Il Governo fotocopia del precedente è obbligato a prendere le
distanze dal modello originario perché la campagna elettorale per le
elezioni politiche è di fatto cominciata ed impone delle variazioni di
linea sulle questioni più scottanti.
In questa luce si colloca la discontinuità che il Governo Gentiloni
mostra rispetto all’Esecutivo Renzi nei confronti del tema incandescente
dell’immigrazione. Per tre anni di seguito Angelino Alfano ha
predicato, dall’alto del Viminale, la politica dell’accoglienza “senza
se e senza ma” sottolineando la piena identità di vedute del Governo con
il pensiero della Chiesa di Papa Francesco. Oggi, invece, il suo
successore al ministero dell’Interno, Marco Minniti, non parla più di
accoglienza ma di espulsioni ed avvia, sfidando le resistenze e le
critiche delle organizzazioni cattoliche, la costituzione dei Centri di
identificazione che dovrebbero selezionare i migranti da rinviare
obbligatoriamente nei Paesi d’origine.
La folgorazione sulla via dei Centri di identificazione ed espulsione
(Cie) ha una motivazione sicuramente di tipo elettorale, ma è anche la
spia del fallimento totale dell’accoglienza indiscriminata seguita dal
Governo Renzi per non perdere la scia lasciata da Papa Bergoglio. Ma
proprio nel momento in cui per ragioni elettorali si registra che quella
politica era sbagliata, si deve necessariamente prendere atto che
espellere anche con tutte le accortezze possibili è quasi del tutto
impossibile. Non perché non si possa creare un apparato in grado di
identificare e selezionare i migranti separando quelli con diritto
d’asilo a quelle destinati al rinvio in patria. Ma perché l’espulsione è
impossibile se non ci sono i Paesi disposti a riprendersi i loro
cittadini che non hanno diritto a restare in Italia.
Questa disponibilità a riaccogliere gli espulsi da parte dei Paesi di
provenienza dei migranti non dipende dalla cattiva o dalla buona
volontà, ma solo dagli interessi in ballo. Chi ha favorito con ogni
mezzo l’emigrazione di masse giovanili potenzialmente turbolente può
accettare di riaprire loro le porte solo a condizione di ricevere da
parte di chi espelle una serie di vantaggi e di aiuti. L’esperienza
fatta a suo tempo con Gheddafi insegna. Il colonnello bloccava i flussi
dei migranti verso l’Italia ma in cambio chiedeva strade, ospedali,
ferrovie, armamenti e sostegno internazionale. Le espulsioni, in
sostanza, costano salate. Ma tant’è. A questa eredità devastante
dell’accoglienza indiscriminata non si può sfuggire!
di Arturo Diaconale - 06 gennaio 2017
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