Un tir è piombato sulla folla in un mercatino di Natale causando la morte di 12 persone ed il ferimento di altre 48. Su Twitter la polizia tedesca fa sapere che secondo gli investigatori il camion è stato “deliberatamente lanciato contro la folla” mentre l’agenzia Dpa, citando fonti d’intelligence, rivela che l’attentatore è un migrante pakistano o afghano che sarebbe entrato in Germania lo scorso febbraio.
Accurate istruzioni per l’impiego di tir come “arma mortale contro i crociati” sono contenute nel numero di novembre del magazine dell’Isis “Roumiyah”. “Pochi comprendono la mortale capacità dei veicoli a motore di fare un gran numero di vittime se usati nella maniera giusta, come dimostrato a Nizza dall’attacco lanciato dal fratello Mohamed Lahouaiej Bouhel che ha ucciso 86 crociati ferendone altri 434″ si legge sulla rivista diffusa in più lingue.
“I veicoli sono come coltelli estremamente facili da acquistare, ma diversamente dai coltelli, non fanno sorgere sospetti perché diffusi in tutto il mondo. Per questo sono uno dei metodi più efficaci di attacco e offrono a chiunque sia in grado di guidarli la possibilità di provocare terrore “. Roumiyah suggerisce anche i bersagli contro cui usare i camion: strade affollate, celebrazioni, mercati all’aperto, festival, parate, raduni politici.
L’attentato è l’ultimo episodio di violenza che ha insanguinato begli uktimi mesi la Germania:
– 18 luglio: un profugio pakistan ferì 4 persone su un treno vicino a Wuerzburg prima di essere eliminato dalla polizia.
– 22 luglio: a Monaco di Baviera il 18enne David Sonbody tedesco-iraniano, depresso sotto trattamento farmacologico, spara con una pistola contro un gruppo di persone in un centro commerciale. Uccide 9 persone e ne ferisce 25 prima di suicidarsi.
– 24 luglio: un kamikaze profugo siriano che aveva appena giurato fedeltà ad Isis, Abu Mohammad Daleel, fece esplodere uno zaino imbottito di esplosivo ad Ansbach in Baviera ferendo 15 persone. L’unica vittima fu lo stesso Daleel.
– Lo stesso giorno un altro profugo siriano, armato di coltello a Reutlingen uccide una collega, una donna polacca incinta e ferì altre due persone prima di essere neutralizzato da un passante che lo investì con l’auto.
– Il 26 novembre un bambino di 12 anni, iracheno nato in Germania ha tentato di provocare una strage in uno dei più grandi mercatini di Natale del Paese, a Ludwigshafen, in Renania-Palatinato, cercando di far esplodere uno zainetto che conteneva una rudimentale bomba con chiodi nell’affollato mercatino.
In seguito alla strage di Berlino riproponiamo l’articolo di Pietro Orizio già uscito su Analisi Difesa il 21 settembre scorso.
Abu Mohammad Al Adnani (nella foto sotto), l’ispiratore dei lupi solitari dell’ISIS con proclami che invitavano a utilizzare ogni mezzo possibile per colpire gli infedeli recentemente ucciso (a quanto sembra da un raid aereo statunitense) ha contribuito a consolidare la tendenza all’uso di veicoli negli attentati non come vettore di ordigni ma per la capacità di uccidere investendo le vittime.
“Se non potete far scoppiare una bomba o sparargli, trovate un […] infedele e […] investitelo con un’automobile […]” disse al-Adnani in un proclama che due anni or sono ispirò diverse azioni di “terrorismo veicolare”: tra questi ricordiamo un van-ariete contro l’Istituto Nazionale di Criminalistica e Criminologia di Bruxelles, l’automobile utilizzata per colpire una caserma della polizia di Sydney e soprattutto il sanguinoso 14 luglio di Nizza.
L’agghiacciante metodologia dell’attentato in Costa Azzurra non ha di certo rappresentato una novità nella storia del terrorismo –anche in Europa – bensì l’evoluzione ed il ritorno di una tecnica sempreverde.
