L’elite neoliberista affama i
popoli, ne spartisce i profitti per poi scaricarne le conseguenze sulla
collettività e renderci tutti migranti.
Il flusso continuo di
barconi che si stanno riversando sulla penisola non può essere ancora
considerata una semplice emergenza, ma si sta sempre più configurando
come una vera e propria invasione. Gli sbarchi continuano a crescere
all’impressionante ritmo di uno ogni due, tre ore. Dall’inizio del 2015
sono già arrivate 33mila e 831 persone (il 15% in più rispetto allo
stesso periodo nel 2014, già anno record) e con l’arrivo della bella
stagione la situazione non farà che peggiorare. Stando alle proiezioni
entro fine anno si arriverà facilmente ai 200mila arrivi; persone che
rischiano la vita e finanziano la criminalità organizzata e i terroristi
pagando profumatamente per la tratta. Eppure non ci sono solo gli
sbarchi ma anche tutti quelli che arrivano via terra, attraverso i
Balcani, a bussare al confine con il Friuli che, non a caso, è la
regione che registra il più alto numero di “ospiti” rispetto alla
popolazione. Mentre gli enti locali cercano sistemazioni di fortuna dove
accogliere queste migliaia di persone – come la caserma Cavarzerani di
Udine – il Governo e la UE proseguono i loro vuoti discorsi sul da
farsi, l’opinione pubblica viene bombardata sui numeri delle vittime e
sul dovere di ospitalità e di salvataggio di questi poveri disperati.
Tutti giusti ragionamenti “da cristiani” che celano però l’origine e le
vere motivazioni che portano queste persone a rischiare la vita per
sfuggire dai loro Paesi d’origine. Gli immigrati vengono immancabilmente
dipinti come poveri disperati in fuga da guerre e persecuzioni e, se
così fosse la Carta dei Diritti dell’ONU gli attribuirebbe
immediatamente lo status di rifugiati (politici o non), ma la realtà è
ben differente e, per la stragrande maggioranza di essi, il loro destino
è invece quello di rimanere irregolari e di dover distruggere i
documenti, celando le proprie generalità, per non essere riconosciuti ed
espulsi.
Per tutti coloro che parlano di
“integrazione necessaria”, di diritti umani e del saldo positivo per i
conti e la natalità dello Stato, le cifre si commentano da sole: è
impossibile anche solo immaginare d’inserire attivamente una tale mole
di persone senza che si creino ghetti e discriminazioni, tantomeno in un
congiuntura economica asfittica come quella europea; ma ancor più
tendenzioso è il refrain di quelli che dimostrano, carta alla mano, che
la maggior parte dei profughi richieda asilo nei Paesi del nordeuropei e
di come l’Italia sia ancora uno di quelli con la percentuale più bassa
d’immigrati. L’incidenza dei residenti stranieri (quindi regolari) sulla
popolazione totale ha già superato l’8% – nel 2000 era appena il 2,2%
-, ma l’ONU non solo prevede che entro il 2050 oltre un terzo degli
abitanti sarà composto da stranieri, ma anzi che sia necessario far
entrare tra i 19 e i 35 milioni di persone per evitare che il sistema
pensionistico collassi. Senza entrare nel merito dell’assurdità
implicita di un calcolo basato sul fatto che ognuno di loro dovrebbe
usufruire di un contratto a tempo indeterminato, resta l’evidenza che
per arrestare il declino demografico non solo nulla faccia lo Stato in
merito di politiche in favore della famiglia, ma anzi che si appresti al
più presto a smantellare anche il residuo stato sociale.
Un’altra scomoda verità invece è proprio
la provenienza di questi immigrati che – eccettuati i Siriani e i
Somali (perché di Libici ancora non se ne vedono) – non provengono da
zone di guerra, ma prevalentemente da Paesi sub sahariani come la
Nigeria, l’Eritrea, l’Etiopia o asiatici come il Pakistan o
l’Afghanistan. Alcuni di questi Stati devastati dalle guerre scatenate
e/o foraggiate dall’Occidente per “portare la democrazia”, mentre gli
altri sono addirittura mostrati come “modello” per i loro invidiabili
tassi di sviluppo. Stando ai dati forniti dall’Agenzia dello Sviluppo
dell’ONU non c’è ragione perché migliaia di disperati cerchino di
sfuggire da questi Paesi, mentre i loro parametri rientrano ampiamente
nei cosiddetti Millennium Development Goals; eppure l’emorragia non si
ferma. D’altronde Stati ricchi di petrolio come la Nigeria o di terra
fertilissima come l’Eritrea sono sfruttati dalle multinazionali e dai
fondi d’investimento in combutta con politici corrotti sulla pelle dei
propri abitanti. Il modello da seguire è il “land grabbing” che sfratta i
contadini e impone le monoculture o la Shell che fa impiccare dal
Governo i contestatori dei disastri ambientali causati dall’estrazione
incontrollata. Si persegue sempre la medesima strategia: si va a fare
affari là dove sono garantiti profitti eccezionali e si scaricano le
conseguenze sulla collettività in nome dei diritti umani. In
quest’ottica più un Governo è corrotto, meglio è e, dove così corrotto
non è, gli si scatena una bella guerra contro. Salvo poi trovare “utili
idioti” pronti a indignarsi per il Mediterraneo trasformato in cimitero o
che propongano di farli lavorare gratis.
di Alvise Pozzi - 12 maggio 2015
fonte: http://www.lintellettualedissidente.it
di Alvise Pozzi
- 12 maggio 2015
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