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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

10/04/15

Caso Marò: il rebus del rientro di Latorre


 

 Caso dei 2 Fucilieri Di Marina: il rebus del rientro di Latorre – La scelta onerosa fra pietas indiana e onore italico.



La Corte Suprema indiana ha concesso, nella seduta straordinaria del 9 aprile, di procrastinare al 15 luglio prossimo il rientro in India del FCM Latorre, che si trova in Italia dalla fine di Agosto del 2014 per curarsi a seguito di un grave ictus. Sarebbe dovuto rientrare il prossimo 12 aprile, per ricongiungersi con l’altro Fuciliere Girone, trattenuto invece a Delhi in attesa di un fantomatico processo, che per il momento – dopo oltre tre anni – è ancora privo di formali capi di accusa.
La stessa Corte aveva già slittato il prossimo incontro dibattimentale a Luglio, tenendo fede a quei continui balletti e rinvii a cui siamo ormai abituati, ma – bontà sua – ha concesso la licenza a Latorre per motivi umanitari, e per il suo stato di salute, mentre giacciono inascoltati quei motivi assai più pregnanti connessi col diritto internazionale e l’immunità funzionale che spetta loro, come a tutti i militari in servizio comandato all’estero, e per i quali i 2 FCM devono essere giudicati solo in Italia.
Ancora una volta abbiamo atteso che arrivasse la data fatidica senza informazioni, con un silenzio assurdo e assordante, se non qualche uscita del premier che invitava “a pensarci, ma a parlarne il meno possibile” o di qualche ministro che sosteneva “l’indiscutibilità che il processo è nostro poiché accaduto, il fatto, in acque internazionali…”, mentre in realtà non sono note le azioni concrete, conseguenti, per dare sostanza a tali affermazioni: sta di fatto che il loro problema è tuttora irrisolto e le prospettive non sono rosee.
Ancora una volta la vita e il futuro dei 2 FCM sono nelle mani indiane a cui l’Italia rivolge una prece perché si commuovano e concedano la grazia; senza tuttavia imputare agli indiani, non proprio esenti da colpe, che con il loro agire e mantenendo in uno stato di detenzione i 2 fucilieri, ne stanno minando e rovinando la salute psico-fisica. Ancora una volta la palla è stata giocata da loro; noi ci adegueremo, magari soddisfatti della concessione, avendo abdicato da tempo a gestire il futuro dei nostri due marò, e “la loro spinosa situazione, ereditata dai precedenti governi” come ebbe a dire l’attuale premier, “attendendo, pensando, e sperando” nella benevolenza e nella pietas indiana, anche sopportando umiliazioni di fronte ai soprusi di Delhi.
Eppure, anziché stare in porta a parare colpi, avremmo potuto giocare anche noi la partita e tentare, almeno, di risolvere il rebus del rientro in modo assai più dignitoso, nobile e onorevole, senza “questuare” confidando soltanto nel buonismo degli indù. Sembra che, invece, nella nostra società sempre più liquida e rarefatta nei valori veri, il tragico nell’odissea dei 2 FCM appaia astratto e lontano, quasi da toglierlo dalla nostra memoria, e solo all’approssimarsi dell’emergenza subentra la fibrillazione, con l’accettazione supina di qualsiasi decisione altrui, e dimenticandoci dei codici etici ed anche della deontologia statuale. Se si pensa che tutto ciò sia lecito e normale e che ogni azione, ogni sentimento, ogni scelta possa essere ammessa e giustificata, ancorché condita con una buona dose di melina e da una ambigua quanto tollerata interpretazione politica dei fatti, venendo meno così anche ai nostri oneri e responsabilità, vuol dire che abbiamo perso i punti cardinali, che non c’è più un orizzonte statuale, che non tuteliamo più i nostri figli sfortunati. Significa rinunciare alla propria identità, ai propri doveri; significa non essere in grado di risolvere i problemi della propria comunità; significa aver perso il senso dello Stato, della memoria, senza più anticorpi che possano contrastare queste pericolose devianze dai principi fondamentali. Siamo solo capaci di minimizzare l’informazione, di negare l’esistenza di un problema che tocca direttamente l’onore nazionale, di