I vantaggi del terrorismo veicolare risultano esser così numerosi – l’estrema disponibilità e semplicità d’impiego di veri e propri “moltiplicatori di forza” in primis – da aver fatto propendere sempre più per questa tipologia di attacchi.
Sperando che così non sia, ci si augura che le autorità abbiano imparato a meglio contemplare i numerosi precedenti storici ed adottare le contromisure e la fantasia necessarie ad evitare che si ripetano o, perlomeno, a contebere il numero di vittime.
La tattica di lanciare veicoli contro edifici e persone adottata da gruppi terroristici, lupi solitari e criminali comuni viene definita “Vehicle Ramming” (speronamento/investimento veicolare) da cui “Vehicular Assault” e “Vehicular Terrorism” (attacco o terrorismo veicolare).
Ramming deriva da “battering ram” (ariete o rostro), lo sperone di prora delle antiche navi da guerra con cui affondare il nemico.
Da lì l’omonima tattica navale utilizzata poi anche in ambito terreste ed aereo. Riferendoci al crimine comune il termine più prossimo è quello di “spaccata”: furto realizzato spaccando con un corpo contundente od un veicolo la vetrina di un negozio o di una banca.
Il ramming non è di per sé un atto kamikaze o suicida visto che, seppur risicata, una chance di sopravvivenza è contemplata.
L’aggettivo “veicolare” poi risulta decisamente generico ma perfettamente calzante con una casistica d’impiego tanto ampia ed eterogenea: dalle automobili ai camion, dai bulldozer ed escavatori alle motociclette e perfino un carrarmato!
Una lunga casistica
Uno dei primi casi di ramming nel Vecchio Continente è stato compiuto nel 1973 da Olga Hepnarova che travolse una fermata del tram di Praga con un camion: otto furono le vittimedella sua follia criminale.
Nel giugno 2007 il terminal principale dell’aeroporto di Glasgow è stato colpito da una jeep piena di taniche di propano che, fortunatamente, ha provocato la morte di una sola persona: uno dei due jihadisti coinvolti.
Il 30 aprile 2009 un cittadino olandese in automobile ha falciato gli spettatori della parata del Giorno della Regina uccidendo 7 persone.
A maggio 2013 due britannici di origini nigeriane hanno investito ed ucciso – tentando anche di decapitarlo – ilfuciliere Lee Rigby, nella periferia londinese.
Il 20 giugno 2015 un uomo ha investito una quarantina di persone nel centro di Graz con un van (uccidendone tre) per poi appiedarsi e continuare l’aggressione con un coltello.
Anche la Francia stessa aveva già subito attacchi del genere. Digione, il 21 dicembre 2014: un uomo investe 11 pedoni al grido di “Allahu Akbar”.
Nel dicembre dello stesso anno un furgoncino è piombato contro il mercatino di Natale di Nantes uccidendo una persona. Nel 2015, a Saint-Quentin-Fallavier (Lione) un francese di origine nordafricana, dopo aver decapitato il datore di lavoro, si è schiantato con un furgone contro delle bombole di gas provocando un’esplosione con due feriti. A gennaio 2016 un franco-tunisino ha tentato di investire quattro soldati che presidiavano la moschea di Valence (tra Lione ed Avignone).
Ed infine: Nizza…
Ulteriori casi provengono da tutto il mondo. Balzato agli onori delle cronache con la recente “Intifada dei coltelli” con 46 attacchi tra il 13/09/15 ed il 25/07/16, il terrorismo veicolare ha fatto la sua comparsa in Israele il 18 febbraio 1987, durante la Prima Intifada. Nella Seconda Intifada (2000-2005) gli attacchi veicolari palestinesi sono stati 20 con 15 vittime.
Molti di questi attacchi sono stati perpetrati con macchine movimento terra (bulldozer, ruspe ed escavatori); combinando veicoli ed armi bianche per colpire fermate di autobus e attraversamenti pedonali. A seguire: Un camion contro il Campidoglio della California nel 2001 (un morto), un SUV sugli studenti della University del North Carolina nel 2006 (solo feriti), una vittima per un van a S. Francisco. Casi simili anche a Rochester nel 2009 e a Minneapolis nel 2007.
