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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

18/06/14

Così l’India di Modi sfiderà la Cina



 
 
Narendra Modi, capo del nazionalista liberista Partito del Popolo Indiano (BJP) ha conseguito una schiacciante vittoria elettorale. Potrà attuare le profonde riforme previste nel suo programma liberista e di apertura dell’India all’economia mondiale. Ha la maggioranza assoluta dei seggi nella Camera Bassa (282 deputati su 543, che divengono 336 con l’aggiunta di quelli vinti dai partiti alleati nell’Alleanza Democratica Nazionale). E’ un evento che non inciderà solo sul futuro dell’India, ma anche su quello del mondo. Il rivale Partito del Congresso, socialisteggiante, dinastico e dominato dalla famiglia Nehru-Gandhi, ha subito un tracollo: solo 44 deputati.

LE RIFORME PROMESSE
L’attuazione delle riforme promesse da Modi avrà un profondo impatto. L’India, denominata ora “ufficio del mondo”, per la prevalenza nella sua economia del terziario avanzato, competerà con la Cina – “officina del mondo” – nel settore manifatturiero. Modi propone un’accelerata industrializzazione e infrastrutturazione del paese. Un aspetto folcloristico consiste nel progetto di purificazione delle acque del Gange. L’economia indiana da chiusa si aprirà al mercato globale. Gli investimenti esteri verranno favoriti. Riprenderà la crescita, penalizzata dai sussidi e dai programmi sociali del Partito del Congresso. Milioni di persone si sposteranno dall’agricoltura all’industria. L’economia mondiale conoscerà uno shock simile a quello prodotto dall’entrata della Cina nella globalizzazione. Verrà rivoluzionato il mercato delle commodities, per l’aumento dei consumi energetici e di materie prime da parte indiana.

IL POTENZIALE INDIANO
L’India ha un enorme potenziale di sviluppo. Modi si propone di attivarlo. Vi sono le premesse per farlo. Il governo sarà molto più stabile dei precedenti. Non sarà più in balia dei partiti e interessi localistici e castali. Potrà impostare e gestire un programma di sviluppo nazionale, se necessario imponendolo alle variegate e litigiose componenti della società indiana, divisa in 28 Stati e varie aree metropolitane, gelosi tutti della loro autonomia. Modi potrebbe essere per l’India quello che Deng Xiaoping è stato per la Cina. Rispetto a quest’ultima, l’India ha un grande vantaggio: il “dividendo demografico”. La sua popolazione è giovane e cresce rapidamente. Nel 2100, secondo l’ONU, avrà 1,5 miliardi di abitanti, rispetto ai “soli” e molto più vecchi 900 milioni della Cina. La forza-lavoro dell’India sarà doppia di quella cinese. Il suo sistema bancario è poi molto più efficiente di quello cinese. Le tensioni con la Cina aumenteranno la già consistente presenza giapponese. Ottime prospettive esistono anche per la collaborazione economica con l’Europa. La principale sfida che dovrà affrontare Modi è la lotta alla corruzione. Se la vincerà, un nuovo colosso industriale entrerà in pochi anni sulla scena mondiale.

LE CONSEGUENZE GEOPOLITICHE
Più incerte, anche se certamente molto rilevanti, sono le conseguenze geopolitiche della crescita del secondo gigante asiatico. Il sistema Asia-Pacifico s’integrerà con quello dell’Oceano Indiano. La penisola indocinese, teatro storico della competizione fra l’India e la Cina – come suggerisce il suo stesso nome – vedrà una lotta per l’influenza fra New Delhi e Pechino. Il confronto con la Cina si estenderà all’ASEAN, al Medio Oriente e all’Africa. Interesserà anche l’America Latina. India e Brasile fanno parte con il Sudafrica dell’IBSA, associazione che coordina le politiche dei tre paesi nel gruppo dei BRICS e del G-20. Si accentuerà la politica del “Look East”, adottata dall’India dopo la fine della guerra fredda, data la perdita d’importanza del Gruppo dei Paesi Non Allineati, di cui l’India era a capo sin dalla sua creazione a metà degli anni cinquanta. Tale politica ha portato alla collaborazione dell’India con il Giappone, la Corea del Sud e con l’Australia, pur non dando luogo a una vera e propria alleanza. Si attenuerà il timore indiano di farla percepire come una politica di contenimento della Cina. L’India, comunque, ha sviluppato già accordi con i paesi dell’ASEAN, specie con il Vietnam e le Filippine. Effettua esplorazioni sottomarine nel Mar Cinese Meridionale – che significativamente viene chiamato in India “Oceano Indiano Orientale” – in aree su cui la Cina rivendica piena sovranità.

