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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

15/05/14

Quella crociera sul Britannia prima del "governo tecnico"





                               (foto aggiunta)



di Roberto Santoro - 7 Novembre 2011


Il 2 giugno del 1992 il direttore del Tesoro, Mario Draghi, sale sulla passerella del Royal Yacht "Britannia", il panfilo della Regina Elisabetta ormeggiato nel porto di Civitavecchia. Draghi ha con sé l'invito ricevuto dai British Invisibles, che non sono i protagonisti di un romanzo complottista bensì i rappresentanti di un influente gruppo di pressione della City londinese, "invisibles" nel senso che si occupano di transazioni che non riguardano merci ma servizi finanziari.
I Warburg, i Barings, i Barclays, ma anche i rappresentanti di Goldman Sachs, finanzieri e banchieri del capitalismo che funziona, o funzionava, sono venuti a spiegare a un gruppo di imprenditori e boiardi di Stato italiani come fare le privatizzazioni.
Per il nostro Paese ci sono il già citato Draghi, il presidente di Bankitalia Ciampi, Beniamino Andreatta, Mario Baldassarri, i vertici di Iri, Eni, Ina, Comit, delle grandi partecipate che di lì a poco sarebbero state "svendute", così si dice, senza grande acume proprio da coloro che nell'ultimo scorcio della Prima Repubblica le avevano trasformate nei "gioielli di famiglia". Allora come oggi l'Europa tuonava contro l'Italia incapace di far fronte al debito pubblico, gli imponeva regole draconiane per entrare nell'euro, gli speculatori s'interessavano al nostro Paese, ed una classe politica in fase calante stava per essere travolta dal sol della magistratura.
Per gli invitati saliti sul Britannia fu un bagno di realismo: il capitalismo transnazionale, la tecno-finanza, i corsari della "deregulation" gettavano nel grande gioco la nostra piccola economia chiusa in se stessa, che durante la Guerra Fredda era prosperata all'ombra di Mamma Stato in modo neanche troppo miserabile viste le imprese di Mattei. Dopo aver assistito alle esercitazioni militari di una fregata inglese, con tanto di lancio di paracadutisti, Mario Draghi tenne una breve relazione sottocoperta spiegando agli astanti onori ed oneri delle privatizzazioni, con un certo malcelato scetticismo - lui che di quella elite sovrastatuale è sempre stato l'alfiere - sulle reali capacità dell'Italia di svecchiare il suo sistema industriale.
Probabilmente Draghi aveva già intuito che la cura sarebbe stata peggiore del male, che privatizzare senza un chiaro quadro di cosa significasse la parola liberalizzazione nella patria del consociativismo avrebbe provocato conseguenze drammatiche sui nostri conti pubblici, con le riserve della Banca d'Italia prosciugate e il prelievo forzoso nei conti correnti degli italiani ordinato di lì a qualche mese dal governo Amato.
Quello sul Britannia fu un incontro relativamente breve, una gita fino all'Argentario con chef d'altobordo, gamberetti e costolette d'agnello, come racconta uno dei giornalisti del Corriere invitato al seminario. Gli "Invisibles" strinsero relazioni e offrirono delle testimonianze sulla rivoluzione liberista operata da Reagan e dalla Thatcher nel mondo anglosassone, trasferita successivamente nel nostro Paese con il "miracolo economico" alla Telecom. Lo stato in cui oggi versano Poste Ferrovie e Autostrade fa capire che razza padrina abbia prosperato in Italia sulle ceneri del vecchio capitalismo familiare e ministeriale. Così, quando sentite parlare di governi tecnici o delle larghe intese non fidatevi, non si tratta di Ragion di Stato. C'è puzza di bruciato. La democrazia italiana sotto tutela.

di Roberto Santoro - 7 novembre 2011

fonte: http://www.loccidentale.it

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....se ben ricordo, dopo la crociera la lira si svalutò del 25% e le privatizzazioni risultarono più appetibili per gli investitori esteri.

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