Nel 2008 a Tokyo sono state uccise 7 persone con un furgone ed un coltello in quello che è stato ribattezzato il massacro di Akihabara.
Il 28 ottobre 2014 un SUV è piombato sulla folla di piazza Tienanmen, Pechino uccidendo due innocenti e tre attentatori. Nel 2014 il soldato Patrice Vincent è stato investito ed ucciso da un auto a Saint-Jean-sur-Richelieu, Quebec.
Decisamente più singolare e meno drammatico il caso di Shawn Nelson che nel 1995 ha sottratto un carrarmato M-60 Patton da 50 ton e ha imperversato per le strade di San Diego; senza vittime fortunatamente!
La minaccia
A decenni di attacchi con armi da fuoco ed esplosivi – ancora i sistemi preferiti – le forze di sicurezza hanno risposto con misure e provvedimenti più o meno efficaci che ne hanno limitato l’accessibilità. Perciò, unitamente al fatto di non richiedere un particolare addestramento, esperienze pregresse o contatti diretti con i gruppi leader della galassia jihadista, la tattica del ramming non è mai passata di moda; anzi il trend previsto è quello di un sempre maggior impiego.
Tra gli ulteriori vantaggi la facilità d’emulazione, l’economicità, la pochissima o quasi inesistente pianificazione, coordinazione e logistica necessaria, oltre alla quasi totale riduzione di rischi legati al traffico, produzione ed approvvigionamento di materiali illegali.
Inoltre i terroristi sono già dietro le “linee nemiche” e le “armi” sonio presenti e legalmente circolanti nel Paese. Il tutto con potenzialità paragonabili o superiori ad auto/camion-bomba.
Jamie Bartlett del Think Tank britannico Demos sostiene che questi attacchi siano particolarmente confacenti ai lupi solitari che, fomentati ed istruiti dalla propaganda sul web, trasformano rabbia e frustrazione in azioni letali individuali, virtualmente impossibili da sventare.
Pare farle eco Clint Watts del Foreign Policy Research Institute aggiungendo che “il vecchio sistema in cui i membri di gruppi come al-Qaeda pianificavano e si addestravano insieme [all’estero] è terminato nel 2005” a causa dei successi delle agenzie di sicurezza.
Infatti, Anwar al-Awlaki, carismatico radicalizzatore di al-Qaeda invitava a compiere la jihad nei propri Paesi d’origine, senza più recarsi nei teatri bellici o nei campi di addestramento mediorientali continuamente minacciati dai droni di cui lui stesso rimarrà vittima.
Al-Adnani sosteneva che per compiere un attentato in occidente “non c’è bisogno di consultarsi con nessuno”; ritenuti tutti infedeli e nemici, qualunque individuo è un bersaglio lecito.
Ed ecco piovere appelli su Inspire – rivista ufficiale di al-Qaeda – che nell’articolo “The Ultimate Mowing Machine” (il Tosaerba Definitivo) invitava ad “utilizzare un pickup come un tosaerba, non per falciare l’erba ma i nemici di Allah.”, indicando ricorrenze sensibili come la presa della Bastiglia.
Nel suo articolo, Yahya Ibrahim invitava a “scegliere accuratamente ora e luogo e […] le località più affollate.
I punti più stretti sono anche meglio in quanto rendono più difficoltosa la fuga […]. Da evitare invece i luoghi in cui altri veicoli possono intercettarvi”, e “per ottenere il più alto numero di vittime, dovete raggiungere la velocità massima che vi permetta di mantenere comunque un buon controllo del mezzo per massimizzare la vostra inerzia e colpire quante più persone al primo colpo.”
Viene consigliato anche di saldare delle lame d’acciaio sui veicoli “non necessariamente affilate perché durante l’impatto ad alta velocità, perfino un’estremità non acuminata riesce facilmente a tagliare.
Dovreste montare le lame ad altezza dei fari del vostro pick-up affinché possano colpire a livello del torso o superiore.” Anche l’ISIS ha sostenuto ed incoraggiato il metodo con i video e gli appelli di Al-Adnani.
Contromisure
Già nel 2010 era stato emanato un warning di FBI e del Dipartimento dell’Homeland Security riguardante attacchi ramming e riportante gli indizi per prevenirli.