una cancrena che non riusciamo ad affrontare né con i canali politici e diplomatici, né tanto meno a viso aperto, alla luce del sole. Anzi; siamo scaduti nell’umiliazione dopo che alcuni onorevoli avevano addirittura proposto di risolvere l’intricata situazione scambiando i 2 FCM con delinquenti indiani spacciatori di droga, con un baratto ignominioso; o, con una successiva “trovata”, facendoli dichiarare colpevoli e assassini ma “non intenzionali” , anche senza il loro assenso, pur di sfruttare un cavillo d’azzeccagarbugli che in teoria avrebbe potuto consentirne il rilascio avendo loro già scontato la detenzione di tre anni a fronte della pena massima prevista per tale reato, ridotta a due anni e mezzo. Un modo d’agire da magliari, più che da elementi statuali, senza alcun senso etico e civico e di certo offensivo della dignità e dell’onore, capisaldi del pensiero e degli obblighi dei militari verso la nostra Nazione. Dimentichi altresì che nel corso di tre anni gli indiani ci hanno fatto ingoiare di tutto, dagli inganni iniziali ai soprusi successivi, dagli sgambetti diplomatici ai ripetuti e surrettizi rinvii giudiziari, e perfino alla presa per i fondelli con una detenzione triennale pur in assenza di un qualsiasi capo d’accusa formale nei loro confronti. Abbiamo perfino sopportato l’onta della detenzione dei nostri soldati senza battere i pugni, neanche alzando i toni, per non disturbare gli indiani.
Gli onorevoli si sono tolti dall’impaccio con qualche telefonata di facciata, qualche intervista di circostanza per le festività , ma senza troppo coinvolgimento nella questione, senza fare rumore e soprattutto senza agire concretamente per la loro causa. I 2 FCM sono innocenti fino a prova contraria, e hanno fatto ciò che la missione antipirateria ed il loro dovere imponevano, anche se i fatti – per quanto noti – escluderebbero il loro coinvolgimento nel sinistro con il peschereccio Saint Anthony. Comunque sia, se devono subire un processo, non può essere che un Tribunale italiano a giudicarli: un diritto/dovere inalienabile che compete all’Italia, e all’Italia soltanto.
Che fare ora per risolvere il rebus del rientro di Latorre, che è rinviato a Luglio? La “Diplomatic road” ha ormai fallito su tutti i fronti ed anche il rischio che i mercati con l’India si siano chiusi, è ormai realtà. E’ tempo di fare scelte precise, e chi ha la carica di Ministro o di Premier di questa Nazione deve accollarsi gli oneri e le responsabilità del suo status, non solo gli onori. Non bastano certo i segnali, seppure tardivi, dati da alcuni nei tempi più recenti, come la nostra non partecipazione alle attività di anti-pirateria nell’ambito dei gruppi navali della NATO che operano nel bacino somalo, né la posizione recentissima presa dalla Mrs PESC nei confronti della visita del premier Modì in Europa fra qualche giorno. In quest’ultima circostanza bene ha fatto la Mogherini nel porre la questione dei 2 “mariners” come pregiudiziale per la visita a Bruxelles del premier indiano, nonostante l’invito fatto dal Presidente dell’UE. Tuttavia il risultato finale, pur a fronte della tanto sbandierata “stretta Unione europea degli Stati membri”, sarà che il premier Modì andrà direttamente a Berlino e a Parigi per concludere notevoli business bilaterali, lasciando in un angolo il resto della Comunità europea, e l’Italia in particolare. Se l’UE si fondasse davvero, come recita la sua Costituzione, sui pilastri della “solidarietà e della fratellanza”, ora potremo riscontrarne il reale significato; purtroppo la realtà è assai diversa. Sembra che, oltre a tali roboanti e ipocrite affermazioni di principio, non si vada, e quando si toccano “le tasche” e gli interessi, i pilastri dell’ amicizia, della fraternità e della solidarietà si sciolgono come neve al sole.
