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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

12/04/14

Il “sessismo” della giustizia. William e Lucia: storie uguali, condanne e sdegno diversi





Due storie identiche: di Lucia Annibali abbiamo parlato ieri, stigmatizzando la possibile candidatura alle europee proposta dal Pd. Un anno prima, il 22 settembre 2012, un’altra vittima subiva la vendetta dell’acido. Stesso movente: la gelosia, la mancata rassegnazione per un amore finito. Uguale dinamica: un esecutore che agisce per conto del mandante.
A rendere diverse le due storie è solo il sesso delle vittime e dei carnefici: se nel caso di Lucia Annibali la sfregiata è una donna e il mandante l’ex fidanzato, in quello accaduto un anno prima i ruoli si sono ribaltati. La vittima si chiama infatti William Pezzullo, ad ordinare ma anche compartecipare all’aggressione è stata invece Elena Perotti. A dare manforte alla donna un buttafuori, Dario Bertelli. Questa la ricostruzione della sentenza di primo grado. Ci si aspetterebbero condanne simili, invece no. Se nel caso di Lucia Annibali, come abbiamo visto, l’ex fidanzato mandante è stato condannato a venti anni e i due esecutori a 14, in quello di William la giustizia ha usato un metro diverso: Elena Perotti, la moglie gelosa che ha ideato e portato a termine l’aggressione, è stata condannata soltanto a 10 anni. Ed essendo diventata madre da poco al momento della condanna, probabilmente ne sconterà ben pochi in carcere.
Oltre ad aspettare un bambino, Elena Perotti aveva altre “attenuanti”: era “innamorata, distrutta e pentita” e “non voleva arrivare a tanto”. Però è stata lei acquistare l’acido solforico al supermercato e poi a gettarlo in testa al suo ex, dopo che il suo amico buttafuori l’ha malmenato, reso inoffensivo e immobilizzato.
Il figlio non era di William Pezzullo, nonostante la donna abbia insistito affinché lo riconoscesse. Ed ora la vittima di una così brutale aggressione non ha più una vita: ha perso l’occhio destro e vede due decimi dal sinistro, è praticamente cieco, non ha più le orecchie, buona parte del corpo è dilaniata dalle cicatrici. L’acido gli ha mangiato la pelle e parte dei muscoli. La sua quotidianità è scandita da esercizi riabilitativi e docce speciali. Ed è ancora un miracolo che sia sopravvissuto: è stato due mesi e mezzo in terapia intensiva a Genova e poi operato ben undici volte. Le cure gli sono costate ventimila euro, per permettersele ha dovuto vendere il suo bar. Eppure non porta rancore. Parlando di Elena, dice: “Non ce l’ho con lei. Siamo stati insieme sei mesi. È finita perché raccontava bugie e il suo era un amore malato. Era così gelosa che mi tagliava le gomme dell’auto, una volta mi ha persino chiuso in casa e sono dovuto scappare dalla finestra. Quel figlio non era mio“.
La vita rovinata di quest’uomo vale solo dieci anni di condanna per colei che gliel’ha cambiata in peggio. Imbarazzante il paragone con le condanne comminate agli aggressori di Lucia Annibali, la quale, peraltro, è stata insignita del titolo di Cavaliere dell’ordine al merito della repubblica italiana. Un riconoscimento che il presidente della repubblica non ha mai pensato di attribuire a William Pezzullo.
Il dualismo tra le vicende è da evitare, trattando di bersagli di un medesimo ignobile reato. Non è nostra intenzione, qualora fosse necessario specificarlo, mettere William contro Lucia o azzardare un confronto. Riteniamo però giusto sensibilizzare i lettori sullo scarso interesse mediatico-giudiziario suscitato da una delle due vittime.
Perché?
Ad azzardare un’ipotesi ha provato il sito adiantum.it, in un interessante post pubblicato pochi giorni dopo l’aggressione
Vi sono delle eccezioni quando il mandante è di genere femminile. Giudici particolarmente distratti, particolarmente incoerenti o particolarmente cavalieri? Non so.
Però so che Patrizia Reggiani (caso Gucci) per aver commissionato l’omicidio del marito ha avuto una pena inferiore a quelle inflitte ai sicari da lei assoldati.
Il mandante è la mente criminale senza la quale l’omicidio non sarebbe avvenuto, inoltre la Reggiani è colei che intendeva trarre i maggiori benefici dall’evento delittuoso: ha pagato 200 milioni ai sicari per ereditare un impero plurimiliardario. Però a lei una pena inferiore, giustizia è fatta. Forse era innamorata?

Inutile dire che neppure il Pd ha pensato a William Pezzullo: non risultato richieste di candidatura. La moda del parlamento di questi ultimi due anni, in effetti, è stata il “femminicidio”.

di Riccardo Ghezzi - 4 aprile 2014
fonte: http://www.qelsi.it

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