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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

21/12/16

Caso Sala e le riforme mancate di Renzi


 


Non possiamo non iniziare - e non finire, sia chiaro - con una domandina a Matteo Renzi che è stato Premier, che ha fatto e disfatto, bene o male lo lasciamo dire a voi, in molti settori della realtà pubblica italiana, con tanto di voce massmediatica ad ogni ora salvo che nell’ambito più delicato, più decisivo, più alto e, va pur detto, più potente in Italia, cioè la magistratura? Magari con qualche seria riforma? Figuriamoci. Cosicché siamo arrivati al caso Sala, mentre lui, perso il referendum, è tornato al partito. Auguri! Ma non sottovaluti la parolaccia del simpatico Roberto Giachetti, e neppure ciò che accade intorno alla vicenda dell’avviso di garanzia a Beppe Sala.
Meglio autosospendersi subito che aspettare fra qualche ora l’orda dei giustizialisti sotto casa? Meglio pensarci su qualche giorno o fare le valigie e andarsene da Palazzo Marino? Meglio fare il sindaco o il giudice? Meglio la Procura della Repubblica o la Procura generale? È non improbabile che Beppe Sala, primo cittadino di Milano, si sia fatto questo genere di domande, forse pensando a come era stata bella l’Expo voluta da Letizia Moratti e ripresa da Giuliano Pisapia ma, diciamocelo, realizzata da un ottimo manager come lui, finito anche per questo sulla poltrona di sindaco. Mica tanto comoda, anzi...
Ma alle tre domande di cui sopra, Sala, come del resto molti di noi, potrebbe aggiungerne altre, tante altre, senza trovare non dico una risposta ma una qualche via di sfogo, una luce nel tunnel del “Castello” di Kafka. Sì, perché di atmosfere kafkiane è sacrosanto parlare e pure interrogarsi, come il sindaco meneghino, anche se andare oltre è impossibile. Anche perché le auto-interrogazioni di cui sopra sono un piccolo segmento del tema o tunnel della super-questione italiana. Che è bensì giudiziaria, ma indiscutibilmente e indissolubilmente mediatica.
Media e giustizia, dunque. E allora, poniamoci anche noi una domanda: è mai possibile che un sindaco, pardon, un cittadino qualsiasi debba apprendere dai giornali di essere indagato? La risposta è semplice e un cittadino qualsiasi corre dall’avvocato. Ma un sindaco che deve fare? Certo andare di corsa dall’avvocato, ma poi? E il comune? E la maggioranza? E l’opposizione? E, soprattutto, la città che amo e che mi ha eletto a suo primo cittadino non più tardi di qualche mese fa? Abbiamo citato il grandissimo Kafka, ché il clima kafkiano è ulteriormente appesantito dalle altre inquietudini che fanno da sfondo, a cominciare dalle ben note, innanzitutto ai mass media, diatribe o “lotte di potere” interne al Palazzaccio da cui Sala è stato dalla Procura prosciolto e dalla Procura generale indagato o avvisato per lo stesso reato. Naturalmente sia il giornalista o la sua “voce”, da qualche gola profonda all’interno del Palazzo di Giustizia è stato edotto sull’avviso di garanzia sindacale. Ma è altrettanto naturale, almeno da quasi un quarto di secolo, che sia il misterioso della stampa che il misterioso, si fa per dire, del Palazzaccio, sapevano e sanno perfettamente che un avviso di garanzia - avete capito bene di garanzia per il cittadino! - viene automaticamente trasformato in una condanna preventiva, in una sentenza apodittica, in un invito a mandare i carabinieri ad arrestarlo.
Questo per un cittadino normale, ma per un sindaco? Per di più di Milano? E ritorniamo alla prima domanda che tira in ballo l’ordalia giustizialista che, per una fatale legge del contrappasso, è slittata dal Pci-Pds al M5S rimastone a sua volta impigliato a Roma, per ora. Chissà se analogo interrogativo se lo è posto l’ex Premier rottamatore, che in quanto a giustizia e sua riforma è stato più balbettante di un infante all’asilo. Mentre sul resto ha parlato, soprattutto in tivù, da mane a sera, ossessivamente. Non voleva interferire con la sacra autonomia della casta più degna di questo nome? O ne aveva e ne ha (giustamente peraltro) paura? Si deve essere chiesto, almeno, come sia pensabile che l’indagine su Sala abbia tempi brevi? È condotta “da magistrati per consuetudine mai o quasi fulminei, che potrebbero prendere esempio dai tempi della Corte costituzionale sul decidere sulla legge elettorale e dal Consiglio superiore della magistratura per i trasferimenti in magistratura”. Per non parlare del resto.

di Paolo Pillitteri - 21 dicembre 2016

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