È pertanto astruso e perfino assurdo parlare di coesione europea, e del tutto anacronistico pensare di garantire la tutela della dignità nazionale. Quest’ultima, poi, è naufragata da qualche tempo, dopo i fatti del 23 marzo 2013 in cui i 2 FCM furono costretti, non certo spontaneamente, a rientrare per “una parola mai data”, con un voltagabbana istituzionale che resterà come una macchia indelebile nella nostra storia. Un rientro nefasto, una Caporetto, che non si sarebbe dovuta verificare se solo avessimo tenuto fede con coerenza ai reiterati proclami fatti a tutti i livelli nei giorni precedenti, e comunque risolvibili politicamente con dignità se avesse contato qualcosa la nostra sovranità –atteso anche le farisee affermazioni di Monti e Napolitano sulla questione- oppure anche giuridicamente con la nostra magistratura che aveva il dovere e l’onere di trattenerli in Italia, a prescindere!
Tant’è che tutti costoro potevano e dovevano agire, seppure con argomentazioni diverse, per trattenere in Patria i 2 FCM, ma tutti li hanno scaricati e riconsegnati agli indiani. Non c’era da inventare nulla; bastava riconoscere non fungibile il sacrosanto diritto della giurisdizione italiana sul caso da un lato, e dall’altro rispettare l’obbligo di non estradarli verso un Paese dove vigeva – e vige – la pena di morte, perché il caso fosse chiuso da oltre 2 anni. Invece non solo non si è optato per tali soluzioni, entrambe percorribili, ma col rientro dei Fucilieri e la firma delle garanzie nei confronti di Delhi, la posizione italiana sulla faccenda è risultata assai indebolita, se non irrimediabilmente compromessa. E ora siamo punto a capo, anzi peggio avendo uno dei FCM qui in Italia seriamente ammalato ed uno in ostaggio a Delhi: “un cul de sac” incredibile, da cui comunque bisogna uscire con onore, assumendosi gli oneri conseguenti!
Diverse possono essere le soluzioni, a seconda di ciò che si intende fare, basta avere ben chiaro lo scopo finale, e che non si traccheggi ulteriormente! L’unica cosa da NON fare è quella di rimandare Latorre in India, né ora né a luglio, anche perché le sue condizioni di salute non lo consentono; per questo, tuttavia, non bisogna nascondersi dietro un dito e addurre ad aspetti di pietas e umanitari che ci stanno in abbondanza, in trepida attesa della ricorrente e benevola sentenza indiana. Bisogna invece, senza indugi e dando una grande pubblicità internazionale all’evento, imputare all’India la causa e la colpa della sua malattia in relazione all’illegittima detenzione, senza capi d’accusa! E, nel frattempo, la nostra magistratura ordinaria e/o militare proceda al ritiro del suo passaporto, iniziando da subito il processo qui, a Roma: rinviarlo comunque a Delhi sarebbe un’ulteriore ammissione che l’India ha il pieno diritto nel giudicarli, e non l’Italia. Va inoltre e immediatamente avviata la strada dell’Arbitrato internazionale obbligatorio – già annunciato dal governo un anno fa, ma non ancora attivato – con la speranza che così venga tolto Girone come ostaggio in India e trasferito in un Paese terzo per il pertinente giudizio. Forse dietro questo stimolo giuridico dell’Arbitrato è possibile che il loro premier Modì si veda costretto a spingere per una soluzione politico-diplomatica della faccenda una volta per tutte; è netta la convinzione che anche l’India ne ha abbastanza del caso dei 2 FCM: questa potrebbe essere una via d’uscita più onorevole per entrambe le parti, pur mettendo a calcolo qualche irritazione indiana di facciata.
Altrimenti, anche se difficilmente nessun politico si assumerà la responsabilità di decidere in tal senso, l’unica soluzione è tenersi Latorre qui in Italia, e andarsi a riprendere Girone con qualche artificio o con la forza. Dunque nessuna questua, fiducia o riconoscenza agli indiani, ma un minimo di schiena dritta; e se qualcuno dovesse decidere per il rientro di Latorre in India, che sia a luglio o dopo, dovrà assumersene tutte le responsabilità e rispondere al Parlamento, all’opinione pubblica e alla compagine militare: non è più tollerabile calpestare l’onore degli italiani sulle spalle dei poveri 2 Fucilieri! Loro, i 2 Fucilieri, non sono figli di un Dio minore, né “carne da barattare”, ma nostri figli, dei migliori e di cui andare fieri e orgogliosi.

Giuseppe Lertora - 10 aprile 2015
fonte: http://www.liberoreporter.it

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