Nella fattispecie: modifiche inusuali ai veicoli quali rinforzi frontali, acquisto o noleggio di grossi automezzi, specie se accompagnati da ansia e timore durante le transazioni, pagamenti in contanti o mancanza di familiarità con il funzionamento e caratteristiche del veicolo (difficoltà di manovra, grattate nel cambio marcia ecc.), impiego inconsueto di particolari veicoli in aree pedonali, zone a traffico limitato, feste, sagre o mercatini.
Gli americani hanno sempre trattato molto seriamente la minaccia del terrorismo veicolare installando dei bollards (dissuasori) attorno ad edifici ed aree pedonali; inizialmente per incidenti stradali classici poi, dall’ 11 settembre, per il terrorismo maggiorandone dimensioni, peso e resistenza.
Un bollard standard può fermare un veicolo di circa 7 tonnellate alla velocità di 80 km/h; il camion di Nizza, pesando 19 ton e procedendo alla velocità di 80 km/h non avrebbe mai potuto esser fermato da sistemi standard; secondo gli esperti nemmeno i “new jersey” di cemento vi sarebbero riusciti visto che il loro livello di protezione sarebbe anche inferiore, oltre ad esser più scomodi e costosi da trasportare e posizionare.
La società G4S, leader mondiale della sicurezza privata, in un paper di marzo sulla sicurezza di Euro 2016 caldeggiava l’impiego di veicoli per la fornitura di uno sbarramento adeguato e la possibilità di una rapida rimozione/riposizionamento in caso di emergenza.
Nell’attuale Intifada dei coltelli gli israeliani hanno blindato fermate di autobus e semafori a mo’ di trincee con dissuasori, dispositivi attivi o passivi antinvestimento, pattuglie mobili e torrette con videocamere di sorveglianza.
In Israele questo tipo di minaccia ha una durata ed un’incisività in termini di vittime ridotta grazie al ripetuto ed immediato intervento di cittadini armati che scongiurano situazioni di “tiro al piccione” – passatemi il termine – in stile Bataclan.
I britannici invece, dopo il fallito attentato all’aeroporto di Glasgow, hanno riconsiderato la progettazione degli spazi pubblici ed edifici potenzialmente obiettivi del terrorismo. Con l’ “Hostile Vehicle Mitigation” (attenuazione veicolo ostile) sono state introdotte nuove misure che obbligano a ridurre la velocità dei veicoli e ne impediscono l’accesso o avvicinamento diretto.
Questo attraverso curve o chicane o mediante VSB (Vehicle Security Barrier) lungo marciapiedi, checkpoints e aree pedonali, barriere passive ed attive come bollards e blocchi fissi o retrattili, aiuole in cemento, berme, cancelli o recinzioni scorrevoli.
Tali sistemi si sono rivelati alquanto efficaci riducendo gli effetti dell’attentato all’aeroporto di Glasgow appunto, oppure quello di Alon Shvut obbligando il terrorista ad abbandonare la copertura ed il vantaggio fornitogli dal proprio veicolo per proseguire l’aggressione a piedi, armato di coltello.
Esistono anche soluzioni decisamente più tecnologiche come quella sviluppata da una società britannica: un sensore in grado di fermare il motore di un veicolo in movimento, simile ai sistemi per evitare la guida in stato d’ebbrezza.
Nonostante ciò, la protezione dei soft targets per eccellenza – i normali cittadini – resta ancora molto difficoltosa ed impone ciniche e frustranti considerazioni.
Gli analisti del Soufan Group rimarcano il fatto che leggi e provvedimenti antiterrorismo poco o nulla possono contro la weaponizzazione (trasformazione in arma) di oggetti di uso quotidiano.
Le armi si possono anche bandire, ma coltelli ed automobili no! Basti pensare che anche in mancanza di un veicolo proprio, un wannabe terrorist potrebbe sempre noleggiarlo o rubarlo.
In Europa sono stati rubati 762.000 veicoli nel 2012, con Regno Unito, Italia, Germania e Francia come Paesi capolista.
