Guardatevi le spalle, sempre. Quando uscite di casa o siete al telefono. Vivete in un Paese che tortura oppositori, criminali e perfino gente comune. Siete circondati da camere di tortura, attrezzate con ogni sorta di strumento punitivo ed estorsivo: temete per la vostra libertà e la vostra vita. Tale “consiglio” arriva da Amnesty Inetranational. Che, nella sua campagna per fermare la tortura, ha affiancato l’Italia ai cinque Paesi che necessitano di attenzione particolare - Messico, Filippine, Marocco, Uzbekistan e Nigeria - perché non abbiamo il reato di tortura nel codice penale. La cosa non sorprende, se si pensa che anche la terza carica dello Stato - la presidente della Camera Boldrini, per l’appunto - fa passare in ogni occasione l’idea che l’Italia violi diritti su diritti.
Ma vediamo chi, in questa grottesca lista, non figura. Cito dal sito di Amnesty: «Maltrattamenti e torture sono diffusi in Arabia Saudita. Tra i metodi usati ci sono pugni, percosse con bastoni, sospensione al soffitto o alle porte delle celle tramite caviglie o polsi, scariche elettriche sul corpo, prolungata privazione del sonno e reclusione in celle gelide». E ancora: «Un ex funzionario di sicurezza del più grande centro di detenzione politica della Corea del Nord per la prima volta ha raccontato ad Amnesty di detenuti costretti a scavarsi la fossa e di donne stuprate e poi scomparse. Centinaia di migliaia di persone, donne e bambini compresi, sono detenute nei campi di prigionia politica». Qualcosa non torna, è evidente. L’Italia, che assiste ogni giorno centinaia di migranti alla deriva, il Messico che se la vede con i narcos che uccidono migliaia di persone l’anno e il Marocco che sta riformando la disciplina dei diritti umani e della donna, sono Paesi torturatori su cui fare campagne ad hoc. Per Arabia Saudita e Corea del Nord invece niente segnalazioni speciali.
C’è poco da aggiungere: siamo di fronte a un’operazione dal sapore tutto italiano, condita dallo scandaloso buonismo di casa nostra. E dunque, tutti in silenzio ad ascoltare le accuse senza fondamento di chi dimentica Paesi canaglia come l’Afghanistan - in cui una donna si differenzia da un burqa solo se giace massacrata e sfregiata in una fossa - e le tira fuori quando c’è necessità politica, quando fa comodo. O si ricorda a intermittenza che Sahara Occidentale significa anche Algeria - ma a qualcuno fa più gioco puntare il dito lì dove la volontà riformatrice fa passi in avanti ogni giorno, piuttosto che agire su chi fa della sua impunità un vanto davanti al mondo. Ah, quasi dimenticavo: per donare, e confermare che in Italia anche voi sapete che la tortura esiste, basta anche la carta di credito…
di Souad Sbai - 15 maggio 2014
fonte: http://www.liberoquotidiano.it
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