Se nel 1943 Benito Mussolini avesse detto a Re Pippetto:
“Maestà, prima di mandarmi a Ponza mi deve lasciar compiere gli ‘atti
indifferibili’. C’è una guerra da cui uscire, manca una legge elettorale
per il Parlamento che dovrebbe tornare a funzionare, c’è la legge di
bilancio non ancora approvata…”. Re Pippetto gli avrebbe detto: “Mi sta
per caso pigliando in giro? Proprio Voi, ex Duce, a ricordami il casino
che avete fatto?”.
Già, ma Re Pippetto, benché complice e corresponsabile di quel gran
casino che Mussolini si lasciava dietro le spalle, non era un vero e
proprio “Re ad personam” di Mussolini, che aveva rottamato tutte le
istituzioni, ma lasciato in vita quel tanto della monarchia, da cui poi
fu abbattuto.
Sergio Mattarella che prega Matteo Renzi di soprassedere alle
dimissioni, annunciate dopo una sonora sconfitta nel referendum che egli
stesso aveva concepito non tanto come conferma della “Costituzione ad
personam”, quanto come plebiscito per una investitura “speciale” del suo
Governo e del suo regime, è una conferma dell’esistenza del piano e
della avanzata realizzazione di un regime che non prende nemmeno in
considerazione la sua fine e la sua sostituzione. E nemmeno quella del
Capataz.
Pennivendoli e pseudo-politicanti si affannano oggi a spiegare tutte
le cose che mancano per poter decentemente sopravvivere alla cacciata di
Renzi. E così ci ricordano le devastazioni operate da Renzi (ed anche
da qualcun altro!) in così poco tempo. Manca una legge elettorale appena
decente. Manca quella del Senato. E poi c’è l’Europa, cui hanno
raccontato che non era Renzi il “descamisado” il vero populista, ma che
era lui “la diga”, la difesa dell’europeismo e della politica corretta.
Sono questi mascalzoncelli, bugiardelli o, magari, persino in buona
fede, che, come ci hanno invano esortato a votare “Sì”, ora vorrebbero
convincerci che c’è un tale casino che bisogna scongiurare che chi lo ha
realizzato ed è stato sonoramente battuto se ne vada, lasciandoci
orfani della sua presenza.
Renzi è oggi, e lo sarà nei prossimi giorni e mesi, Mussolini a Salò:
manifestamente prigioniero dei suoi veri padroni, con l’incarico di
ricordarci che è lui che ci può difendere dalla loro ira e che gli altri
che bene o male lo hanno spodestato sono loro i traditori ed il simbolo
dell’Italia irriconoscente.
Il colmo l’ho inteso dalla televisione: le dimissioni sono congelate
perché, dovendosi ancora votare al Senato la Legge di stabilità, ci
vuole un Governo che possa mettere la “questione di fiducia”. Già, la
fiducia nell’autore del disastro. La fiducia degli altri bambocci al
burattino cui il Popolo gliela ha già espressa con il gran calcio nel
sedere del “No”. La fiducia al Governo più clamorosamente e nettamente
sfiduciato della storia della Repubblica. Sembra il copione di un film
di Totò. Ma noi non ci divertiamo affatto. E chi pretende di potersi far
beffa del Popolo Italiano consentendo a Renzi una qualche appendice
tipo Salò, rischia proprio di finire male. Come non dovrebbe finire
nessuno.
di Mauro Mellini - 07 dicembre 2016
fonte: http://www.opinione.it
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