Cresce
il traffico di profughi nel Canale d’Otranto da Grecia e Turchia. Gli
scafisti spesso sono italiani e usano imbarcazioni veloci e sicure
Tra la punta estrema della Grecia e Otranto, in Puglia, ci sono sì e no 40 miglia.
Per andare da una costa all’altra, con un motoscafo veloce si impiegano
un’ora e mezzo o due. In questo canale passa ogni giorno l’immigrazione “di prima classe”. Quella dei profughi che non sostano nell’inferno libico prima di imbarcarsi e che possono permettersi un “biglietto” da 4mila euro su navi sicure per raggiungere l’Europa. Sono soprattutto siriani, ma anche iracheni, pakistani e qualche somalo. Salpano dalla Grecia dopo lunghi viaggi via terra. O anche direttamente dai porti della Turchia.
E gli scafisti in molti casi sono italiani che possono contare sui
mezzi e le coperture della criminalità organizzata locale. Gli immigrati
vengono fatti imbarcare su barche a vela e motoscafi veloci
anche da tre o quattro motori, difficilmente identificabili dalle forze
dell’ordine. Se nel Canale di Sicilia i migranti in mare lanciano
allarmi per essere salvati, qui gli scafisti fanno di tutto per non
essere soccorsi. Anche perché a terra ci arriverebbero comunque.
Scafisti italiani
Lo scorso 5 maggio la Guardia di finanza ha arrestato un 62enne originario di La Spezia.
Era a circa un miglio da Brindisi alla guida di un motoscafo di 10
metri con a bordo 28 migranti di nazionalità siriana e irachena, tra cui
quattro bambini. «La differenza qui è che noi non facciamo operazioni
di soccorso, ma operazioni di polizia», spiega il colonnello Maurizio Muscarà, comandante del reparto operativo aeronavale della Guardia di finanza di Bari. «L’esposizione al rischio è molto minore
rispetto alla rotta africana. In questa parte di Mediterraneo si usano
motoscafi di centinaia di cavalli l’uno in grado di coprire le distanze
in pochissime ore».
Il video dell’operazione del 5 maggio 2015
Le potenti imbarcazioni che prima nel basso Adriatico trasportavano sigarette di contrabbando,
ora hanno sostituto il tabacco con gli esseri umani. Stessa rotta e con
mezzi molto simili. Una autostrada via mare lungo percorsi che partono
dalla Siria, dall’Iraq, dall’Afghanistan o addirittura dal Pakistan.
Dall’inizio di maggio l’operazione Triton, non a caso, ha potenziato i
pattugliamenti nell’area del basso Adriatico e dell’alto Ionio. «Gli
scafisti fanno sostare i migranti sulla costa greca ionica, da Corfù in
giù, in attesa del momento propizio per salpare, sia dal punto di vista
delle condizioni del mare sia dal punto di vista della vigilanza»,
spiega il comandante Muscarà. Lungo questa rotta i viaggi devono essere
conclusi e arrivare a destinazione. I trafficanti non possono
permettersi “mezzi a perdere”. «Usano imbarcazioni costose che arrivano a 35/40 nodi di velocità
e che sono riutilizzate di frequente. Magari navi di cui viene
denunciato il furto qualche giorno dopo in un porto greco. E le
condizioni di viaggio non sono disumane come quelle lungo la tratta
libica. Non c’è necessità di soccorrerli». Se il viaggio è più sicuro,
anche il prezzo del biglietto sale. Dalla Siria all’Italia sispendono 6-7mila dollari, di cui 3-4 mila solo per la traversata in mare.
“L’esposizione al rischio è molto minore rispetto alla rotta africana. In questa parte di Mediterraneo si usano motoscafi potenti in grado di coprire le distanze in pochissime ore. Non a caso il prezzo che pagano i migranti è più alto”
Soldi che finiscono anche nelle tasche di
scafisti italiani. Negli ultimi mesi in queste acque quattro
connazionali sono stati arrestati per favoreggiamento dell’immigrazione
clandestina. «Non si può ancora dire con certezza che ci sia un
collegamento con la Sacra corona unita», dice Muscarà.
