Adesso dall’estero, dove sono state esportate le peggiori
cavolate, i più smaccati pregiudizi “made in Italy”, giungono le
manifestazioni della preoccupazione per la vittoria del “No”, che
rappresenterebbe “un grave scivolone populista”.
È una menzogna intollerabile, un’ulteriore prova dell’ambiguità
perversa, della manipolazione su scala internazionale delle verità e
delle questioni relative alla vita politica del nostro Paese. Populisti?
Populisti quelli del “No”, populista quelli che hanno intuito, benché
bombardati da un’indecente, spregiudicata campagna di menzogne e di
allarmismi, che andava difesa una struttura dello Stato non
“personalizzata” per le esigenze di un Capataz di provincia?
Incominciamo col dire che la riforma costituzionale scongiurata col
voto del 4 dicembre era (essa sì) concentrata di populismo, di
cosiddetta antipolitica, di antiparlamentarismo che dell’antipolitica è
stato sempre un cavallo di battaglia. La riduzione del Senato ad un
dopolavoro di sindaci e consiglieri regionali, (“osì risparmiamo”)
era la tipica cavolata da bar di periferia. La “semplificazione” del
processo legislativo realizzato con un campionato di sette diversi tipi
di legislazione, secondo articoli modificati in modo da risultare più un
regolamento di un torneo di bocce che una raccolta di norme della Carta
fondamentale, erano manifestazioni di una subcultura populista. E la
retorica di Matteo Renzi, perennemente in maniche di camicia, che
cos’era se non una bolsa espressione di populismo? Discutere, certo, di
che cosa sia il populismo, come esso si distingua e si contrapponga alla
democrazia, richiederebbe ben altro spazio.
A lanciare anatemi contro il populismo, del resto, sono quelli che lo
hanno prodotto e che hanno ritenuto di poterlo cavalcare per il loro
potere ed i loro interessi. Esso è la reazione alla vacuità delle
ideologie, alla caricatura del marxismo dei figli di papà, al tentativo
di ingessare la politica, le possibilità di alternative. È la reazione
alla burocratizzazione ed all’asservimento al potere dei sindacati.
Certo, è una reazione che spesso ricalca sciagurati modi di essere di
chi l’ha provocata. La sfiducia e la rabbia contro la classe politica ha
fatto e fa dei “populisti” la tifoseria del partito dei magistrati. Io
non sono certo sospettabile di simpatia per i grillini ed i leghisti. Ma
ciò non deve impedire a me, come ad altri, di reagire alle menzogne ed
alle distorsioni. Cari signori del “Sì”: non veniteci a raccontare che
il pericolo è il populismo che ha vinto con il “No”. Populisti siete
voi. E qualcosa di peggio.
di Mauro Mellini - 08 dicembre 2016
fonte: http://www.opinione.it
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