I numeri paiono essersi ridotti considerevolmente negli ultimi anni, tuttavia, su circa 50 milioni di veicoli in circolazione nel nostro Paese, 114.000 auto e 2.275 mezzi pesanti sono stati rubati solamente nel 2015. Le “armi” quindi non mancano…
Sebbene sia abbastanza difficile capire se si tratti di attentatori improvvisati ed indipendenti o con contatti diretti con il network globale del terrore, ancora più complesso e forse inutile risulta ogni tentativo di profilazione di potenziali attentatori:
Trattasi a volte di persone problematiche, emarginate, senza nulla da perdere o in cerca di una qualche forma di redenzione oppure di individui dalla sconcertante normalità e dalla più totale secolarizzazione di abitudini.
Qualunque uomo o donna può rappresentare una minaccia e quindi nemmeno gli attentatori scarseggiano…
La spaventosa novità di Nizza è stato l’altissimo numero di vittime (84) per la tipologia d’attentato.
Il ramming finora non aveva destato particolari preoccupazioni per essersi manifestato sempre su scala abbastanza ridotta e con poche o nessuna vittima; quello in Costa Azzurra invece è risultato di gran lunga l’attacco più sanguinoso.
La tattica pare essersi affinata ed il crescente protagonismo acquisito dai lupi solitari e/o cellule indipendenti ha portato ad un considerevole miglioramento delle loro prestazioni.
La Leaderless Jihad (jihad senza leader/indipendente), come è stata chiamata dal ricercatore Mark Sageman, è andata diffondendosi sempre più a partire dalla seconda metà degli anni 2000.
Tuttavia, la mancanza di una struttura gerarchica, di risorse umane qualificate, di pianificazione, logistica e finanziamento – nonché per i problemi mentali di cui molti soffrivano – la maggior parte delle operazioni sono state sventate o fallite.
La strage di Fort Hood, il caso Breivik (doppia azione combinata autobomba-active shooter) ed il terrorismo veicolare di Nizza hanno invece “riscattato” anni d’insuccessi di attentatori singoli ed indipendenti.
Andrew Coyne, giornalista canadese descrive questa tipologia di attentati come una forma di “micro-terrorismo” a cui “faremmo bene ad abituarci”; dal macro-terrorismo dell’11 Settembre, caratterizzato da notevoli impegni economici e logistico-pianificativi, si è infatti passati ad uno micro o molecolare che pur impiegando sistemi “lo-fi” (a bassa fedeltà, poco elaborati), risulta più incisivo ed insidioso: dissemina una maggior paura, imprevedibilità ed insicurezza, con scarse chances di prevenzione e risposta delle autorità ed effetti logoranti su economia, stile di vita e serenità.
“E’ qui che l’ISIS ha superato al-Qaeda”: la sua strabiliante semplicità” sostiene Michael Leiter, analista antiterrorisimo per NBC News.
Nonostante le autorità francesi siano “molto esperte” nella gestione di grandi eventi come dimostrato dagli Europei di calcio, l’onda di attentati che si sta protraendo dal 7 gennaio 2015 dimostra “la difficoltà perfino dei servizi di sicurezza meglio addestrati a fermare singoli individui”.
Oltre ad un continuo appello ad un impegno e coordinamento globale dei servizi d’intelligence, una particolare cura alle root causes (cause profonde: povertà, sfruttamento, analfabetismo, segregazione ecc.) per togliere linfa vitale al terrorismo e magari anche qualche misura draconiana, non possiamo sigillare ogni frontiera, controllare ogni singolo cittadino o fermare ogni attacco.
Questo specie se, come nel caso di un veicolo, esso resta innocuo finché non si decide d’impiegarlo come arma; ed allora è troppo tardi!
Chi è “abituato” a vivere sotto la costante minaccia del terrorismo consiglia di adottare la calma degli israeliani o dei londinesi con l’IRA. Gli europei devono abituarsi all’idea che gli attacchi saranno frequenti, che le morti per terrorismo dovranno esser messe inevitabilmente in conto come quelle degli incidenti stradali.
Foto: AP, AFP, Reuters, JNS/Fein Tooner, Twitter20 dicembre 2016
di Pietro Orizio - 20 dicembre 2016
fonte: http://www.analisidifesa.it
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