La legge è uguale per tutti, anche nell’era dell’emergenza
immigrazione. Chi non rispetta un decreto di espulsione commette un
reato.
Ha dovuto ribadirlo la Cassazione, di fronte alla sfilza di
assoluzioni emesse a favore di migranti irregolari rintracciati dalle
forze dell’ordine e già destinatari di fogli di via mai eseguiti.
Espulsi sulla carta, ma di fatto mai rimpatriati, e infine assolti,
perché il rendersi irreperibili e il rimanere illegalmente in Italia
«non costituisce reato». Ecco, non è vero che il fatto «non costituisce
reato».
L’ha ribadito la suprema Corte, mettendo nero su bianco
l’accoglimento di un ricorso con cui il procuratore generale della corte
d’Appello di Venezia aveva impugnato una serie di assoluzioni
nei confronti un gruppo di marocchini irregolari. Non avevano dato
seguito all’ordine di allontanamento emesso contestualmente al decreto
espulsione, ma un giudice di pace di Verona aveva deciso comunque di non
procedere contro di loro, sulla scorta dei «più recenti orientamenti in
tema di immigrazione clandestina sul piano etico e su quello
legislativo, che avevano significativamente mutato la considerazione»
del reato di immigrazione clandestina. Fondando la motivazione sul fatto
che gli stranieri non sapessero di essere stati espulsi. Ma i giudici
della Cassazione ora fanno notare che non basta rendersi irreperibili
alle notifiche delle autorità competenti, andando a ingrossare le fila
dell’esercito di fantasmi scomparsi dai radar dell’accoglienza ma non
dalla rete della clandestinità, per dimostrare di non essere consapevoli
di dover lasciare l’Italia. Per la Corte il reato può essere escluso
«soltanto dalla rappresentazione di una situazione effettivamente
giustificativa o dalla dimostrazione che la inosservanza del
provvedimento espulsivo è correlata alla non consapevolezza da parte»
degli imputati «del relativo obbligo» di rimpatriare e, quindi, «alla
non volontarietà della condotta omissiva». Nel caso in questione,
inoltre, la «prospettata tendenza legislativa alla depenalizzazione del
reato» evidenziata dal giudice di Verona, non basta a evidenziare «la
sussistenza di un giustificato motivo» per assolverli. La sentenza della
Cassazione arriva a fare chiarezza, dopo numerosi altri casi di
stranieri che si fanno beffe degli obblighi di rimpatrio, proprio
nell’anno record degli sbarchi. Quello che ha visto il nostro Paese
superare per numeri anche la Grecia, protetta dai flussi dall’accordo
con la Turchia che di fatto ha chiuso la rotta balcanica.
Da gennaio a oggi sono arrivate sulle nostre coste dal
Mediterraneo 178.802 persone, di cui 24.929 minori non accompagnati.
Stando alle statistiche, solo il 4% ha i requisiti per ottenere lo
status di rifugiato: chi non ottiene altre forme di protezione,
né umanitaria né sussidiaria, è considerato un migrante economico e
viene inserito nella lista dei rimpatri. Che vengono eseguiti a
singhiozzo per la mancanza di efficaci accordi bilaterali che consentano
la ripresa in carico del Paese di provenienza. E perché sempre di più,
chi ha affrontato l’inferno della traversata sui barconi, «sparisce» pur
di non rischiare di essere messo su un volo di ritorno. Le dimensioni
del fenomeno le ha date il commissario europeo all’Immigrazione Dimitris
Avramopoulos: «Se confrontiamo Italia e Grecia, l’80% dei migranti che
attraversano il mar Egeo sono profughi, mentre la maggioranza di quelli
che arrivano in Italia dal Mediterraneo centrale, sono irregolari».
domenica, 18, dicembre, 2016
fonte: http://www.imolaoggi.it
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