«Siamo in fase di accertamento. C’è di sicuro un interesse da parte
della criminalità organizzata locale, che offre supporti logistici e
coperture a terra, fornendo indicazioni per evitare i controlli di
polizia».
A volte, per schivare le navi di
pattugliamento, gli scafisti riescono a spingersi anche più a Nord del
Salento, fino quasi all’altezza delle coste baresi. Le imbarcazioni,
spesso barche a vela insospettabili, si confondono facilmente nelle
acque del canale. A fine aprile
la Guardia di finanza di Corigliano Calabro e di Crotone ha individuato
un veliero partito dalla Turchia e guidato da due ucraini, che ha
scaricato sulla costa ionica calabrese 23 profughi iracheni per poi
tornare indietro ed essere fermato solo a 10 miglia dalla costa.
La rotta da Est
La guerra civile in Libia ha portato soprattutto i milioni profughi siriani in Turchia a preferire questa rotta rispetto a quella del Mediterraneo centrale, ha spiegato al Guardian
qualche giorno fa Stathis Kyroussis, capo di Medici senza frontiere in
Grecia. Colpa, forse, anche delle norme più restrittive sulla
concessione dei visti in Algeria, dove i siriani di solito arrivavano in
aereo prima di raggiungere in Libia e imbarcarsi poi verso le coste
italiane.
La Grecia spesso è solo una delle tappe di un lungo viaggio che
prosegue poi verso l’Italia, per concludersi in alcuni casi nei Paesi
del Nord Europa dove viene richiesta la protezione internazionale. Gran
parte dei flussi è composto da siriani che, come spiegano dall’agenzia Frontex,
spesso chiedono di poter sostare in Grecia senza chiedere l’asilo. Il
sistema di protezione internazionale nel Paese funziona poco e male. Le
attese a volte superano i due anni e il tasso di riconoscimento dei
rifugiati non raggiunge lo 0,5 per cento.
Nei primi quattro mesi dell’anno, gli arrivi dalle coste turche sulle
isole greche del mare Egeo hanno già quasi raggiunto i due terzi degli
arrivi totali dello scorso anno: 21.745 migranti
sbarcati via mare dall’inizio del 2015, quando nel 2014 gli sbarchi in
totale erano stati 33.951. Solo nel mese di aprile, a Kos sono arrivati
2.110 profughi; lo scorso anno nello stesso periodo se ne contavano 72.
Viaggi sui mercantili dalla Turchia
Second l’agenzia Frontex, il traffico su questa rotta è cresciuto anche grazie all’uso di navi cargo
che salpano dai porti della Turchia per approdare direttamente in
Italia. Piccole imbarcazioni di legno vengono usate lungo le coste
turche a Sud Est per raggiungere i porti di Mersina e Adana, principali snodi da dove partono i mercantili diretti in l’Italia.
Un viaggio su una nave cargo per un profugo costa tra i 4.500 e i 6mila
euro, da pagare in contanti qualche giorno prima della partenza o
tramite il sistema Hawala una volta arrivati a destinazione. Un prezzo
alto, spiegano da Frontex, perché la traversata è giudicata sicura e di
più facile successo rispetto ai barconi che partono dalla Libia. Il
guadagnod i un singolo viaggio per i trafficanti si aggira quindi tra i 2,5 e i 4 milioni a seconda della grandezza dell’imbarcazione e del numero di migranti che riesce a contenere.
L’ultimo giorno dell’anno del 2014 nel porto di Gallipoli è approdata la nave cargo Blue Sky M.
Partita dalle coste turche, trasportava 970 migranti, quasi tutti
siriani. Qualche giorno dopo, a Corigliano Calabro, in provincia di
Cosenza, è attraccato il mercantile Ezaaden, con 400 siriani a bordo. Entrambe le imbarcazioni sarebbero partite dallo stesso porto della Turchia.
Lidia Baratta - 12 maggio 2015
fonte: http://www.linkiesta.it
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