Eh sì, ora potete verificare di persona che tipo di persona sia
Barack Obama. E soprattutto potete rendervi conto di quanto importante e
destabilizzante sia stata la vittoria di Trump, che ha posto fine a un
lunghissimo periodo di potere esercitato da un gruppo élitario –
neoconservatore ma non solo – che, ha dominato Washington, rovinando sia
gli Usa sia il mondo.
Circa tre settimane fa in un’intervista al blog di Beppe Grillo
affermavo che l’establishment di Obama, che riva le sue radici
strategiche e ideologiche nell’amministrazione Bush, avrebbe fatto di
tutto per mettere in difficoltà o addirittura impedire l’elezione di
Trump.
Avete visto cos’è successo negli Stati Uniti: manifestazioni di
piazza, riconteggio dei voti in alcuni Stati, pressioni senza precedenti
sui Grandi Elettori affinché rinnegassero il voto popolare. Tutto
inutile, per fortuna. Per fermare Trump restano solo due modi: un colpo
di stato parlamentare o l’eliminazione fisica. Entrambi non
ipotizzabili, al momento.
La reazione scomposta di Obama in questi giorni, però, non rivela
solo la stizza di un presidente uscente e la scarsa caratura di un uomo
ampiamente sopravvalutato, evidenzia soprattutto la frustrazione di un
clan che vede svanire il perseguimento dei propri obiettivi strategici.
Infatti:
gli Usa hanno perso la guerra in Siria, combattuta la fianco dei peggiori gruppi fondamentalisti.
Nessun rappresentante dell’establishment uscente è stato eletto nei posti chiave dell’Amministrazione Trump.
La globalizzazione e il continuo smantellamento delle sovranità nazionali non sono più garantite, anzi rischiano di essere fermate da Trump che crede nei valori e negli interessi nazionali.
L’obiettivo di conquistare il controllo dell’Eurasia, facendo cadere Putin, sostituendolo con un presidente filomaericano, è fallito; Putin oggi è più forte che mai.
Persino Israele, che si è subito allineata a Trump, è diventata ostile. Il via libera alla Risoluzione Onu rappresenta un’inversione a “U” clamorosa e dai chiari intenti punitivi.
gli Usa hanno perso la guerra in Siria, combattuta la fianco dei peggiori gruppi fondamentalisti.
Nessun rappresentante dell’establishment uscente è stato eletto nei posti chiave dell’Amministrazione Trump.
La globalizzazione e il continuo smantellamento delle sovranità nazionali non sono più garantite, anzi rischiano di essere fermate da Trump che crede nei valori e negli interessi nazionali.
L’obiettivo di conquistare il controllo dell’Eurasia, facendo cadere Putin, sostituendolo con un presidente filomaericano, è fallito; Putin oggi è più forte che mai.
Persino Israele, che si è subito allineata a Trump, è diventata ostile. Il via libera alla Risoluzione Onu rappresenta un’inversione a “U” clamorosa e dai chiari intenti punitivi.
Le
ultime decisioni dell’Amministrazione Obama segnalano il tentativo di
far deragliare il nuovo corso di Trump o perlomeno di metterlo in
fortissima difficoltà sia con Israele, sia, soprattutto, con la Russia.
La speranza segreta della Casa Bianca era che Putin potesse cedere a una
reazione impulsiva, tale da mettere davvero in imbarazzo Trump. E
invece il presidente russo ha tenuto i nervi a posto. Anzi ha dato a
Obama l’ennesima lezione di stile, rifiutandosi di espellere a propria
volta 35 diplomatici americani. Le nuove sanzioni e l’espulsione di 35
diplomatici russi sono comunque un colpo basso, tale da provocare
tensioni con il Congresso, ma non così gravi da far desistere Trump
dall’avviare un nuovo corso con Putin.
Quanto alle accuse di ingerenze russe nel voto americano sono
risibili, pretestuose, come spiego nella breve intervista al blog di
Beppe Grillo (trovate qui anche la trascrizione).
Quel che conta, alla fine di un incredibile 2016, è la sostanza.
Ovvero: il clan che ha governato l’America per almeno 16 anni lascia per
la prima volta il potere. E chi si è opposto, dentro e fuori gli Usa, a
politiche egemoniche autenticamente neoimperiali trova motivi di
speranza.
Ed è un’ottima notizia per il mondo.
Auguri a tutti.
di Marcello Foa - 30 dicembre 2016
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