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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

19/06/14

ITALIA A FONDO - IL PAREGGIO DI BILANCIO? UNA FOLLIA "COSTITUZIONALE"







C’è un solo fondato motivo per ritoccare la Costituzione Italiana, nata sulle ceneri del fascismo e nel segno dell’unità nazionale. E non è quello che si aspettano i restauratori dell’infausta politica del liberalismo che ha trascinato l’Italia ai piedi della Germania, nella serie B continentale. La Costituzione va ritoccata per eliminare la purulenta aggiunta dell’ obbligo del pareggio di bilancio, una postilla che l’Europa, neanche quella delle banche, ci aveva chiesto e che i nostri zelanti politicanti, primo fra tutti quello di maggioranza relativa, si sono affrettati a inserire. Come uno studente secchione che vuole strafare rispetto al professore. Oggi che l’inflazione è bassa, l’economia non tira, il Pil è fermo mentre crescono solo le percentuali della disoccupazione soprattutto giovanile, ci si rende conto della follia di questa innovazione. Appare chiaro a tutti, compresi gli economisti più retrivi e, primi fra tutti, nella parte buona, i keynesiani, che il pareggio di bilancio è un’araba fenice, un ballon d’essai, un miraggio e che, stante la stagnazione dell’economia, la tassa fissa di una sottrazione da 50 miliardi di euro all’anno, tarpa le ali a qualunque progetto di palingenesi. Debito chiama debito e così solo di interessi passivi l’Italia si trova a pagare 81 miliardi all’anno. E’ per questo che il debito pubblico si è innalzato a 2146 miliardi. Invariabilmente cresciuto in una solerte linea di continuità da Berlusconi a Monti, da Letta come a Renzi. E’ una piega irreversibile che non muterà traiettoria se non si modificherà la filosofia del manovratore, cioè dello Stato, cioè del Governo, cioè della coalizione. La Germania, uscita prostrata e bombardata dalla seconda guerra mondiale, nel 1953 ridiscusse il debito con gli alleati e trovò la forza per una poderosa inversione di tendenza che, unita all’inclinazione virtuosa di governanti e popolo (da loro non c’è mafia, c’è scarsa corruzione e ancora meno si rintraccia l’evasione fiscale, queste tre concomitanze costano all’Italia circa 380 miliardi all’anno) produsse quella resurrezione che ha portato all’attuale condizione di benessere. Fu una decisione politica ante-Europa unita che sparigliò l’esistente. Il vincitore capì che doveva essere clemente. L’Europa attuale ha una politica di equilibri e il suo import export dipende anche dall’Italia. Dunque il nostro paese, a differenza della Grecia, anche in forza della propria ricchezza lorda (attualmente le famiglie italiane detengono valore per 8.3000 miliardi di cui 2.200 cash, 250 peraltro conservati in Svizzera) avrebbe la possibilità di transare nuove condizioni. Chi può credere oggi che scontando 50 miliardi all’anno per venti anni, l’Italia si troverà nel 2034 ad aver dimezzato il debito? Perché i nuovi nati già nella culla devono sentirsi ripetere che “partono” con un deficit pro capite di 36.000 euro? Che male hanno fatto? Che male hanno prodotto gli italiani se non essere stati governati (da Craxi in avanti) da una classe politica inetta e non competente, persino nelle modalità dell’ingaggio in Europa? Ci vorrebbe una class action per far pagare alla classe dirigente l’attuale stallo della società italiana, insabbiata nell’immobilismo, affondata nella disperazione delle piccole tragedie di ogni giorno. Chi ha buona memoria, anche se non farà la rivoluzione, è d’uopo che se ne ricordi nei piccoli atti di ogni giorno, compreso il “dovere elettorale”.

By Daniele Poto - 17 giugno 2014
fonte: http://www.agoranewsonline.com

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