Vi è una sinergia
importante tra l'attuale Capo della Polizia ed il neo-ministro
dell'Interno, che in comune hanno una pregressa esperienza nel settore
dei "servizi segreti". Il ministro dell'interno dal 2013 ha avuto la
delega ai Servizi segreti, il Capo della Polizia è stato direttore del
SISDE. E questa sinergia la si vede in una cambio significativo di rotta
in materia di comunicazione.
L'Italia verrà colpita, non è più una questione di se, ma di come,
dove e quando. Allarmi in tal senso vennero lanciati nel 2015 nella
relazione sulla politica della sicurezza. Una relazione che invitava
l'Italia e l'Occidente a mantenere elevata l'allerta in merito alla nota
minaccia terroristica di matrice jihadista che si è attestata negli
ultimi anni su livelli significativi.
Ed in merito all'Italia, nel 2015, si scriveva che " el quadro di
dinamiche di competizione tutt’altro che univoche la minaccia interessa
anche l’Italia, potenziale obiettivo di attacchi pure per la sua valenza
simbolica di epicentro della cristianità evocata, di fatto, dai
reiterati richiami alla conquista di Roma presenti nella propaganda
jihadista". Dalla potenzialità dell'attacco, si è passati alla certezza.
Probabilmente qualcosa è mutato, forse, dopo la sparatoria di fine 2016
nei pressi di Milano? O perché si avvicinano le elezioni?
Ma la sensazione che si ha è che se la certezza è certezza, e che il
rischio di divenire, in materia di gestione della sicurezza, dell'ordine
pubblico, come una Gerusalemme estesa, è elevatissimo, nello stesso
tempo il binomio sicurezza e sinistra, soprattutto con quella attuale
governativa, oltre ad essere tardivo, è anche politicamente non
credibile. E la Francia dovrebbe insegnare qualcosa in tal senso.
Sembra essere diventata una ossessione, vedi in FVG, al primo o
secondo o terzo atto criminale compiuto da uno "straniero" ora da una
certa "sinistra" si accende il faro della reazione. E' innegabile che un
fatto compiuto da uno straniero è oggi giorno percepito come più
deprecabile rispetto a quello compiuto da un cittadino italiano. Così
come è innegabile che se un tremendo atto delittuoso è compiuto, non dal
terrorismo, pur essendo simili gli effetti, ma da un qualunque fuori di
testa, il tutto viene percepito in modo diverso. Vedi l'ultimo caso
della sparatoria in uno scalo americano. Ammazzate diverse persone. Non è
stato un terrorista? Sollievo. O l'aggressione subita da due preti a
Roma in un luogo sensibile e che doveva essere protetto. Non è stato un
terrorista? Sollievo.
L'atto criminale rimane, ma muta la percezione sociale. Per non
parlare del problema delle mafie, oggi non se ne parla più, come se non
esistessero, eppure ci sono e son più forti che mai, altro che
terrorismo islamista. Si è scelto, tardi, per ragioni di opportunismo
politico, di rincorrere una strategia fallimentare, diabolica.
La miglior forma di sicurezza passa attraverso l'integrazione,
attraverso la scuola, la formazione, l'inserimento sociale e non solo
attraverso un fantomatico pugno duro da incredibile Hulk. Per anni, ad
esempio, sono state lasciate in balia del nulla migliaia di persone
ritenute dal sistema come "irregolari". Sfruttate dallo schiavismo nei
luoghi di lavoro, dalla prostituzione a chissà quante altre situazioni
umanamente pesanti da digerire ma senza che si sia fatto un bel niente
per intervenire, prevenire.
Basta pensare a quello che accade nelle campagne non solo del Sud ma
anche del Nord Est. Quando l'Italia verrà colpita da qualche atto di
terrorismo, vigliacco e maledetto, gli scudi tardivi alzati dalla
"sinistra" governativa riveleranno tutta la loro debolezza e la reazione
figlia della paura ma anche dell'odio che esiste e viene
sistematicamente coltivato da decenni sarà tremenda e si scaglierà
contro chi non ha colpa alcuna. Intanto, continuiamo ad incrociare le
dita.
Marco Barone - 9 gennaio 2017
Foto di Guillaume Galmiche
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