente lo 0,37% in più della coalizione di liste arrivata seconda (29,18%).
La coalizione arrivata prima ottenne dunque un premio di maggioranza in stile “Lascia o Raddoppia”, cioè di quasi il doppio dei voti espressi dal popolo: 29,55% (voti espressi dagli elettori) + 25,45% (premio di maggioranza successivamente dichiarato incostituzionale) = 55% (340 seggi). Alla faccia del voto eguale di cui al secondo comma dell’art. 48 Cost.!
Della coalizione vincente (si fa per dire!) faceva parte il Partito Democratico (PD), il quale ottenne appena il 25,42% dei voti, una percentuale inferiore a quella ottenuta dal Movimento 5 Stelle (primo partito con il 25,56%).
A causa delle difficoltà politiche e numeriche che tutti ben conosciamo, nessuna delle persone indicate dalle liste (o coalizioni di liste) prima delle elezioni politiche a ricoprire la carica di Presidente del Consiglio ha successivamente ricoperto la predetta carica, con la conseguenza che abbiamo avuto due Presidenti del Consiglio (Enrico Letta e Matteo Renzi) non eletti dal popolo, ai quali si aggiunge un terzo non eletto – che è Mario Monti – alla fine della scorsa Legislatura. Tanto per non farci mancare nulla!
Fatta questa doverosa premessa, arrivo al punto:
Ciò premesso, è proprio questo Parlamento (sotto una forte ed illegittima pressione di un Governo presieduto da un “non eletto”) che sta discutendo e realizzando un’ampia riforma della Parte II della Costituzione, quella stessa Costituzione costata milioni di morti e lasciataci in eredità dai nostri Padri, quegli stessi Padri che abbiamo ipocritamente festeggiato lo scorso 25 aprile.E non venitemi a parlare del 40,8% che il PD ha ottenuto alle elezioni europee perché non c’entra assolutamente nulla! A parte il fatto che trattasi (le europee e le politiche) di due consultazioni elettorali completamente diverse l’una dall’altra, con l’aggravante che l’affluenza alle europee fu appena di circa il 59% degli aventi diritto, quindi quel 40,8% non può in alcun modo essere speso quale presunta legittimazione politico-elettorale né da Renzi (che non si candidò) né dal PD.
Ma v’è di più: la golden share sulle riforme, ma anche sull’intera politica italiana, grazie ad un premio di maggioranza incostituzionale la detiene il Partito Democratico, il quale, con appena il 25,42% dei voti (cioè 1/4 del 75% dei votanti) esprime non solo il Governo del Paese, ma detta addirittura (attraverso il suo Segretario che è anche il Presidente del Consiglio) l’agenda politica e i contenuti (oltre che i tempi) delle riforme!
L’unica legittimazione democratica di Renzi è quella del 67% di consensi che ottenne quando si candidò alla Segreteria del suo partito (primarie del PD del dicembre 2014 con un’affluenza casalinga). Punto. Per quanto riguarda la politica nazionale (e quindi anche le riforme costituzionali) e l’agenda di Governo, l’ex sindaco di Firenze non ha alcuna legittimazione democratica! Ha sicuramente la legittimazione costituzionale (nomina a Presidente del Consiglio dei ministri da parte del Presidente della Repubblica e fiducia espressa al suo Governo da entrambi i rami del Parlamento), ma non quella popolare! Quella no!fonte: http://scenarieconomici.it
Non ci sono altre verità! Chi vi racconta altre versioni vi racconta falsità!
Dalla Legge delle XII Tavole (451-450 a. C.) alla vigente Costituzione (1948 d. C.) l’Italia è stata la Patria del Diritto, esempio per il mondo intero di impareggiabile civiltà giuridica!
Oggi, tra la politica fatta coi tweet e le incomprensibili semplificazioni, i NUOVI BARBARI sono entrati a Roma!
Sarà quindi una neofita Lex Romana Visigothorum (visti anche i diktat sulle riforme imposti da organismi sovranazionali non eletti) a disciplinare l’Ordinamento della Repubblica!
Buonanotte popolo! Un altro “Medioevo” è alle porte. Corri ad accogliere il tuo nuovo Signore!
Giuseppe Palma - 27 aprile 2015
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