LE TENSIONI FRA USA E PAKISTAN
Le tensioni esistenti fra gli USA e il Pakistan, avversario tradizionale dell’India, e il ritiro americano dall’Afghanistan conferiranno un nuovo dinamismo alla politica estera indiana. Modi è fautore di un potenziamento militare, soprattutto navale. Non per nulla, uno dei suoi primi atti da capo del governo è significativamente consistito nell’imbarco sulla nuova portaerei indiana. Ha affermato di voler dotare la Marina, entro 10 anni, di ben sei gruppi portaerei, con cui dominare l’Oceano Indiano, dall’Indocina all’Africa, contrastando la strategia cinese denominata “collana di perle”. Essa consiste nella costruzione da parte di Pechino di una catena di porti, estesa dal Golfo del Bengala alle Maldive. Essi potrebbero rapidamente essere trasformati in basi militari.

IL SOSTEGNO DI MOSCA
L’India, sin dalla sua indipendenza, si è appoggiata a Mosca, anche perché gli USA erano alleati del Pakistan, che costituiva anello della catena di alleanze (METO e SEATO), volte a contenere l’URSS. Importa dalla Russia gran parte dei suoi armamenti, anche se ha cercato ultimamente di importarli anche dall’Occidente. Purtroppo, lo scandalo delle “mazzette” di Agusta-Westland sembra aver chiuso, almeno temporaneamente, il mercato per l’Italia. Forse nuove possibilità di collaborazione si presenteranno per l’intenzione di Modi di potenziare l’industria degli armamenti nazionale, trascurata dai precedenti governi, eccezion fatta per le sue componenti nucleare e missilistica. Modi non condivide la diffidenza verso i militari del Partito del Congresso, che li considerava troppo legati all’Occidente e simpatizzanti con il partito nazionalista indù. Ha già affidato il Consiglio Nazionale della Sicurezza a ex-capi dello Stato Maggiore Generale e dei Servizi d’Intelligence. Sa, comunque che, per vari decenni, l’India non sarà in condizioni di bilanciare la potenza militare cinese e che gli equilibri di potenza in Asia dipenderanno dagli USA. A Modi “brucia” ancora, la sconfitta inflitta all’India da Pechino nella guerra himalayana del 1962. Prima di sfidare apertamente la Cina, dovrà aspettare anni. Darà priorità alla crescita economica, facilitata dalla stabilità strategica. In questo senso ha mosso i primi passi in politica estera, cercando si attenuare il contenzioso con il Pakistan, convocando una riunione dell’Associazione degli Stati dell’Asia Meridionale e promuovendo contatti con Pechino.

IL GIOCO DELLE POTENZE
L’equazione strategica mondiale sarà influenzata dal come l’India si collocherà nel gioco delle grandi potenze, che determinerà il futuro ordine mondiale. Si legherà maggiormente agli USA? Rafforzerà i suoi rapporti con la Russia? Parteciperà più attivamente alla SCO (Shanghai Cooperation Organization)? Manterrà i piedi in due staffe: quella degli USA e quella del blocco continentale Russia-Cina, che contesta l’attuale ordine mondiale unipolare, centrato sugli USA? Cercherà di costituire un nuovo gruppo di Stati non-allineati fra i due? Sono interrogativi a cui per ora non è possibile dare risposta. Molto dipenderà dai rapporti con il Pakistan e da che cosa avverrà in Afghanistan, paese su cui l’India intende esercitare un’influenza, forse assieme all’Iran e alla Russia. Tale politica potrebbe metterla in rotta di collisione con la Cina, legatissima al Pakistan.

L’ORGOGLIO NAZIONALE
Una costante della politica estera indiana è stata sin dall’indipendenza del 1947 uno spiccato orgoglio nazionale. La questione riguarda direttamente l’Italia, per l’incredibile vicenda dei due Marò, trattenuti ormai da oltre due anni, senza neppure che sia stato iniziato il loro processo. Dopo gli altrettanto incredibili pasticci combinati dai passati Governi italiani sembra che ci sia messi sulla buona strada: quella di appellarsi alla giustizia internazionale. L’avvento di Modi, che non può essere attaccato “da destra”, potrebbe aprire la strada a una soluzione a tale vicenda mortificante per il nostro Paese. Un’intesa potrebbe migliorare i rapporti con l’Italia che ha avuto sempre ottime relazioni con l’India.

Carlo Jean 18 - 06 - 2014
fonte: http://www.formiche.net

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