Qualcosa
vorrà pur dire se per la seconda volta in poche settimane le
opposizioni abbandonano in massa il Parlamento al momento del voto di
leggi fondamentali per il futuro del Paese. Tutte le opposizioni: da Sel
alla Lega. Un comportamento senza precedenti. Significa che i principi
fondamentali della democrazia sono in pericolo, non sono più condivisi.
E’ in questi frangenti che un presidente della Repubblica deve
intervenire, rimandando alle Camere le leggi contestate e costringendo
il premier a riaprire trattative su quelle che non possono essere che
regole condivise. Sergio Mattarella, che nella sua vita professionale si
è creato l’immagine di giudice inflessibile, ora appare come un
fantasma politico, una non-entità, tanto lusingata per l’inaspettata
elezione al Colle quanto palesemente inadeguata, al punto da convalidare
il sospetto che sia stato messo lì apposta per non disturbare il
manovratore.
Se ha personalità, se ha davvero il senso dello Stato, questo è il
momento di mostrarlo, di imporlo con forza ma temo che Mattarella questo
coraggio non l’abbia e che preferisca passare alla storia come il
presidente che ha avallato due misure golpiste – riforma dell’articolo V
della Costituzione e ora l’Italicum – anziché, come suo dovere
istituzionale, fermare il nuovo piccolo Duce, Matteo Renzi.
E che dire del Partito democratico? All’ultima votazione i dissidenti
sono stati 60, più di prima ma ancora troppo pochi e chiaramente
isolati. Nel Pd non si respira un clima di rivolta, si percepisce,
semmai, uno straordinario ma non sorprendente conformismo, un
appiattimento delle coscienze che cancella d’un tratto tutte le loro
emozionanti, travolgenti, irrinunciabili battaglie civiche degli ultimi
due decenni.
Già perché la sinistra dei “pecoroni” si era fatta leonina per
combattere i rischi di una deriva autoritaria da parte di Berlusconi,
che avrà avuto tanti difetti e ha commesso tanti errori, ma non ha mai
avuto mire dittatoriali. All’epoca, però, era facile opporsi, tutti
assieme, a Berlusconi; era facile provare, tutti assieme l’ebrezza di
sentirsi inflessibili paladini della democrazia di fronte al satrapo di
Arcore.
E ora che quei timori si materializzano – e non è un’opinione, ma un
fatto – quella sinistra non solo non si oppone all’uomo che rappresenta
davvero una minaccia per la democrazia, Matteo Renzi, – il caudillo come
lo ha definito Ferruccio De Bortoli – ma lo saluta festante, partecipa
attivamente al golpe, approvandolo in Parlamento. Ancora una volta,
tutti assieme, con poche lodevoli ma insufficienti eccezioni.
Sempre e comunque omologati e cortigiani.
Lasciatemelo dire: che vergogna.
di Marcello Foa - 15 maggio 2015
fonte: http://blog.ilgiornale.it
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